Al Teatro Strehler di Milano, dal 20 al 22 aprile 2022
La divina Alessandra Ferri celebra i suoi quarant’anni di carriera interpretando Winnie, la ballerina non più giovanissima immaginata dall’altrettanto divino coreografo Maurice Béjart nel 1998.
La versione sulle punte di Happy Days di Samuel Beckett, dramma in due atti del 1961. L’autore irlandese, come suo solito, prende il normale dramma di conversazione per svuotarlo da tutte le sue componenti significative, fino a renderlo pallido specchio della misera condizione umana. Winnie, il personaggio principale, è una donna sulla cinquantina, non particolarmente avvenente; nel primo atto è sepolta nella sabbia fino alla vita; ha vicino a sé una borsa piena di oggetti: un pettine, uno spazzolino da denti, un dentifricio, un rossetto, una lima per le unghie ed un organetto; inoltre ha anche un ombrello ed una pistola. Il suono di un campanello fuori scena scandisce le ore di veglia da quelle del sonno. Per assurdo, Winnie è felice della sua limitata esistenza: nonostante quanto possa capitare, dice, senza ombra di dubbio che quello sarà sicuramente un altro giorno felice. Suo marito Willie, un uomo sulla sessantina dal cranio sfondato e vuoto, vive in una cavità del cumulo di sabbia alle spalle della moglie, quasi fuori dal suo campo visivo per l’impossibilità di movimento di lei. Può ancora muoversi, anche se l’unico modo per farlo che ha è quello di strisciare;. durante il primo atto esce dal suo buco solo per leggere il giornale; nonostante il chiacchiericcio continuo di Winnie e le sue continue richieste, Willie risponde a monosillabi leggendo piccole citazioni dal giornale. Nel secondo atto Winnie è invece sepolta fino al collo: può parlare, ma nulla di più. È sorprendentemente ottimista durante tutto il dramma, solo pochi accenni alla monotonia e al fatto che suo marito viva alle sue spalle fanno presagire una sottile amarezza della sua condizione. L’opera si conclude con Willie che striscia fino a Winnie vestito di tutto punto, mentre lei lo osserva amorevolmente cantando un motivetto ascoltato dall’organetto nel corso del primo atto.
Nella versione di Béjart Winnie vive il ricordo dei giorni felici: il cumulo di sabbia che la sommerge è una montagna di vecchie, bellissime, scarpette da punta. Praticamente un assolo da 70 minuti, perché la parte di Willie, interpretato qui dal Thomas Whitehead, danzatore in forza al Royal Ballet di Londra, è molto limitata. Un’altra grande donna da interpretare per l’étoile milanese, su musica a montaggio di Webern, Mahler e Mozart. Scrive lei stessa: Nel 2021 sono quarant’anni da quando sono entrata al Royal Ballet a Londra iniziando così il mio viaggio artistico. Per celebrare e festeggiare con il pubblico questo traguardo, cercavo un ruolo significativo, mai interpretato, giusto ed emozionante per l’artista che sono ora. Riordinando il mio archivio ho trovato una pagina che parlava di un lavoro di Maurice Béjart basato su uno straordinario testo di Samuel Beckett: “Giorni Felici”. Un caso? Mi piace pensare piuttosto ad un segno, una concatenazione di date, anniversari, emozioni: ho scoperto che nel 2021 saranno sessant’anni da quando Beckett scrisse il famoso play. Il ruolo della protagonista, immaginato da Béjart nel 1998 per Carla Fracci, è assolutamente fantastico, la sua Winnie è una ballerina âgée che, nella sua malinconica solitudine, vive nei gioiosi ricordi dei suoi giorni felici. Il suo Willie, all’epoca interpretato da Micha Van Hoecke, è un suo ex-partner e la famosa collina di sabbia che la sommerge è una montagna di vecchie scarpette da punta. Dopo la creazione a Torino il balletto è stato rappresentato raramente, proprio perché ha bisogno di due interpreti che sappiano essere, come erano Carla e Micha, ballerini/attori con un lungo vissuto artistico. Non ho avuto dubbi, ho sentito che era quello il ruolo che cercavo. Per me un altro personaggio femminile, come sono state Virginia Woolf, Eleonora Duse e la Léa di Chéri, donne straordinarie che appartengono a questo secondo capitolo della mia vita.
L’inaspettata novità è che ci sono anche delle parti recitate: la Ferri è sempre stata considerata l’attrice per le sue doti interpretative straordinarie, specie in rapporto all’ex collega e quasi coetanea Sylvie Guillem, definita la modella. Ma mai l’avevamo sentita recitare, e poi per parecchie battute. Basta vederla anche solo seduta, ferma ed immobile, e si è già conquistati. Il carisma di questa artista è qualcosa di incredibile: potrebbe camminare per il palco, in pigiama e ciabatte, e non riusciremmo lo stesso a toglierle gli occhi di dosso. Se poi aggiungiamo che a 59 anni a livello tecnico non mostra assolutamente alcun cedimento, anzi… Molte ventenni non ci si avvicinano nemmeno lontanamente. Vorremmo chiederle qual è il suo segreto! L’étoile rimane sempre e comunque la numero uno: nessuno come lei, e purtroppo al momento non vediamo una sua degna erede. Dopo aver lasciato le scene nel 2007, nel 2013 ci ha fatto il grandissimo regalo di ritornare, tornando così ad incantare il mondo. Sei anni passati come se nulla fosse successo: una delle più grandi di sempre, dove non c’è solo una tecnica incredibile ma un’interpretazione da vera attrice. Da vedere e rivedere, tutte le volte possibili.
Chiara Pedretti