Tre liriche del poeta tunisino Mohamed Gassara

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Mohamed Gassara è un giovane poeta tunisimo. Mi ha fatto veramente piacere entrare in contatto con le sue opere, che hanno a che vedere strettamente con un mondo visionario che si fa carnale, tangibile, affacciandosi nel quotidiano in modo inquieto, come un incubo violento che non si può dominare. Lo stile dell’Autore è diretto e asciutto, in grado di dare vita a immagini pungenti e potenti, che riescono a colpire pienamente il nostro universo sensibile e viscerale. Propongo qui tre liriche del poeta da me tradotte: L’indésirable créature, Le traquenard e Fétiche de malheur. Prima si pubblicherà le versioni originali in lingua francese, per poi proseguire con le traduzioni.

Stefano Duranti Poccetti

 

Tre liriche di Mohamed Gassara

 

L’indésirable créature

Je m’agite
sur les nuages de la majesté
comme une pieuvre
dont les tentacules sont fauchés
dieu m’expulse,
je tombe
en creusant la paille de mon toit,
je suis par terre
comme Icare dans la mer,
les mains rejoignent les pieds
en une calligraphie chinoise
écrite par des veines ombreuses,
les anges ne viennent pas
ramasser mes débris poétiques,
j’attends un secours de l’autre monde,
le pied du destin écrase mon ventre,
je vomis une forêt décapitée
dans laquelle
j’étais le roi affamé,
je m’acharne par le mot,
seul mon abat-jour
sent ma vermoulure,
et veille à mes causeries
répercutées dans les artères de l’oubli.

 

Le traquenard

Le tonnerre
transgresse
la glaise de nos oreilles,
les cafards
barbèlent leur territoire
sur nos corps épars,
et l’éclair des vases parisiens,
estampés de doigts ancestraux,
creuse des mines de plomb
dans nos gorges de lézard.
Et la nuit,
le sommeil
se transforme en une fonderie,
où tout se fond
et se refond
en cris de chauves-souris,
dans les cieux détenus.
Puis vient le soleil prévu,
avec sa lame,
pour rouvrir les sutures des années,
et éplucher le derme des oublis,
afin de se reconnaitre,
et se soumettre,
comme un air de champ
sous les édifices orgueilleux.
Nous vivons,
en échancrure,
en brûlure,
dans le taureau métallique,
le traquenard de l’existence.

 

Fétiche de malheur

Au bord du port,
où défilaient les obsèques des mouettes,
j’ai accroché mon petit cœur
à la canne d’un aveugle pêcheur,
l’appât est mis dans l’eau,
et les poissons fuient en exode !

***
À la porte d’un vieux forgeron,
j’ai salué les chaises rouillées,
j’ai mis mon petit cœur
Sur l’enclume des enfers
quand le marteau se venge,
et le fer se dissout et se perd !

***
Au bord de notre ruelle,
j’ai suivi les cris de notre colporteur,
j’ai jeté mon petit cœur dans son sac à dos,
les vertèbres du pauvre homme se détachent,
les misérables, derrière les fenêtres, se cachent
et les poches se remplissent de poussière !

***
Devant la porte de l’Opéra,
j’ai entendu des chants carnivores,
j’ai offert mon petit cœur
à une musicienne aux doigts brisés
pour qu’elle joue à mes artères éraflées.
Le son retentit,
les oreilles saignent
hélas, et la terre s’absorbe !

***
Alourdi de mon fardeau,
j’échappe aux regards des pêcheurs,
des forgerons,
des colporteurs et des musiciennes,
Je le replace dans mes tréfonds,
là où il faut être à jamais,
en cachette,
moi seul,
face à ses tortures,
à ses délices..,
son adversaire éternel !

 

Traduzioni di Stefano Duranti Poccetti:

 

L’indesiderabile creatura

Mi agito
sulle nuvole della maestà
quale piovra
dai tentacoli falciati:
un dio m’espelle,
cado,
affossando la paglia del mio tetto.
Sono per terra
come Icaro nel mare,
le mani congiunte ai piedi.
in calligrafia cinese
strati di scritte ombrose:
gli angeli non vengono
a raccogliere le mie macerie poetiche,
attendo soccorso dall’altro mondo,
il piede del destino schiaccia il mio ventre,
vomito una foresta decapitata
nella quale
ero il re affamato,
mi accanisco per una parola,
solo il mio paralume
conosce le mie ferite
e veglia sulle mie chiacchiere,
che si ripercuotono nelle arterie dell’oblio.

 

La trappola

Il tuono
viola
l’argilla delle nostre orecchie,
scarafaggi
pungono il loro territorio
cosparsi sui nostri corpi
e i fulmini dei vasi parigini
stampati da dita ancestrali
sprofondano come mine di piombo
nelle nostre gole di lucertola.
La notte,
il sonno
si trasformano in una fonderia,
dove tutto si fonde
e si rifonde
alle strida dei pipistrelli,
prigionieri dei cieli.
Poi giunge il sole previsto,
per riaprire con
la sua lama le suture degli anni
e sbucciare il derma degli oblii,
per riconoscersi,
e sottomettersi
quale aria di campo
sotto gli edifici orgogliosi.
Noi viviamo,
incavati,
brucianti,
su un toro metallico;
la trappola dell’esistenza.

 

Feticismo della sfortuna

Ai margini del porto,
dove sfilano le esequie dei gabbiani,
ho appeso il mio cuore
alla canna d’un pescatore cieco.
L’esca è posta in acqua,
mentre i pesci fuggono in esodo.

***
Alla porta d’un vecchio fabbro
ho salutato le sedie arrugginite,
ho messo il mio piccolo cuore
sull’incudine dell’inferno…
Allora il martello si vendica
e il ferro si dissolve e si perde!

***
Ai margini del nostro vicolo,
ho seguito il grido del mercante,
ho gettato il mio piccolo cuore nel suo zaino:
le vertebre del povero uomo si distaccano,
i miserabili si nascondono dietro le finestre
e le tasche si riempiono di polvere!

***
Davanti alla porta dell’Opera,
ho inteso canti carnivori,
ho offerto il mio piccolo cuore
a una musicista dalle dita spezzate,
perché suoni con le mie arterie scalfite.
Il suono squilla,
le orecchie sanguinano…
Ah, la terra viene assorbita!

***
Appesantito dal mio fardello,
scappo dagli sguardi dei pescatori,
dei fabbri,
dei mercanti e dei musicisti,
li rimetto nelle mie profondità,
dove dovranno rimanere per sempre
nel nascondiglio.
Io solo,
di fronte alle sue torture,
alle sue delizie…
Suo eterno avversario!

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