Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Sala Assicurazioni Generali, dal 16 al 21 novembre 2021
La puntuale regia di Roberto Andò porta in scena “Piazza degli Eroi”, lo scomodo testo di Thomas Bernhard, ultima sua opera, oggetto di feroci polemiche e dissensi la sera del debutto al Burgtheater di Vienna il 4 novembre 1988.
La vivida presenza di Robert Schuster (Renato Carpentieri, in una grande prova d’attore al centro del dramma) si rispecchia nell’ingombrante assenza del fratello Josef, da poco suicidatosi, e intorno al quale ruotano i discorsi degli altri personaggi in un crescendo di entrate dal primo al terzo atto: la fedele governante in primis, signora Zittel (Imma Villa, impeccabile nel ruolo) e Herta, la domestica, smarrita testimone della tragedia (Valeria Luchetti); poi le figlie Anna (Silvia Ajelli) e Olga (Francesca Cutolo) che si confrontano con lo zio; infine i comprimari, presenti alla cena successiva al funerale: Lukas, il figlio (Paolo Cresta); il collega professor Liebig (Enzo Salomone) e il signor Landauer, ammiratore del defunto (Stefano Jotti).
La musica è molto presente, eseguita anche da un pianista (Vincenzo Pasquariello) che quando non suona osserva quel che avviene, muto testimone di una sofferenza che non trova soluzione perché ha un’origine troppo profonda, parte essenziale dell’essere uomini.
E poi c’è la vedova, signora Schuster (Betti Pedrazzi), viva ma evocata con costanza dagli altri personaggi fino all’apparizione finale, l’unica a essere consapevole e cosciente di una minaccia mai svanita, passiva resistente a una condanna che la terrorizza.
Handle with care, maneggiare con cura.
Già il titolo originale, Heldenplatz, è un pugno nello stomaco per chiunque conosca un po’ di storia del Ventesimo Secolo: si tratta del luogo in cui, il 15 marzo del 1938 Hitler concluse il processo dell’Anschluss, l’annessione dell’Austria alla Germania nazista osannato dalla folla viennese. Costruita durante il regno di Francesco Giuseppe, è la parte forse più scenografica dell’incompiuto foro imperiale viennese, ironicamente realizzato quando ormai la monarchia asburgica volgeva al declino.
La complessità della densa scrittura di Thomas Bernhard è satura di rimandi: stilistici, testuali, concettuali, umani; segue logiche musicali, oltre che linguistiche e ciò provoca nello spettatore uno sbilanciamento dell’elemento uditivo su quello visivo.
Si cammina sul filo sopra un abisso che ci riguarda tutti, perché quello che dalla scena i personaggi gridano, senza urlare, al pubblico è che non si può tentare di esorcizzare un passato che si percepisce sempre in agguato, semplicemente perché in realtà passato non è: continua a essere tragicamente ben presente, intorno e dentro di noi.
Ma, ci si chiede, come può essere?
Trieste non è un luogo neutro per rappresentare – e meritoriamente produrre, con il Teatro di Napoli – Teatro Nazionale e la Fondazione Teatro della Toscana – Teatro Nazionale – un testo come questo: circa sei mesi dopo quel 15 marzo, il 18 settembre 1938, Benito Mussolini annunciò infatti qui, da una Piazza Unità d’Italia altrettanto gremita di folla, le sciagurate leggi razziali, ignobile apice di una politica razzista esercitata sulle popolazioni colpite fin dagli anni Venti dalla nazionale barbarie imperialista.
Il fatto è che il rifiuto totale e sincero dell’antisemitismo, come di ogni denigrazione di nostri simili considerate o considerati diversi da noi, costituisce il punto di arrivo di un lungo e faticoso processo di assunzione di responsabilità verso le nostre radici, verso una Storia che ci condiziona perché è parte integrante di una cultura diffusa, che governa i nostri pensieri, i nostri comportamenti e di fronte ai quali dobbiammo opporre un secco “no” ogniqualvolta li sentiamo sorgere dentro di noi.
Ritenere che ciò non sia necessario è altamente pericoloso: volgere lo sguardo altrove rende complici, e i muri che oggi si costruiscono di nuovo in troppe parti d’Europa e nel mondo ne sono la logica e inevitabile conseguenza.
Vale per ciascuno, a qualsiasi comunità senta di appartenere.
Un altro grande autore austriaco, Martin Pollack lo spiega molto bene in opere costituenti un paziente viaggio nella storia del Novecento, assolutamente necessario per comprenderla a fondo e accettarla in tutte le sue orrorifiche implicazioni, perché solo guardando in faccia i fantasmi presenti in casa nostra possiamo imparare, giorno per giorno, a non essere più simili a loro.
“La memoria storica – scrive Pollack – in determinate circostanze, può essere sorprendentemente corta.”
Paola Pini
Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
Sala Assicurazioni Generali
dal 16 al 21 novembre 2021
Piazza degli Eroi
di Thomas Bernhard
traduzione Roberto Menin
regia Roberto Andò
con Renato Carpentieri, Imma Villa, Betti Pedrazzi, Silvia Ajelli, Paolo Cresta, Francesca Cutolo, Stefano Jotti, Valeria Luchetti, Vincenzo Pasquariello, Enzo Salomone
scene e disegno luci Gianni Carluccio
costumi Daniela Cernigliaro
suono Hubert Westkemper
foto di scena Lia Pasqualino
diritti di rappresentazione Suhrkamp Verlag – Berlino
rappresentata in Italia da Zachar International – Milano
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Fondazione Teatro della Toscana – Teatro Nazionale