“L’ultimo desiderio” di Pietro Favari (prima puntata)

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Il Corriere dello Spettacolo è lieto di annunciare la pubblicazione del romanzo “L’ultimo desiderio” di Pietro Favari, che uscirà sulle nostre pagine, a puntate, per 16 giorni consecutivi. Una buona lettura!

L’ULTIMO DESIDERIO

di Pietro Favari

PRIMA PUNTATA

U te piaxe quellu agnellin lì? U l’è bellu! U paa un pelusc!

La madre si rivolge al pastore.

Pigemmu quellu lì, quellu che piaxe a me figgiu. A ghe pensa vuscià a falu maxellà? Me raccomandu, eh?!

U l’è pe u pransu de Pasqua…

1

Una folla di rivoltosi manifesta nella piazza di una capitale africana. Bruciano il ritratto ufficiale del dittatore deposto.

Alcuni degli insorti si dirigono verso un penitenziario ed entrano senza incontrare resistenza da parte delle guardie.

I ribelli le aggrediscono e si fanno consegnare le chiavi delle celle.

Una mano apre la porta del carcere. Anche tutte le altre prigioni vengono spalancate. I detenuti fuggono precipitosamente.

Una grande stanza in un manicomio, il pavimento infangato di urina e feci. Una sorta di girone infernale, affollato di malati di mente in condizioni spaventose, abbandonati a sé stessi, alcuni nudi, sporchi, gli sguardi allucinati, i gesti scomposti. I ribelli li spingono ad uscire all’aperto. I reclusi escono urlando.

Un gruppo di insorti entrano nello zoo. Sparano sulle serrature delle gabbie e fanno scappare gli animali.

La libertà arriva improvvisa per uomini e animali, per matti e assassini, per prigionieri politici e delinquenti comuni che percorrono le strade della capitale sparando. Si dirigono verso il parlamento, le stazioni di polizia, le case dei ricchi.

Un leone sta bevendo a una delle fontane della villa del dittatore deposto e fuggito.

Gli insorti entrano a loro volta nella villa, abbandonata, sfondano porte e finestre della casa, arredata con cattivo gusto e con ostentazione di ricchezza. Tutto è stato lasciato in disordine.

I rivoltosi si tuffano nella fontana all’ingresso, guardano stupiti i mobili lussuosi del salone, accarezzano le statue di marmo che riproducono per lo più donne nude, aprono e chiudono i rubinetti d’oro del bagno.

Poi iniziano a razziare tutto quello che trovano e lo infilano nelle valigie Vuitton che prendono dagli armadi.

Tutti inseguono o sono inseguiti: uomini e donne mescolati a elefanti, zebre, iene, cammelli, serpenti, uccelli del paradiso.

Gli insorti vengono fuori di corsa dalla villa con degli oggetti vari: valigie di Vuitton, piatti, posate d’oro, televisori, computer, quadri e gioielli.

Un quarantenne mercenario italiano, Marco, arriva nella villa. Il leone che sta bevendo, si volta, guarda il mercenario, che se ne accorge, ha un attacco di cuore e si accascia per terra. Svenuto.

Il leone finisce di bere e si allontana dalla villa.

Una pattuglia di uomini armati multietnici entra a ventaglio in un villaggio africano. Dei bambini neri stanno giocando in un cortile. Appena vedono i miliziani, scappano via urlando e trovano rifugio in una delle capanne.

Tra gli uomini armati c’è Marco che vede la scena, si stacca dal suo gruppo, dà un calcio alla porta della casa rifugio. Una bella ragazza nera si frappone tra lui e i ragazzini. Marco afferra la giovane, le strappa i vestiti e la violenta sotto lo sguardo di Angelo, uno dei ragazzi. Dagli occhi del bambino nero che ha assistito allo stupro scende qualche lacrima.

2

Uno schermo televisivo si accende sul mezzo busto di un’anziana signora.

Una voce fuori campo.

<<Qual è il suo ultimo desiderio?>>.

La signora sorride. E’ visibilmente emozionata. Abbassa lo sguardo.

<<Vorrei, per un giorno… un giorno soltanto, fare il sindaco del mio comune. E’ un piccolo paese!…>>.

L’immagine della signora scompare e appare quella di un uomo, anche lui anziano e visibilmente sofferente.

Ancora la voce fuori campo.

<<Qual è il suo ultimo desiderio?>>.

<<Vorrei prendere a schiaffi un tizio che incontro tutti i giorni al bar! Ma senza subire conseguenze! Mi è sempre stato antipatico…>>.

L’uomo sofferente scompare e appare un bambino.

Ancora la voce fuori campo.

<<Qual è il tuo ultimo desiderio?>>.

Una lacrima gli spunta negli occhi.

<<Non mi hanno voluto dire che mi resta poco da vivere. Ma l’ho capito… Vorrei tanto che mi regalassero un cavallino! Non avrei paura a cavalcarlo… Che mi potrebbe succedere? Al massimo morire qualche giorno prima. Se casco…>>.

3

Ad un tavolo della Terrazza Colombo, a Genova, sono seduti Carlo, un uomo sulla sessantina, dall’aspetto curato, con un abito tipico da professore inglese e Giuliano, un suo coetaneo. Parlano bevendo un caffè.

<<Finalmente ci rivediamo. Cosa hai fatto in tutti questi anni? Avevo saputo del tuo arresto nel ’77>>.

Carlo sorride.

<<Sì… Gli anni della città da bere mi hanno fatto ubriacare e ho deciso di andare via e girare il mondo. Sono stato addirittura in India. Pensa che originalità… E poi Cuba. Tutta l’America latina, vendendo di tutto e di più, tranne la droga. Quella no>>.

Giuliano lo prende in giro e ordina un cognac.

<<Idealista fino in fondo…>>.

<<La mia idea era di non fare male a nessuno. Ora faccio l’investigatore privato>>.

<<Appunto… Ti cercavo proprio per affidarti un incarico. Un mio cliente, amministratore di una fabbrica è scomparso>>.

<<Con i soldi?>>.

Giuliano annuisce.

<<Ha fatto bene… Di questi tempi>>, commenta Carlo.

Poi saluta Giuliano, esce per strada e si dirige verso il porto di Genova.

4

Una delle banchine è affollata di volanti, agenti di polizia e carabinieri. Una donna medico legale sta eseguendo dei rilievi sul corpo inerme e sventrato di una giovane donna nera, vestita di stracci. La dottoressa scambia qualche parola con un ispettore di polizia, un giovane dai modi sbrigativi e aria infastidita.

<<Ispettore, la situazione è preoccupante. E’ la quinta vittima in un mese. Le hanno asportato tutti gli organi>>.

<<Già… Ora il mercato è molto florido per i cadaveri… La merce a buon mercato… Poverina. Dio l’abbia in gloria>>.

La dottoressa guarda l’ispettore con aria sconvolta. Lui la osserva un attimo, poi alza le spalle e se ne va.

Carlo giunge sul luogo, osserva il corpo della vittima e scambia qualche parola con la dottoressa mentre la sirena dell’ambulanza copre le voci…

5

Una bella città africana con tutte le sue contraddizioni: ville lussuose e negozi delle grandi marche da una parte e bidonville dall’altra.

Alcune auto di grossa cilindrata sono parcheggiate nel piazzale davanti ad un night club, illuminato all’esterno dalle luci lontane della città.

I clienti parlano a voce alta in swahili. Tra loro c’è anche Marco che non fa più il mercenario e lavora per dei ricchi neri.

<<Marco, fatti dare un paio di bottiglie di champagne. Ma di quello buono, non quella schifezza che danno da bere agli idioti che guardano quella che si spoglia>>.

Marco si fa dare lo champagne, torna al tavolo, stappa le bottiglie e riempie i bicchieri dei suoi padroni.

Sul palcoscenico del night si esibisce una donna avvolta da un costume, il volto celato da una maschera africana. Si spoglia lentamente al ritmo di una musica sensuale.

Alla fine del numero toglie maschera e costume. Si svela come una bella donna bianca e bionda.

Alla fine del numero i clienti neri e Marco escono dal locale.

<<Quella troia bianca mi ha proprio fatto eccitare…>>.

<<Anche a me! E chi ha voglia di dormire, adesso!>>.

<<Puoi farti cantare la ninna nanna da lei…>>.

<<Non te lo consiglio. Non lo sai che è impestata dalla sifilide?>>.

<<Io un’idea ce l’avrei per andarcene a dormire sereni… Niente di meglio che un bel safari metropolitano!>>.

L’idea è subito accettata con entusiasmo.

 

Gli uomini salgono su cinque macchine che partono sgommando.

Ai bordi di un viale, alcuni neri vestiti poveramente dormono appoggiati agli alberi. Il rumore e i fari delle auto li svegliano. Gli uomini si alzano e incominciano a correre in preda al terrore, inseguiti dalle auto.

Esaltati dall’alcol e dalle droghe, i neri ricchi dentro le auto ridono e si eccitano a vicenda. Uno imbraccia un fucile da caccia grossa, si sporge dal finestrino e incomincia a sparare agli uomini in fuga. Alcuni cadono a terra, colpiti, altri vengono investiti dalle auto.

Uno di loro, quindicenne, Angelo che aveva assistito allo stupro fatto da Marco, riesce a rifugiarsi in un cespuglio e, nascosto, assiste impotente alla carneficina.

I neri autori della strage escono dalle auto, contano i cadaveri a terra, litigano tra di loro per stabilire chi ne ha uccisi di più e a chi spetta la vittoria nella spietata caccia all’uomo.

Sfuggito al massacro, il giorno dopo Angelo dal suo nascondiglio spia due poliziotti neri in divisa che frugano nelle tasche delle vittime del “safari”, allineate sul marciapiede. Intascano i pochi soldi dei morti, non trovano documenti.

<<Hai preso qualcosa?>>

<<Niente. Pochi spiccioli. Sono dei miserabili…>>.

<<Documenti?>>.

<<Neanche quelli…>>.

<<Tutti clandestini, eh? Meglio così. Nessuno saprà nulla di questa roba…>>.

<<E soprattutto nessuno verrà a reclamare i corpi>>.

<<Tanta fatica risparmiata per noi… Niente inutili verbali da compilare>>.

<<Ho telefonato alla nettezza urbana. Ci penseranno gli spazzini a dar loro onorata sepoltura in qualche discarica!>>.

<<Eccoli che arrivano, puntuali>>.

Dal fondo del viale arriva un camion della nettezza urbana, accosta di fianco al marciapiede. Ne scendono due spazzini. Anche loro frugano nelle tasche dei morti, senza trovare niente. Delusi, si rivolgono ai poliziotti.

<<Mi sa che non ci siamo solo noi a fare pulizia, qui…>>.

In risposta i poliziotti sorridono ironici. Gli spazzini caricano i cadaveri sul camion. Quando il carico è terminato ripartono, scortati dall’auto della polizia.

Il sopravvissuto Angelo esce dal cespuglio dove si era nascosto.

6

Volto spaventato di Marion, una ragazza africana visibilmente minorenne. Ferma sul pianerottolo di una casa nel centro storico di Genova. Indossa jeans, maglietta e sandali. Marco, ora sulla sessantina, vestito in maniera anonima, capelli corti, sguardo cupo, trascina Marion dentro casa.

<<Non voglio che i vicini ti vedano>>.

Lei fa resistenza, ma l’uomo ha la meglio. Marion tenta di nuovo la fuga. Marco la riprende e le dà una sberla. Marion scossa parla con accento africano.

<<Perché sono qui?>>.

<<Mi pareva di averti detto che non devi fare domande. Preferivi vivere al centro di accoglienza? Qui starai meglio>>.

<<La mia roba è rimasta tutta là…>>.

<<Sai che guardaroba ti sei persa! Domani ti comprerò qualcosa>>.

Si avvicina a Marion che si ritrae spaventata.

<<Cos’hai? Ti faccio paura?… Hai un seno piccolo, ammesso che si possa parlare di seno… Fianchi stretti… Sei ancora minorenne. Hai tempo per diventare una donna vera>>.

Marco esce dal salotto.

Il giorno dopo è in un grande magazzino, nel settore abbigliamento femminile. Sta scegliendo vestiti e biancherie intime giovanili. Vede un manichino che indossa un completo provocante.

Attratto dall’intimo, si rivolge alla commessa mentre la sua mano accarezza il modello. Toglie il reggiseno. Lo soprappone a confronto con la ragazza.

<<Tu che misura porti? Ce l’hai anche più piccolo?>>.

Marion ha i capelli raccolti in una bandana. Pulisce il salotto. In ginocchio lava il pavimento, poi si alza e tenta di aprire la porta di casa, ma è chiusa a chiave.

Delusa, torna a lavare per terra.

La Via Garibaldi di Genova è affollata. Marco con le buste della spesa cammina in mezzo ai passanti.

Marion si toglie la bandana e gira per casa per capire dove è prigioniera.

In camera da letto vede una foto incorniciata appoggiata sul comodino, la prende in mano. Il ritratto è quello di un bambino che gioca con un agnellino, sorridente, vestito da prima comunione.

Marion sente il rumore della serratura che viene aperta. La ragazza si spaventa, lascia cadere sul letto la foto incorniciata ed esce di corsa dalla stanza.

Marco rientra a casa carico di pacchi e pacchetti. Davanti alla sua porta, mentre sta per aprirla, passa un’anziana vicina di casa che si ferma e lo saluta.

<<Buonasera, sciù Marco>>.

La donna cerca di vedere chi c’è dietro la porta, ma Marco non le risponde e richiude in fretta l’ingresso. Squadra l’anziana con aria minacciosa. La vicina scende le scale infastidita e si allontana.

Marco riapre la porta ed entra.

Marion è sulla soglia della porta. Marco la sgrida. <<Ti avevo detto di non farti vedere!>>.

Marion rimane interdetta. Marco infastidito raggiunge il divano, tira fuori il completino intimo, lo intasca, butta i pacchi sul divano.

<<E’ tutta roba per te…>>.

Marion apre le buste e tira fuori magliette, pantaloni, scarpe.

<<Prova se ti vanno bene…>>.

Marion accenna a spogliarsi, poi guarda Marco.

<<Non ti preoccupare per la salvaguardia del tuo prezioso pudore. Vado di là>>.

Marco esce dal salotto. Marion si spoglia e prova gli abiti. Si specchia, sorride felice.

Marco la spia dalla camera da letto. Anche lui sorride, intenerito dalla gioia della ragazzina. Quando Marion sta per indossare la maglietta, Marco rientra nel salotto.

<<Allora che ne dici? Ti piacciono i miei acquisti?>>.

Marion non risponde e abbraccia Marco.

7

Altre buste di altre boutique. Gli acquisti di Carlo, sistemato alla scrivania suo studio.

Di fronte a lui è seduto Paolo, un amico, capo di una cooperativa che si occupa di accoglienza ai migranti.

Paolo indica le buste. <<Che ti sei comprato?>>.

Carlo si alza e ne apre una. Tira fuori un trench beige e lo indossa.

<<Non hai idea di quanto l’abbia cercato… E’ lo stesso modello indossato da Humphrey Bogart nel Falcone maltese

<<Cosa?>>.

<<Ma certo! Il falcone maltese, il detective Sam Spade…>>.

<<Allora è per quel film che hai battezzato la tua agenzia Il falcone genovese…>>.

<<Certo! Un omaggio a Bogart. Ero indeciso se chiamarlo Il grande sonno in omaggio all’altro film, quello con protagonista l’altra mia passione: Philip Marlowe, di Raymond Chandler, ma mi pareva un nome poco promettente per uno studio di investigazioni. E guarda questo!>>.

Carlo apre un’altra busta e tira fuori un cappello di feltro che indossa e poi si siede di nuovo alla scrivania.

<<Un autentico Borsalino!…>>.

<<Comunque non assomigli a Bogart>> commenta Paolo.

<<Lasciami illudere… Del resto Philip Marlowe l’hanno interpretato anche altri attori oltre a Bogart…>>.

Si alza dalla scrivania e fruga in libreria tra i dvd. Ne prende uno, che porge all’amico.

<<Per esempio Robert Montgomery, anche regista di Una donna nel lago del 1947. Un film particolare, girato per la prima volta tutto in soggettiva…>>.

Si siede nuovamente alla scrivania.

<<In soggettiva?…>> chiede Paolo.

<<In soggettiva! E’ quando la macchina da presa coincide con lo sguardo di un personaggio, Marlowe in quel caso. Lo spettatore vede solo quel che vede lui e lui si vede solo quando è riflesso da uno specchio o da una vetrina.

Il film non ebbe un gran successo: troppo faticoso per gli spettatori degli anni Quaranta immedesimarsi in un personaggio che si scorge solo in uno specchio.

Ma dimmi, come ti posso essere utile?>>.

<<Sai che ho una cooperativa che gestisce un centro di accoglienza per migranti. Da giorni è sparita una ragazzina senza parenti. I minori non accompagnati sono quelli più a rischio di finire nelle mani della malavita…>>.

<<Già, vittime dei pedofili, di adozioni clandestine, mandati a elemosinare…>>.

<<Ne sono spariti ventottomila in un anno…>>.

<<Ti sei rivolto ai carabinieri o alla polizia?>>.

<<Sì, certo, ma senza esito, finora>>.

<<Mi hai portato una foto della ragazza?…>>.

<<Ti ho portato una foto di gruppo. Lei è questa>>.

La indica.

<<Va bene. La faccio ingrandire>>.

<<Devi trovarla. Per favore…>.

La foto ritrae Marion.

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