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Incontro con Rosangela Mattei. Coraggio, rispetto e verità, nel nome di Enrico Mattei

Data:

Rosangela Mattei è la nipote di Enrico Mattei (Acqualagna, 29 aprile 1906 – Bascapè, 27 ottobre 1962), imprenditore, partigiano, politico e dirigente pubblico italiano. La donna ci racconta molto su questo personaggio, del quale continua a mantenere vivo il ricordo, dedicandogli progetti e iniziative.

Buongiorno Rosangela, che ricordi ha di suo zio?

Il ricordo di mio zio Enrico è molto coinvolgente per il fatto che io ho avuto dei rapporti molto stretti con lui e con mia zia Greta, perché mi trattavano, dopo la morte prematura al settimo mese di gravidanza del loro primo figlio maschio, come una figlia. Spesso ero ospite di mio zio all’albergo Eden di Roma, dove aveva fissato la sua dimora con la moglie Greta. Dal 1957 al 1962 studiavo a Roma, prima al “Santa Giuliana Falconieri” e poi al “Gesù e Maria” (era stato lui a volermi a Roma per gli studi). Negli ultimi anni della sua vita sono stata spesso con lui. Ho vissuto le sue inquietudini, le sue preoccupazioni e ho anche compreso quanta tenacia e quanta forza d’animo ci fosse in quell’uomo.

Tutti i sabato mi mandava a prendere in collegio con la sua “Giulietta” guidata dal suo autista Freddi e stavo con mio zio e la zia Greta all’albergo Eden. Mi domandava a volte come andassero i miei studi e quando gli raccontavo delle mie difficoltà, legate all’insofferenza e alla mancanza di stimoli giusti, mi ricordava sempre l’importanza della cultura anche se anche lui da giovane non amasse lo studio.

Il luogo in cui mi trovavo, le attenzioni che ricevevo e tutto quello che ho potuto vedere e sentire, mentre ero con lui sia all’Eden e nelle altre località dove mi recavo con lui e la zia, ha fatto nascere in me quel legame fortissimo che ha condizionato, in seguito, tutta la mia vita. Dopo la sua morte sono iniziati anni di passione, di lotte, di delusioni, ma alla fine anche di soddisfazioni.
Proprio di recente sono finalmente uscite quelle verità che avevo sempre saputo e che, anche per la mia tenacia e ostinazione, ho cercato di far uscire contro tutto e contro tutti. Ho vissuto quel rapporto con mio zio prima come un sogno e poi, dopo la sua morte, come un incubo.

So che negli ultimi tempi avete avuto un contatto con l’Eni. Lei è riuscita a riavere l’auto Giulietta appartenuta a suo zio e adesso riuscirà forse a riavere dei quadri.

La storia della Giulietta è fondamentalmente legata al mio ricordo personale dello zio, perché era con la sua Giulietta che mi mandava a prendere in collegio e era con la stessa macchina che abbiamo fatto dei viaggi insieme.
Quando, dopo tanti anni, ho saputo che era ancora in possesso dell’ENI, ne ho richiesto la restituzione per metterla al Museo Mattei, che ho realizzato a Matelica. Anche in questo caso ho dovuto fare un battaglia, perché, nonostante avessi presentato il certificato del PRA, che attestava la proprietà, mi avevano detto che volevano tenerla e che non avevano assolutamente intenzione di consegnarmela. Forse non conoscevano la mia grinta e la mia testardaggine.
Alla fine hanno dovuto cedere obbligandomi però al trasporto a mie spese. Ora per i quadri stiamo iniziando una discussione per cercare di riaverli, dato che Mattei aveva comprato tele di vari autori che poi sono diventati famosi e sappiamo da varie testimonianze che ne teneva una parte nei suoi uffici di San Donato Milanese ed una parte nella sua casa di Milano. Noi eredi non pretendiamo nulla, vogliamo solamente rientrare in possesso di quadri eventualmente riconducibili alla proprietà di Mattei.

Sia ben chiaro che noi non combattiamo l’ENI, ma alcuni dirigenti zelanti che vogliono esercitare il potere dato da una funzione senza tenere conto che se loro esistono, se l’ENI esiste, è per opera di quell’uomo a cui loro non portano alcun rispetto.

Si avvicina l’evento che sarà al Rotary Club di Milano. Come si svolgerà?

Al Rotary Club di Milano sono stata invitata a parlare di mio zio in occasione dell’anniversario della sua morte, avvenuta il 27 ottobre 1962. La riunione si terrà il 29 ottobre ed in quella sede presenterò i miei libri, uno già pubblicato nel 2012 ed uno realizzato nel 2019 dove sono pubblicate tutte le prove dell’assassinio di Enrico Mattei.

La vicenda di Mattei è ancora considerata da molti contorta, in realtà sembrerebbe che ormai il suo omicidio sia assodato, visto che in qualche modo veniva considerato una personalità indipendente e scomoda.

Il libro del 2019 certifica in maniera inequivocabile che Mattei è stato ucciso con una bomba posizionata dietro al cruscotto del suo aereo e che è scoppiata quando è stato girato l’interruttore di “apertura carrello”.

Mattei uomo scomodo, prima per le compagnie che pensavano di poter gestire il problema dell’energia sulla testa di tutti i Paesi sia produttori che consumatori di petrolio, poi per la politica, che non riusciva a controllare un uomo che agiva nel solo interesse del suo popolo e dei popoli che sino ad allora erano stati sotto il giogo coloniale. Quindi le sue azioni alteravano equilibri economici (aziende abituate a guadagni stratosferici) e alteravano equilibri politici. Bisogna ricordare che era il periodo della guerra fredda, dei missili a Cuba, che Mattei comprava il petrolio dalla Russia (perché era meno caro), che aveva iniziato trattative con la Cina, che trattava con i Paesi medio-orientali con accordi che cambiavano radicalmente i rapporti tra produttori ed acquirenti; lo accusavano di far estendere il potere russo sull’Italia, di far uscire l’Italia dalla NATO.
In alcune lettere (di cui abbiamo copia al Museo) i servizi segreti inglesi accusano Mattei di stravolgere sia i mercati sia la politica internazionale, lo identificavano come un personaggio pericoloso, come un uomo ormai incontrollabile,
accusavano i politici italiani di incapacità nel tenere sotto controllo Mattei. Affermano in modo chiarissimo che Mattei era un uomo da eliminare dalla scena sia economica sia politica dato che, secondo loro, controllava un ampio spettro della politica italiana. Gli inglesi ci consideravano come una loro colonia e non accettavano che ci fosse un uomo che invece, oltre ad essere stato l’artefice della rinascita italiana, non tollerava più che si considerasse l’Italia un Paese da utilizzare per la loro politica di controllo sul Mediterraneo e quindi verso i Paesi medio orientali e africani. Il rispetto che ebbe nei confronti di quei popoli io ancora lo percepisco nei miei confronti, quando ricevo a tutt’oggi, da loro rappresentanti, (ambasciatore d’Egitto, ambasciatore d’Algeria ed altri) sentimenti di stima e di riconoscenza, solo perché sono la nipote di Enrico Mattei.
Alla politica italiana, che in quel periodo subiva forti condizionamenti sia dall’America, con i suoi finanziamenti alla DC, ed dall’Inghilterra, che ancora, come nazione vincitrice della guerra, pretendeva sudditanza dall’Italia (ne è un chiaro esempio la pretesa, insieme agli americani, di avere l’esclusiva concessione per perforazioni nella pianura padana e la liquidazione dell’AGIP), non rimaneva altro che risolvere il problema in modo “radicale”.
Delitto quindi italiano anche su forte sollecitazione straniera, ma le complicità sono chiaramente evidenti sia dei servizi segreti italiani sia all’interno dello stesso ENI con una partecipazione attiva come è chiaramente espresso dal giudice Enzo Calia nelle sue conclusioni al termine delle indagini sulla morte di Mattei che portarono al processo di Pavia.

Cosa ne pensa della vicenda di Mauro de Mauro?

Per quanto riguarda Mauro de Mauro, il giornalista dell’ORA di Palermo, ho una conoscenza diretta, perché ho conosciuto la moglie con cui ho parlato diverse volte ed anche con la figlia. Il giornalista, come saprà bene, era stato incaricato dal regista Rosi di indagare sull’ultimo viaggio di Mattei in Sicilia. La moglie mi ha riferito (come d’altronde aveva fatto anche agli inquirenti) che suo marito gli aveva detto di avere scoperto cose sulla morte di Mattei che avrebbero fatto tremare l’Italia. Il suo errore fu di essere andato a parlare con la persona sbagliata, l’avvocato Guarrasi, che era amico di Cefis. Poi mi raccontò dell’incontro con l’allora colonnello Dalla Chiesa che, su sua insistenza, per sollecitarlo a parlare sulle indagini ebbe come risposta: “Ma le pare che io, carabiniere e servitore dello stato, potrei mai ammettere responsabilità di personaggi così ad alto livello delle istituzioni. Come ben sa in Italia i “servizi” hanno sempre fatto e disfatto a loro piacimento, vedi stragi depistaggi deviazioni e via così.”

Io sono stata sentita come testimone al supercarcere di Palermo in occasione del processo per la morte di De Mauro a Totò Riina nel luglio del 2008. La conclusione del processo ha portato alla assoluzione di Riina per insufficienza di prove, ma al termine dei tre gradi di giudizio la cassazione ha stabilito che Mauro de Mauro è stato ucciso perché aveva scoperto chi aveva ammazzato Mattei!

Lei si impegna a trasmettere la storia di Enrico Mattei. Cosa può insegnare questo personaggio? Cosa può lasciare?

Come avrà compreso la mia vita è stata dedicata alla vicenda di mio zio. Quando è morto avevo 13 anni, bene, posso dire che per 57 anni sono stata impegnata dietro all’idea di rendere giustizia a mio zio. Vedendo quello che ho raccontato prima si comprende certamente il motivo. Ora vado dove mi chiamano a parlare di mio zio, ma esclusivamente raccontando dell’uomo Mattei, della sua personalità, del suo rispetto per le persone, per i suoi collaboratori, per la gente ed i popoli con cui è venuto a contatto, il suo impegno per il sociale, le sue opere di beneficenza, il fatto che lui ha lavorato 15 anni fra AGIP ed ENI senza avere in cambio una lira di guadagno. Un esempio significativo ed emblematico del personaggio Mattei: un giorno in un convegno di grandi imprenditori in Russia quando, vennero salutati come capitalisti, Mattei disse, rivolto a Kossighin: non sono un capitalista, perché non posseggo neanche una lira dell’ENI, non sono un funzionario pubblico, perché amministro l’azienda come se fosse privata, non conosco un termine con cui farmi chiamare: o lo inventate o mi chiamate semplicemente Enrico.

A cura di Stefano Duranti Poccetti

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