IL MORBO DELL’ALZHEIMEIR IN CHIAVE COMICA E FANTASTICA AL VITTORIA “ DEUS EX MACHINA” EURIPIDEO IN “NON TI SCORDAR DI ME” CON S. MESSINA, C. LIZZANI E M. SIMEOLI

Data:

Dal 16 al 26 settembre 2021 al Teatro Vittoria di Roma

Riflettendo su una delle patologie più gravi del momento e per la quale non esistono al momento medicine terapeutiche, ma che anzi progredisce con il tempo fino a perdere del tutto la propria identità e non riconoscere nemmeno i parenti, ovvero l’Alzheimer che distrugge le facoltà intellettive della vita quotidiana e costituisce la maggior parte dei casi di demenza, la giovane scrittrice Chiara Bonome ne ha tratto spunto per farne un atto unico sdrammatizzando la malattia in chiave ironica e farsesca. Con questo lavoro è cominciata la stagione del Teatro Vittoria, in Piazza Santa Maria Liberatrice a Testaccio, che prevede, con molto coraggio, ben 24 spettacoli caratterizzati da autori e protagonisti under 35 per lo più, con la ripresa di alcune pièce non andate in scena nel periodo del “lockdown”. Tale copione caricaturista si apre sul lettino di uno studio medico con un personaggio che non si ricorda più nulla del suo passato, la memoria della sua identità è totalmente scomparsa, è sotto choc e non sa come riannodare i fili della sua esistenza: il baratro è totale. Chi potrà aiutarlo in nome del soccorso e dell’assistenza al prossimo, che non si può negare a nessuno? Esemplare è il caso dei corridoi umanitari, delle varie comunità psicologiche e scientifiche, dei voli aerei per portar via gli Afghani ai talebani, con la gente che s’attaccava alle ali dei veivoli o gettava i bambini tra le braccia dei soldati americani. Naturalmente ci sono stati traumi clamorosi di perdita della memoria: si va dallo smemorato di Collegno , a Girolimoni nel periodo del regime fascista ai matti che entravano in schizofrenie paranoiche e finivano in manicomio, fino alla chiusura degli ospedali psichiatrici con la legge Basaglia. Saranno alcuni individui, affetti da turbe neurologiche e deliranti squilibri mentali, ad aiutarlo a ritrovarsi e capire di nuovo chi è, finchè il gioco sarcastico ed apotropaico alla fine sembra ripartire tornando alla casella iniziale. Il primo zad entrare nello studio è un condomino del tutto fuori di sé di nome Adriano che si diverte ad adattarsi alla situazione fingendo di essere lo psichiatra, ma si capisce subito che il suo cervello è andato in tilt poiché si esprime con frasi sconnesse e non sa dare risposte; stupendo è Carlo Lizzani nell’impersonare con smaccata goliardia siffatto falso professionista medico, come poi farà nei panni di un mago, un ispettore di polizia ed un cantante, uno “Chansonnier”, in doppiopetto e lustrini quale Frank Sinatra. Tuttavia ad essere maggiormente utile allo spaesato Nessuno con una geniale trovata è Orlando l’uomo delle pulizie, che per lui rappresentano una vera ossessione tanto da nascondersi e sentirsi in profonda e disarmante colpa se qualcuno nota un filo di sporco, che gli rimprovera. Lui ricorda allo psichiatra, che lo cura per questa sua fobia dispersiva, di chiamarsi Ettore Morini e di lavorare lì dove si è inconsapevolmente svegliato intontito e vuoto mentalmente. Impeccabile nella sua recitazione del furibondo Orlando, privo temporaneamente del suo specialista, credibile nella sua tuta marrone con il piumino in mano è Stefano Di Lauro. Infine compare l’ansiogeno e stressato Vittorio Conti incarnato da quello straordinario umorista dissacrante che è Marco Simeoli, che aggiunge i suoi frenetici ed irruenti, focosi ed irrazionali, monologhi alle battute equivoche, dal contenuto grottesco e paradossale, allampanato ed illogico, degli altri personaggi che non sempre sanno interagire verbalmente. Intanto arriva Orlando che ha scoperto il cellulare ed il portasigarette in casa del medico, che la sera prima aveva litigato con la sorella Sara ed era andato via dalla magione per riacquistare un po’ di pace e serenità nel suo studio, dando un tocco scaramantico alla campana circolare a cui aveva chiesto di dimenticare tutto con un sonno ristoratore. Con questo espediente, rinvenuto dopo una scrupolosa indagine, discendente dalla tragedia greca euripidea, l’identità personale sembrava recuperata, paradigma simbolico di un’eterna speranza per superare un domani positivamente l’Alzheimer, ma l’emotivo Vittorio sconcertato dall’enorme trambusto suona ancora una volta la campana, l’oggetto chiave e segreto dell’’’enigma, per cui Ettore interpretato da uno splendido Stefano Messina, che s’attaglia bene foneticamente e come portamento espressivo ai vari frangenti della coinvolgente creazione socio – psichiatrica, cade ancora nelle braccia di Morfeo ed al risveglio sente squillare il telefono con la voce di una certa Anna che lo prega di non dimenticarla. Torna l’angosciante interrogativo: chi è ? Il “ludus” o gioco ricomincia, quasi che nei 90minuti dello spettacolo non fosse successo nulla e la domanda principale fosse ancora da sciogliere, mentre il pubblico s’è rispecchiato con goliardia e pensiero introspettivo con se stesso, intuendo che la nostra ricchezza non è solo la cultura, bensì anche ogni sin golo avvenimento, scelta, desiderio, ideale e sogno, passo compiuto, che c’ha foggiato come personalità. L’autrice ha diretto il suo soggetto badando a trasmettere con una brillante “performance” d’un cast ben affiatato e sinergicamente efficace come un congegno ad orologeria i suoi concetti civili e sanitari, evidenziati dallo spirito sarcastico ed allegro, sbrigliato dei protagonisti, che si sono mossi nello studio dello psichiatra, con un lettino non ben molleggiato, progettato da Alessandro Chiti, con i costumi borghesi di Giulia Pagliarulo. Gli spettatori, accorsi in discreto numero alla replica della domenica pomeriggio, dunque hanno mostrato di gradire il gustoso ammonimento e per tale valore emblematico del Teatro stanno riprendendo l’abitudine d’andarvi con piacere e sicuri del risultato qualificante, basta saper discernere con oculatezza il prodotto offerto. Il lavoro sarà al Vittoria fino a domenica prossima.

Giancarlo Lungarini

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