LA COMPASSIONE: SCULTURA DI LORETTO RICCI

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Quando pensiamo al termine “Compassione”, lo definiamo naturalmente un sentimento che ci permette di comprendere la sofferenza dell’altro. Di conseguenza, la compassione è un aspetto importante appartenente dell’essere umano, che ci permette, oltre a capire l’altro, a metterci nei panni dell’altro, di andare in soccorso proprio di chi ha bisogno di un aiuto. Ma quando pensiamo alla compassione ci dobbiamo fermare solo a tale concetto?
La risposta a tale domanda, la possiamo trovare nell’ultima opera “La compassione” (materiale in ferro, plastiche porose, cemento e resine) del poeta e scultore Loretto Ricci, il quale, parlando della sua opera, ha dichiarato: “Visto il silenzio, fatto di urla invettive e questo immobilismo che ci assedia tutti con la desolazione dei nostri pensieri e dei nostri paesi, anche quando addobbati a festa, ho deciso di provare a rompere questa sorta di accerchiamento…
Di conseguenza, la compassione è comprendere il silenzio, fatto di urla invettive, qui dove vi è immobilismo e desolazione. Come dire, c’è un fermo, un deserto umano, che può superare il tempo che stiamo vivendo. Questo superamento lo si può avere attraverso la compassione, che può essere – e di fatto lo è – l’unico sentimento che ci conduce a comprendere il dolore dell’altro, che non va inteso come un’azione che ci conduce verso il soccorso dell’altro o di chi ha bisogno. Infatti, la compassione ci può e ci permette di capire il bisogno dell’altro.”


Proprio questo è il messaggio che l’artista ci vuole donare, in un contesto in cui vi è un invito a riprendere in mano un aspetto appartenente all’essere umano: la compassione appunto. Questo messaggio lo si nota dalla posizione delle gambe e dei piedi. Come vediamo nella foto dell’opera, notiamo questa donna che solleva un’altra, nel fare questo vediamo che non assume una posizione specifica, non fa fatica per sollevare l’altra donna, poiché chi viene sollevata non è una persona che viene aiutata a uscire da una determinata situazione di dolore, bensì l’opera manifesta un sentimento umano, quel senso di essere parte di comunità. Allo stesso tempo, notiamo che l’opera è accompagnata da una brocca d’acqua, questa ha un significato: l’acqua vuol dire assetarsi, acqua è ossigeno per la vita umana, e nell’opera sta ad indicare che in questa vita la bellezza e sublimità dell’esistenza sta nel camminare insieme, nel prenderci in braccio l’uno con l’altra.
Inoltre, nell’opera notiamo che la donna che solleva l’altra ha una collana al collo, anche questo ha un significato particolare e importante: indica la ricchezza, ma quella superficiale. La ricchezza superficiale è quella che ci vede persone ricche di denaro o di potere, superficiali poiché non hanno propriamente un valore vero. Invece quella che conta è la ricchezza più grande e unica, la stessa che non può essere sostituita da nessun oggetto (denaro, potere o bene materiale), quest’ultima ricchezza è il rapporto umano, il camminare insieme, come se in ogni momento avessimo bisogno di sollevarci l’un con l’altro. La vera ricchezza sta nel dare acqua alle nostre vite, e quest’acqua può arrivare solo se camminiamo insieme con amore, se camminiamo con amicizia e fratellanza, che sono limpide come l’acqua appunto.
Questi sono aspetti che vanno rivisti, valorizzati, ma soprattutto valutati, sia in senso singolare, individuale, ma anche nel contesto in cui pensiamo al senso di comunità, di cittadinanza o di essere parte di una nazione o patria.
Un’opera quella di Loretto che non arriva per via del lockdown, ma che ha voluto donare proprio per rompere il silenzio. Il silenzio che si fa sentire, come un abbandono e una lontananza, davanti a un mondo in cui la sfiducia ha preso alimento. È qui che “lo scopo dell’iniziativa – dichiara l’autore – è di creare uno spazio creativo temporaneo nel quale artisti e cittadini possano mostrare, cantando, recitando, suonando o con qualsiasi altra forma di comunicazione, compreso il silenzio, il loro modo di reagire alla sfiducia. L’obbiettivo – continua l’autore – è quello di riprendere la parola e dare dimostrazione che è possibile, anche senza vicinanza dei corpi, la vicinanza di un sentire che ci tiene legati agli altri, e non solo sui social, ma dandone testimonianza fisica. Il nome dato a questa iniziativa è “torniamo alla fonte”.”
L’opera “La compassione” di Loretto Ricci si trova nel centro di Anghiari, nelle logge della Fonte. E’ stata ultimata nell’attuale lockdown e può essere visitata da tutti, con concessione di scattare foto e realizzare piccoli filmati, nella speranza che tutto questo, mettendolo insieme, possa costruire una storia collettiva che ci racconti di un futuro più umano.
Un grande messaggio che sembra voglia invitarci a tornare alla fonte, ma non a prima del lockdown, ma una fonte molto precedente, la fonte della semplicità, nell’umiltà umana, dell’ascolto, la stessa che ci fa comprendere l’importanza di camminare insieme, dialogare, comunicare e volerci bene, superando ogni egoismo umano. Il Covid, insomma, deve essere un’occasione per costruire un mondo migliore.

Giuseppe Sanfilippo

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