FESTA DI VENEZIA: NON TUTTO È CONCORSO

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Nonostante il record di 23 film in concorso ufficiale, il 79°. Festival di Venezia che apre il 31 agosto e chiude il 10 settembre con la cerimonia di premiazione da parte di una giuria presieduta dall’attrice americana Julianne Moore, ci sono molti altri film importanti nelle diverse sezioni. Vale la pena ricordare coloro che, senza entrare in concorrenza, cattureranno l’attenzione della critica e del pubblico. Qui si parla di leggendari nomi del cinema come Oliver Stone con il suo controverso documentario “Nuclear”, Paul Schrader con il poliziesco “Master Gardener”. Walter Hill con il suo nuovo western “Dead for Dollar”. Ma anche di personalità di spicco del cinema europeo come Paolo Virzí e la sua profetica “Siccità”, un film poliedrico con i migliori attori cinematografici del nostro paese. Gianfranco Rosi con il documentario sui viaggi di Papa Francesco, “Il viaggio”, e i danesi Lars von Trier e Nicolas Winding Refn rispettivamente con le loro nuove serie TV “Riget: Exodus” (Il regno: Exodus) e “Copenhagen Cowboy”. Grande attesa  sarà “The kyiv Trial” di Serguiei Loznitsa, ovvero il processo dei responsabili dell’olocausto ebraico in Ucraina, “Freedom on Fire” documentario in corso sulla guerra in Ucraina di Evguieni Fineievsky e   “A compassionate Spy” di Steve James sullo scienziato che ha passato i piani per la bomba atomica all’Unione Sovietica. Nella sezione ufficiale più sperimentale Orizzonti, con propria giuria spicca il film spagnolo “En los margines”, esordio alla regia dell’attore argentino ma spagnolo a tutti gli effetti Juan Diego Botto con Penélope Cruz, che è anche la produttrice del film, di cui struttura poliedrica coincide con quella del “Trenque Lauquen” argentino di Laura Citarelli. Dall’America Latina arriva anche la cilena “Blanquita”. Fernando Guzzoni e le “Scarpe Rosse” messicane di Carlos Eichelmann, oltre al cortometraggio dell’argentina Lucrecia Martel “Floor Chambermaid”. Suscita grande curiosità “Living” del sudafricano Oliver Hermanus, remake del famoso film di Akira Kurosawa, “Living” del 1952, una triste storia di un burocrate che, malato di cancro, cerca un senso nella propria vita, ambientato nel Regno Unito degli anni ’50 dal Premio Nobel per la Letteratura 2017 Kazuo Ishiguro. Lo stesso del film lasciato incompiuto dal regista sudcoreano Kim Ki-duk, morto l’11 dicembre 2020 per Covid all’età di 59 anni, “Kone taevasi” (Chiama oggi) e quello sarà il tributo postumo della festa di Venezia al cineasta che ha vinto il Leone d’Oro nel 2012 per “Pieta” e il Leone d’argento come miglior regista per “Bin-jip” nel 2004.
Antonio Maria Castaldo

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