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Si pubblicano tre liriche di Giuseppe Pasqui

Data:

Rumori di quiete

Seduto su quell’inerte tronco al limitar del bosco,
osservo con emotività quasi estasiato
tutta la bellezza del creato.

Tra querce immense e lecci secolari
tu scorgi olivi antichi e della vite i suoi filari,
mentre vicino a chiese o camposanti
potrai sempre ammirare cipressi vecchi e stanchi.

Poi ti volti verso l’alto e in un momento
tu ripercorri tutto il vecchio tempo,
osservando della della chiesa quel campanile altero
con l’abside ancor di scandole coperto;
quasi a te non sembra vero.

Guardando degli alberi fra le sue cime intravedi
sulla vetta di quel maniero le rovine.

In quel momento avverti un ticchettio furioso
ed è un picchio che lavora con lena senza riposo
per costruire il nido su quel castagno annoso.

Ora un lieve fruscio è un’upupa
che passeggia in cerca di cibo,
orgogliosa per il suo ciuffo ed i suoi bagliori
svanendo spesso tra i fili d’erba ed i selvaggi fiori.

Infine altri mille rumori fra gorgoglio di acque
e mormorii canori in mezzo alla bellezza di tutti quei colori.

È questa la musica più bella per un futuro di pace
che non veda mai più la guerra.

 

Osservazioni

Quel bosco di querce
e castagni spogliati di foglie
son solo frustagni, ma per loro
è soltanto un momento, poi torna
aprile col tiepido sole col morbido
vento, li ricopre di foglie gli
ridona i suoi fiori,
nidi di uccelli riappaion maestosi
ancora più belli.

Ma per l’uomo è diverso,
se perde l’onore la fede e
l’amore è soltanto un relitto
sbattuto dal vento in un mare
in tempesta, avrà sempre nel cuore
l’odio e la guerra.
Non vedrà mai una lingua di terra.

 

Pensiero di pace

Quel cielo sereno, quei tenui colori,
quel gioioso brusio in mezzo a quei fiori.
La gente che ride, che scherza contenta,
ti sembra una festa.

Non avverti quell’acre odore
di fumo e di piombo
o dei cannoni il fragoroso rimbombo.

Allora capisci la gioia infinita
nel godersi la vita
con amore e letizia
senza troppi rancori
e con equa giustizia.

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