UNA NUOVA RICOSTRUZIONE TEATRALE D’UN CELEBRE GIALLO LETTERARIO DA PARTE DI L. DI MAJO. LA DISCUSSA CONDANNA PENALE PER PARRICIDIO DI DIMITRI KARAMAZOV PERSONAGGIO SIMBOLO

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Non si sono ancora spente le polemiche velenose ed infuocate per la sentenza assolutoria in prima grado di fronte alla Corte  d’Assise di Cassino dei Mottola processati per la sospetta uccisione di Serena Mollicone all’interno della Caserma dei Carabinieri di Arce per voler denunciare il figlio del Maresciallo per spaccio di droga, a proposito del quale la Procura credeva d’aver raccolto le prove della colpevolezza per omicidio volontario e soppressione di cadavere tanto da chiedere la condanna di tutti gli imputati fino ad un massimo di 24 anni. La Corte invece non ha condiviso tale impostazione e senza le prove indiscutibili dei reati ascritti ha mandato tutti assolti, al punto che la gente voleva farsi giustizia sommaria da sola linciando i Mottola contro i quali la Repubblica ciociara ricorrerà in appello. La sete di giustizia del popolo è stata scossa anche dalla bocciatura da parte della Cassazione del ricorso della Procura di Roma contro la sospensione del processo contro i 4 ufficiali dei Servizi Segreti egiziani per la soppressione di Giulio Reggeni non essendosi potuto comunicare l’avviso di garanzia agli inquisiti del sistema dittatoriale egiziano. I genitori hanno parlato di “ seconda morte” del figlio, ma non sempre si può avere quello che si desidera come nel caso dei  familiari ed amici del povero giovane Willy Montero ammazzato apparentemente a Colleferro dai fratelli Bianchi, che saranno innocenti fino alla sentenza di terzo grado come avvenne per il famoso delitto di Perugia che concluse il suo “iter” con l’assoluzione piena dei fidanzati, condannati in Appello, che poi si lasciarono. Consapevole dell’indiscutibile clamore che tali processi riscuotono per tenere sospeso il fiato dell’opinione pubblica, dividendola in due fazioni, il giurista e regista Luigi Di Majo ha portato in scena un ennesimo giallo, desunto stavolta non dalle vicende storiche e quotidiane come fatto in precedenza, tra cui la  teatralizzazione del noti processi Bebawi degli anni sessanta o Ghiani e Fenaroli, bensì dal colossale capolavoro di Fedor M. Dostoevskij “ I fratelli Karamazov” in cui analizza le lacerazioni interne di codesta famiglia aristocratica, divisa da violenze, maltrattamenti, incomprensioni piene di litigi e rancori tra il vecchio padre ed il secondogenito Dimitri, che detestava il genitore per la rivalità in amore per la stupenda ed affascinante giovane Geruska e per avergli negato i soldi eredità della madre morta precocem ente. Assistiamo a stringenti interrogatori, strenue e secche , antitetiche, testimonianze, che mettono in risalto il carattere instabile e volubile, umorale, dell’ imputato che con un’autentica estroversa ed appassionata autodifesa cerca di negare d’aver ucciso con il corpo contundente del pestello l’anziano padre ed aver ferito la vecchia domestica ed istitutrice Vartava che voleva fermarlo. Questo scavo dei personaggi non è altro lo sviluppo maggiore del primo romanzo “Delitto e Castigo” in cui il giovane inetto e reietto dalla società Raskolnikov aveva tolto di mezzo la vecchia usuraia per concedersi  un’esistenza più soddisfacente, che lo sollevasse dal suo nulla tanto che l’autore lo definiva una “Pulce”. In fondo è un campionario delle varie figure tipiche del bestiario umano, al punto che lo stesso Dostoevskij aveva avuto un vincolo conflittuale con il padre, che poi aveva rispecchiato nei suoi protagonisti, ricavandone ugualmente una laica e civile bellezza lirica impregnata di palpitanti emozioni e sensuali pulsioni. La vecchia fidanzata di Dimitri Katya aveva prestato 3.000 rubli a Dimitri per sostenere Geruska che veniva da una  cellula primaria povera che l’aveva abbandonata per strada e si serviva del doppio amore con i Karamazov per essere mantenuta dal genitore, togliersi ogni sfizio e desiderio dandosi alla bella vita con un grazioso vestito bianco e relativo cappello nero, mentre il ragazzo le permetteva le gioie della seduzione sentendosi attraente e corteggiata con sospiri desiderosi. Domandando a Katya per quale motivo avesse prestato i soldi a Dimitri per girarli alla nuova compagna, la vecchia fiamma confessa che era stato prima lui a farle un generoso prestito giacché il padre ufficiale dell’Esercito non se la passava  bene. Naturalmente tra le due donne vi sono deprecabili volgari offese dettate dalla profonda gelosia censurate dal Presidente del Tribunale  e la psicanalista che aveva  curato Dimitri ne svela gli ambigui aspetti  della debole personalità con scatti di schizofrenia virulenta, che il fratello maggiore Ivan  che s’appoggia alla terza “gamba” d’un bastone tende, comunque, a scagionare dall’accusa del truce delitto del padre, consegnando al procuratore la busta contenente la somma lasciata dalla madre e che sarebbe l’alibi per affermare che  Dimitri non è l’assassino, diversamente da quanto dichiarava il maggiordomo Smerdjakov deceduto. La Corte Penale non concorda con le tesi  difensive dell’accusato e dei suoi testimoni a discarico per cui, dopo la trepidante ed inquieta, ansiosa, attesa per la dialettica riunione in Camera di Consiglio, lo riconosce colpevole, come era appunto capitato al suo scrittore che per l’uccisione del genitore era stato condannato a morte, con pena poi commutata nei lavori forzati in Siberia. Quindi l’opera non sarebbe altro che una sua confessione autobiografica, che ci rimanda al contrasto tra Ettore Schmitz alias Italo Svevo ed il padre che, avendo un’autoritaria anima tedesca, l’aveva rimproverato per la sua inettitudine, tanto che erano stati Joyce e Montale a convincerlo a continuare a scrivere quando i primi insuccessi l’avevano dissuaso e viveva come docente e giornalista nella sua Tergeste o meglio Trieste. L’essere umano in cui letterariamente si configura logicamente, come tutti gli studenti e gli intellettuali a differente livello critico sanno, è Zeno Cosini, diminuitivo  esplicito e speculativo, che ad un certo frangente del  conclamato volume narrativo di stampo psicanalitico odia il padre che l’ha schiaffeggiato per riportarlo alle sue responsabilità, salvo poi pentirsi amaramente nel fatale momento del suo trapasso. I prossimi appuntamenti della settimana sono giovedì 21 “Le Dive dello Swing” con le Ladyvette, venerdì 22 il satirico “Vai a rubare a San Nicola! ” di e con Anna Piscopo, sabato 23 ci sarà l’ironico ritratto di “Manca solo Mozart” di e con Marco Simeoli, mentre domenica terrà banco la “Performance” di Maria Letizia Gorga con il concerto dedicato a Mercedes Sosa  su testo di Pino Ammendola e musiche di Stefano De Meo al pianoforte e Pino Iodice alla chitarra. Un calendario che si presenta davvero interessante per la prosecuzione della rassegna “I Solisti del Teatro” curata da Carmen Pignataro nella fresca verzura botanica dei Giardini della Filarmonica.

Giancarlo Lungarini

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