La cromia del bianco colore liquido e spaziale nella silloge “Bianco Antico” di Francesca D’Errico

Data:

Il vagare delle parole cerca le cose diventando ricerca elastica del sentire dove le assonanze tremano per sillabare il mondo ,questa è la poesia di Francesca D’Errico insegnante di Caserta con all’attivo ben 3 libri di poesie che in questa raccolta dal titolo sognante “Bianco antico “ di 44 pagine , fa emergere l’humus del verso universale, una metrica sospesa dove non la rima ma il sentire il mondo come respiro e concatenazione, che e’ affanno esistenziale pulsante , metrica libera di assonanze e perdute nostalgie, un percorso in cui la poetessa fa proprie le cose della vita frammentandole in tanti momenti dove l’occhio e il cuore parlano e pensano insieme espandendosi nella galassia POESIA.
Come spiega nell’introduzione Alessandro Quasimodo, la poesia della D’Errico ha l’eredità di Salvatore Quasimodo moltiplicata all’infinito perché è ponte tra lo stupore del guizzo della parola che comprime e la sua elasticità che esprime l’interpretazione delle cose che sono il mondo che noi vediamo , sentiamo e che rappresentiamo.
La contemporaneità che è il nostro mondo quotidiano dove l’assedio della tecnologia vuole diventare sentimento , ha bisogno della poesia per uscire da quella mediocrità di linguaggio dove tutto deve essere uguale in modo unico senza scappatoie che io chiamo “conformismo intellettuale”.
Oggi è difficile “fare poesia” , e dare a quest’ancella purissima dell’arte della parola il posto che si merita come momento di creazione che unisce l’umanità,posto che la società ci incapsula in tempi ristretti dove “poetare “ è perdita di tempo visto che siamo “progettati “per creare profitto…
A questo vuole rimediare la poetessa D’Errico artista di sostanza che in questa silloge si misura con metrica, costruzione del verso, originalità ,modernità e classicità allo stesso tempo, diventando una pioniera in solitaria di una poesia che e’ respiro sospeso ,incanto e attimo di abbandono,dove a restare soli sono gli uomini che non sanno più sognare ed emozionarsi.
La poesia della D’Errico è taumaturgica per la sostanza prorompente ma anche ermetica che offre al lettore avendo la raffinatezza del linguaggio lirico che non viene meno alla sua funzione di essere
magnifica essenza di vita.
Scorrendo le pagine e soffermandomi sui versi mi appare a pag.11 come un lampo che scuote pur lasciandoti con i piedi per terra la poesia “Magica sintassi”:
Svolto ed imbocco/una magica sintassi/fra sentieri di pietrisco/Accarezzo l’aria con illogica andatura/delle gote in fiamme ./Incustodita commozione di anomino ristoro/emancipato dall’inchiostro.
La poetessa si affranca dal caos del mondo quotidiano e realizzando davanti a se un paesaggio che realmente la tiene agganciata alla realtà “fra sentieri di pietrisco”, entra nel mondo dell’immaginazione e del processo creativo rapita dall’aria che lei accarezza dove “l’illogica andatura”( la poetessa sa che non esiste logicità nel momento delirante dell’invenzione) diventa anima in divenire e descrive appunto “ illogica” l’andatura che la guida al componimento irrefrenabile dove la fantasia domina la scena e realizza il mondo attraverso la sintassi (un progetto forse ?) che diventa magica perché grazie alla parola e all’arte di coniugare momenti di invenzione, si manifesta la poesia .
In questa “magica sintassi” vi è la fuga e il ritorno dell’uomo a diventare parte dell’UNO che e’ universo e ad uscirne quando svegliatosi dall’incanto della creazione tutto ritorna come prima “dell’incomincio del poetare” appiattito dalla mediocrità della nostra epoca vuotata dai valori universali dove l’arte e la sua espressione sono una liberazione e una fonte di energia vitale per sopravvivere agli accadimenti e alle brutture che si realizzano davanti ai nostri occhi impotenti che non riescono a vedere oltre il banale e routinante ripetersi delle nostre azioni…
Sorprende per acume intellettuale e sintesi d’immagine la poesia Fenditure a pag. 15
“In controluce/ la severa atmosfera di un buon cuore/Qua e là licheni audaci/straordinario baluginio/scolpito di alabastro/”
Il titolo “Fenditure” è un accattivante modo di vedere la realtà frammentata magari dalle fenditure sbrecciate di una finestra immaginaria come un palcoscenico che rivolgendosi all’infinito vede l’essere come un cuore battente che attraverso il suo regolare pulsare muove i licheni di un luogo fantasmagorico il quale potrebbe essere la mente stessa mutata in un prato, una scogliera, una radura ..I licheni sono il rincorrere paesaggi sognanti di vento e fiordi ,di fredda natura e aria composta di ghiaccio baluginante che scioglie gocce d’acqua irrigando l’anima del mondo acceso da un’aurora boreale che e’ la poesia, un linguaggio che ribaltando il giorno con la notte e viceversa, illumina la volatilità precaria della bellezza dove un momento carpito di luce scolpita nel bianco etereo dell’alabastro, diventa inizio di un giorno senza tramonto, perché le “Fenditure “ della poetessa hanno infiniti anfratti dove poter raccogliere visioni di infiniti mondi paralleli…
La D’Errico è generosa nell’amplificare l’immaginario che i suoi versi suggeriscono, pur restando lei stessa chiusa a riccio al suo interno , in una sorta di misticismo sospeso, che dell’ermetismo linguistico fa il simbolo di un nuovo genere poetico , “l’ermetismo allargato”.
Seppur figlia ideale del grande Mario Luzi e del magnifico Salvatore Quasimodo, la D’Errico ha inserito una marcia in più rispetto ai due maestri che la ispirano e cioè la versatilità dei suoi versi così concettualmente indipendenti da ancorati preconcetti, perché in lei vi è l’azzardo del superamento dell’ermetismo nudo e puro ( dei maestri Luzi e Quasimodo) che pur nella sua sostanza “criptica” è contenitore infinito di  mondi possibili , visto che la sua poesia si colloca con onore come progetto ed emancipazione di sintesi di una nuova scuola poetica se di scuola possiamo parlare, quella della poesia che nata per essere ermetica nel significato profondo della sua essenza diventa “aperta” per essere “rivelata” e offerta ai fruitori della bellezza. “Bianco antico” ha il sapore del tempo che vuole essere riscoperto
in un percorso dove le parole rivelano il mondo “ermetico” della bellezza che timidamente vuole parlare grazie ad una poesia di grande impatto sostanziale ed emotivo.

Barbara Appiano

Seguici

11,409FansMi Piace

Condividi post:

spot_imgspot_img

I più letti

Potrebbero piacerti
Correlati

Luciana Matarazzo, miss per giusta causa

Capello riccio, sorriso indelebile e fisico difficile da dimenticare....

Il poliziottesco… in pillole. “Il grande racket”

Se siete amanti della violenza, degli stupri, della giustizia...