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IL CORONAVIRUS: UN’EPIDEMIA CHE FORSE DOVEVAMO ATTENDERCI

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Oggi per la prima volta scrivo una personale riflessione sul CORONAVIRUS. Anche se in questo periodo – proprio per il momento che stiamo vivendo – non è facile farlo e bisogna avere una certa sensibilità e delicatezza. Sicuramente, ci chiediamo il perché?
Da dove e come si è generato e soprattutto dove ci porterà?
Sono domande a cui non è facile dare una risposta concreta. Possiamo esprimere diversi pensieri e riflettere, ma dobbiamo farlo con molta sensibilità, stando con i piedi per terra, elaborando una riflessione filosofica che non si deve confondere con un semplice pensiero di natura opinionistica.
Nessuno di noi può dare una concreta risposta di come questa epidemia si sia generata; e sopratutto, non è il lavoro del sottoscritto a dover dire o spiegare la sua natura. Tuttavia, partiamo da un dato di fatto, anche se triste “è naturale che in questa esistenza si generino dei virus o delle epidemie”; proprio la storia ci insegna questo. William Ruddiman nel suo libro “L’aratro, la peste e il petrolio. L’impatto umano sul clima” ci racconta le varie epidemie che si sono succedute nel corso della storia. Tra le prime troviamo una pestilenza di origine sconosciuta che colpì Atene nel 430 a.C., esplosioni di epidemie, forse malariche, si verificano in Italia nel 79 d.C e nel 125 con la Peste di Orosio; a queste aggiungiamo la Peste antoniana o di Galeno (dal nome di colui che l’ha fronteggiata), che colpì l’Impero Romano intorno agli anni 160 – 180. Lo stesso Ruddiman ci ricorda la Peste di Cipriano (dal nome di una delle prime vittime), avvenuta nell’anno 251. La natura di questa Peste è ancora incerta, forse si trattava di Vaiolo. Da non dimenticare la Peste nera (1347-1352) e poi la Peste spagnola (1918 – 1920). E oggi a distanza di 100 anni da quest’ultima ci troviamo di fronte al Coronavirus. Ho ripreso queste epidemie, per poter formulare una riflessione sulle origini di una qualsiasi epidemia, personalmente sostenendo che vengano tutte dalla Natura. È questa che genera e li costituisce. La ragione di tale azione non è facile spiegarla. Tuttavia, probabilmente ci saranno dei motivi precisi per cui essa lo fa. Di sicuro ogni epidemia emergente si manifesta comunque con delle differenze e diversità e che oltre a grandi inquietudini e disastri producono dei cambiamenti di non poco conto. Aspetti che però non ci devono far paura, bensì mettere di fronte a una sfida; la vita in questo memento sta mettendo l’essere umano proprio dinnanzi a questa. Tutto cambia e un crollo non arriva mai per puro caso, bensì per determinare la nascita di un qualcosa di nuovo, laddove la natura prepara e predispone tutto per far nascere il nuovo che deve emergere.
Quanto sostengo, è una mia riflessione in un contesto in cui dovevamo aspettarci che prima o poi qualcosa sarebbe successo. La testimonianza di ciò sta sopratutto nei cambiamenti ambientali e climatici.
Insomma, il Coronavirus è un’epidemia dovevamo aspettarci. Questa attesa deve partire proprio dall’osservazione dei cambiamenti climatici e ambientali. Tali cambiamenti conducono alla nascita di nuove malattie e perché no a una nuova epidemia.
Allo stesso tempo, a mio avviso, questo momento era prescritto e sono arrivato a questa considerazione attraverso l’interpretazione legata al terzo segreto di Fatima, che non è stata letta a mio parere in modo corretto, volontariamente o meno. Qui voglio esporre la mia interpretazione sul medesimo Segreto. Vediamo il testo del Terzo segreto di Fatima, qui come segue:

«…. Dopo le due parti che già ho esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva grandi fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo intero; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l’Angelo, indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza! E vedemmo (“qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti”), in una luce immensa che è Dio, un vescovo vestito di bianco (“abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre) altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande Croce di tronchi grezzi, come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo, con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce, venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della Croce c’erano due Angeli, ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio1 …».

Proprio il Coronavirs si presenta come un “fuoco” che emette delle “grandi fiamme”, che sembra aver l’obiettivo di voler incendiare il mondo intero. Come leggiamo nel testo, si parla di un Padre vestito di bianco che viene ucciso da un gruppo di soldati che gli sparano vari colpi di arma da fuoco e frecce. E qui non metto in dubbio che si trattasse di Giovanni Paolo II, ma, attenzione, nel testo, il Santo Padre muore, ma sopratutto non è il solo a morire, insieme a vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. È come se sia morto un Santo Padre e allo stesso tempo ne morissero altri. A mio avviso il testo racchiude il dato di fatto che l’essere umano è capace di uccidere e rovinare se stesso, ed è colui che ha allontanato e ucciso suo Padre, cioè Dio: nel testo personificazione di Giovanni Paolo II. Questo grande uomo, venuto da lontano, ma che rappresentava in modo Eccellente il Padre dei padri: Dio. Dio che in qualche modo è stato ucciso dall’umanità, perché accantonato, dimenticato. Infatti, l’umanità non crede più nella sua esistenza; non vive la spiritualità; non sente il proprio spirito. L’umanità si è persa, la stessa è andata verso la liquidità. Ciò lo vediamo in primis nelle relazioni interpersonali. Abbiamo accantonato il valore dell’amicizia, della famiglia e quelle delle relazioni di coppia e con i figli. Siamo infelici, ci troviamo a essere tanto depressi e siamo pieni di vuoto, per via di qualcosa che manca. Quel qualcosa che non può sostituire il potere e nemmeno il denaro. Siamo diventati egoisti, egocentrici. Pronti a farci del male, a seminare odio, rancore, pensando solo a noi stessi, manipolando le situazioni e manipolandoci. Abbiamo abbandonato la dignità, l’umiltà e la semplicità. Siamo pronti a far di tutto per avere quello che vogliamo. Siamo puntati e orientati all’apparenza, non compiamo più gesti d’amore o filantropici. Ci sono quelli che si sentono potenti, solamente perché possiedono denaro e potere. Siamo indifferenti, non abbiamo fiducia nell’uno e nell’altro… e forse nemmeno di noi stessi. Abbiamo generato una Croce umana: il dolore. Dalla generazione di un dolore si genera altro dolore, forse quello più infernale. È qui il senso di quell’Angelo che esalta “Penitenza, Penitenza e Penitenza”. E allora ci troviamo nel fondo di una montagna ripida da salire, laddove l’uomo riuscirà ad giungere dinnanzi a tanto dolore o Croce, ritrovando il Padre che non li ha mai abbandonati.

Questa qui esposta è la mia interpretazione sul Terzo segreto di Fatima e A mio avviso il Coronavirus è strettamente connesso al segreto e quella parte “non chiara” è collegata proprio al momento che stiamo vivendo adesso.
Il tutto potrebbe essere una coincidenza, ma sembra strano che si parli di morte di varie persone. Sembra strano che si parli di un Angelo che vuol gettare una freccia per seminare rovina, dolore e morte, in un contesto in cui non dobbiamo avere paura. “Non dobbiamo, perché in ogni cosa deve esserci sempre una fine che determina un inizio o il nascere di un nuovo”. Questo momento passerà, noi ce la faremo, vinceremo, anche se con tale vittoria nulla sarà com’era prima.  Ma, attenzione, per vincere intanto dobbiamo essere uniti e combattere insieme. Prima dobbiamo sconfiggere questa epidemia e poi pensare al domani e al presente. Per sconfiggere la stessa dobbiamo attenerni alle indicazioni che ci sono state date, altrimenti, non sconfiggeremo questa epidemia.

Allo stesso tempo, dobbiamo rimanere calmi e con i piedi per terra, senza farci prendere dal panico. In un momento così delicato come questo, perdere la testa può condurre l’essere umano a generare odio, rabbia, discriminazione e conflitti. L’essere umano è l’unico a vivere con la capacità di riflettere, ma tale facoltà nei momenti critici può degenerare e costituire un triste percorso per mano dell’umanità. La mia paura, in poche parole, è quella che lo stesso possa generare una terza guerra mondiale… per un momento di debolezza. In un momento in cui vi sono tante domande, la capacità di riflettere può condurre l’essere a non riflettere e quindi dobbiamo fare attenzione. Questo ci tengo molto a dirlo, poiché in questi momenti è facile entrare in crisi ed essere catturati dalla capacità umana di “non riflettere”. Il Coronavirus è già una terza guerra mondiale, non generiamone altra, ma combattiamo questa per vincere e tornare alla pace. In questo momento l’essere umano ha solo un’arma: “l’amore per se stesso e gli altri”. Si tratta dell’unica arma possibile per combattere  e per questo bisogna seguire le indicazioni in modo rigoroso.
A conclusione di questo mio elaborato, voglio esprimere un messaggio che personalmente colgo da questo momento. L’epidemia che stiamo vivendo ci impedisce avvicinamenti e anche di abbracciarci. Io credo che questo ci deve fare riflettere molto: pensiamo a cosa abbiamo fatto dell’amore, dei valori e importanza che hanno i sentimenti e rapporti umani. Oggi un’epidemia ci costringe a dover stare lontani e anche se avete potere e denaro, siete soli, con nulla in possesso. Rivalutiamo tutto, quel tutto che avvertiamo nelle nostre anime come vuoti e mancanze. Doniamoci all’umiltà, all’amicizia, al senso di Patria. Ai ricchi invito a donare per generare Serenità. Ai potenti invito a distruggere e mettere fine alle armi di guerra. A ogni singolo componente del popolo di ogni mondo dico di cercare la propria spiritualità nel proprio cuore e anima.
Quanto appena detto, può essere banale, può essere un semplice pensiero di un uomo piccolo, ma chissà, forse al di là di ogni parola e pensiero, si nasconde un’arma per superare il momento che viviamo.

Infine, voglio chiudere riprendendo l’ultimo pezzo del testo:

«…. Sotto i due bracci della Croce c’erano due Angeli, ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio2 …».

A mio avviso, gli Angeli raffigurano prima di tutto tutti coloro che si stanno impegnando a dare aiuto alle persone contagiate dal Coronavirus. Quindi parliamo dei dottori e infermieri e così via. Persone che rischiano ogni giorno. Allo stesso tempo, gli Angeli probabilmente rappresentano il simbolo di personalità che avranno il compito di aiutare i propri simili, ad alimentare il dolore, a guidare per andare avanti e costruire quello che sarà il Presente.

Giuseppe Sanfilippo

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