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TRATTO DA UNA STORIA VERA: I TRE DEI QUATTRO MACELLAI 

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Solo una persona instabile di mente può progettare di fare morire a bastonate delle persone, questa malvagità è proporzionalmente paragonabile all’atto orrendo e atroce che sta per commettere: come si può pensare minimamente di uccidere chiunque in questo modo! È vero, non esistono limiti in una mente umana contorta o criminale per ideare un’azione del genere senza darne il giusto peso su quanto potrà derivare da esso. Su questo straziante episodio accaduto realmente, i giornali dell’epoca diedero enorme spazio a questo disumano delitto nel lontano novembre del 1945, dove gli abitanti di una cascina poco distante dalla città malmenati brutalmente persero la vita in questo modo. Barbaramente massacrati, ancora agonizzanti furono ritrovati nel “crotin” di un cascinale nei pressi di Villarbasse in provincia di Torino. Per quei corpi morenti fu quella la gelida e oscura tomba dei dieci sventurati di quel casolare. Una mattanza senza senso, avrebbe bisbigliato una voce provenire dalle forze dell’ordine, trovando l’inumano eccidio nella cantina della Cascina Simonetto di Villarbasse. Immediatamente e dopo minuziose indagini, furono scoperti i cosiddetti “Macellai”, così nominati per il loro misfatto, tutti di origine siciliana (in quel periodo esisteva ancora la condanna a morte), pertanto la sentenza doveva essere un monito per il futuro: Infatti, furono condannati a morte. Il registro anagrafico riportava i seguenti nomi di questi assassini: Francesco La Barbera, Giovanni Puleo e Giovanni D’Ignoti, al terzetto mancava un quarto uomo di nome Pietro Lala, anch’esso macchiatosi dello stesso delitto, purtroppo la giustizia italiana non poté condannarlo… poiché fu “anticipata” da un altro verdetto, emanato da “un’organizzazione che non ammette sbagli”, quella siciliana!
L’Italia di quel tempo era da poco uscita dagli orrori della seconda guerra mondiale, l’inferno di Villarbasse aggiungeva ricordi laceranti con dolore al dolore. I tre malviventi cercarono ogni sorta di cavillo per sfuggire alla loro sorte, tentò persino di chiedere una supplica al Presidente della Repubblica Enrico De Nicola (nominato dall’Assemblea Costituente) che negò di fatto la grazia a quei tre demoni che avevano annientato una famiglia intera per ricavarne una somma pari a duecentomila lire e tre salami, tentarono anche con la Cassazione che respinse categoricamente il ricorso dei “Macellai”, dando atto definitivamente su quanto era già stato sentenziato!
Nella fredda e umida mattina del 4 marzo 1947 presso il Poligono di Tiro Basse di Stura, tre sedie erano pronte per fare accomodare quegli immondi personaggi, i gendarmi li legarono di schiena, come sempre li attendeva l’allora Padre Ruggero Cipolla, confessore del Carcere Le Nuove, pronto ad assistere i condannati in quegli ultimi drammatici momenti, porgendo loro il crocefisso per la remissione dei peccati. Il plotone era pronto a eseguire l’ordine impartito, allineato di fronte ai tre detenuti… fece fuoco…
Erano esattamente le ore 7:30… l’eco dei colpi sparati ruppe il silenzio per l’ultima condanna a morte!
Con l’Assemblea Costituente del 22 dicembre 1947, il mese successivo entrò in vigore l’abolizione della pena di morte in Italia per tutti i reati comuni e militari commessi in tempo di pace.

Daniele Giordano

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