Luca Cupani: vi racconto le vite che non ho vissuto
Martedì 3 dicembre, alle ore 20.30 al Teatro San Babila di Milano, lo stand-up comedian Luca Cupani sarà protagonista della rassegna ConFINI Comici, portando in scena il suo nuovo spettacolo Vite mai vissute, per la regia di Carlo Turati. Ma chi è Luca Cupani? Bolognese emigrato a Londra, cattolico praticante e ipocondriaco osservante, nei suoi spettacoli racconta a ruota libera il mondo attraverso i suoi occhi, il tutto accompagnato da un innato senso di colpa all’italiana e da un gentile dark humour tutto british. Nel 2014 decide di trasferirsi a Londra dove comincia la sua carriera esibendosi nei club di stand up comedy, crescendo tanto da conquistare, prima volta per un italiano, il prestigioso premio “So You Think You’re Funny” al Fringe Festival di Edimburgo nel 2015. Dopo aver girato il mondo con i suoi show, dal 2018 ha conquistato anche il pubblico italiano come volto di Zelig Tv (canale 63 del digitale terrestre) dividendosi tra Londra e Milano. Abbiamo incontrato questo “cervello mai in fuga”, europeo di adozione, testimone privilegiato di due paesi, tra Brexit e stereotipi all’italiana per farci raccontare il suo spettacolo.
Come definiresti la tua comicità?
Direi che ho un umorismo gentile e un po’ dark: gentile perché ho modi tranquilli e un linguaggio pulito (non dico nemmeno le parolacce!), dark perché mi piace scherzare anche su argomenti seri o macabri. E poi mi piace raccontare storie personali (in inglese mi definisco più uno storyteller che un one-liner).
Ti sei fatto le ossa a Londra ma ora ti esibisci spesso anche in Italia. Quali sono le differenze principali dal tuo punto di vista?
Beh, rispetto all’Italia mi pare che a Londra (e in generale nel Regno Unito) la scena sia più ricca e strutturata, con diversi locali che offrono spettacoli per tutti i gusti: si va dai piccoli pub (tantissimi) dove si fanno serate open mic per comici esordienti fino ai Comedy Club veri e propri (Top Secret, Comedy Store ecc.) con centinaia di spettatori ogni sera. Forse questo dipende anche da una diversa mentalità: il pubblico britannico è più abituato di quello italiano a uscire la sera per assistere a qualche evento (dal quiz settimanale nel pub sotto casa fino al musical nel West End) e questo facilita la nascita di un circuito di eventi.
Il rovescio della medaglia è che nel Regno Unito c’è anche più concorrenza e i club migliori programmano le serate con almeno sei mesi d’anticipo, quindi bisogna armarsi di molta pazienza. Un’altra cosa che ho notato è che in Italia si discute molto su cosa sia stand-up comedy e cosa no, mentre nella scena britannica sono meno interessati alle etichette: l’importante è che i comici sul palco siano bravi e facciano divertire il pubblico, poi se lo fanno con semplici monologhi o con l’aiuto di oggetti di scena poco importa… Se però il tuo materiale è poco originale o presentato in maniera scadente, il pubblico stesso non esiterà a fartelo sapere con qualche “buu” o altri versi di disapprovazione.
Visto che sei un osservatore privilegiato: cosa sta succedendo con la Brexit? Lo stanno facendo apposta per farti sentire più a casa?
È quello che ho pensato anch’io, perché la Brexit è una cosa incredibile, noi italiani siamo abituati ad avere politici che combinano disastri, ma per i britannici è un’esperienza nuova. È un paradosso, perché in nome del nazionalismo e del sovranismo (uno degli slogan era “riprendiamo il controllo del Paese”) la Brexit ha finito col rendere il Regno Unito più isolato e fragile. Quelli favorevoli alla Brexit sono convinti che, una volta “liberi” dall’Unione Europea, potranno trattare da pari a pari con potenze come Cina e USA, dimenticandosi che loro sono solo un’isola con sessanta milioni di abitanti… Vedremo che succede, in una mia battuta dico che la Brexit è come una versione estesa del Titanic, in cui ci mettono tre anni a schiantarsi sull’iceberg: ora siamo quasi arrivati all’impatto, incrociamo le dita e speriamo di non fare la fine di Jack…
Nel tuo spettacolo Vite mai vissute cerchi di rispondere alla domanda universale: “quale strada sceglierei se avessi una seconda possibilità?”. Non possiamo non chiedertelo: cosa avresti voluto essere se non fossi diventato un comico?
Ah, l’elenco è davvero lungo… una delle prime carriere che ho vagheggiato (essendo cattolico nonché praticante) era quella ecclesiastica, mi vedevo bene come cardinale (con un possibile upgrade a papa), poi ho pensato che avrei fatto colpo sulle ragazze se mi fossi arruolato nella Legione Straniera francese (perché niente come marciare nel deserto in una compagnia di soli uomini facilita le relazioni con le ragazze…), poi ho pensato a un trasferimento in Giappone… ma per avere più dettagli dovrete vedere il mio spettacolo al San Babila il 3 dicembre (ride, ndr).
Laura Palmieri