Domenico Levrè e l’amore per la danza

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Il balletto deriva da una forma musicale che accompagnava una tipica danza di corte a Parigi nella metà del Cinquecento. A quell’epoca, una felice combinazione pose le basi del balletto classico.
Artisti italiani a capo di compagnie di girovaghi, che si spostavano da una città all’altra con vari spettacoli, (fatti di canti, danze, musiche, acrobazie) che raccontavano storie popolari di grande successo, furono invitati ad esibirsi alla corte di Francia.
Nel giro di due secoli, il balletto si aprì a un pubblico sempre più vasto, uscendo dalla ristretta cerchia delle corti.
Durante i loro viaggi per l’Europa questi artisti conobbero le danze folkloristiche dei vari Paesi. Introdussero così nelle loro danze elementi, atteggiamenti, passi e stili delle diverse danze popolari.

Il balletto perciò è una tipica espressione di arte europea: formatosi alla corte francese all’epoca di Luigi XIV, il Re Sole, per iniziativa di maestri italiani, si arricchisce poi grazie all’influsso di grandi maestri e artisti russi.

A metà dell’Ottocento si aggiunge ancora un elemento alla storia: “la punta”. Inventata ancora una volta da un’italiana, Maria Taglioni, la scarpetta che permette di stare sulla punta dei piedi, inizialmente fu usata pochissimo, poi perfezionata nella forma, diventò la norma per tutte le ballerine.

Il balletto oggi cerca di unificare sempre di più le conoscenze, gli stili, le diverse tendenze e mode, per cercare di essere più attuale e moderno.
Così “fare” balletto è molto più complesso: occorre la tecnica classica, ma anche la libertà espressiva della danza moderna; occorre lasciarsi ispirare da tutte le forme teatrali d’avanguardia senza mai perdere l’identità; la sua arte resta un linguaggio che deve fare vibrare il cuore dello spettatore.

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Ilaria Solazzo intervista Domenico Levrè

Domenico Levré, ex allievo della Besobrasova, oggi répétiteur al Béjart Ballet Lausanne, è il mio Super ospite di oggi.

ILARIA – Danza, una parola magica per te?
DOMENICO – La danza è tutta la mia vita. Essa, per alcuni, non è altro che un flusso di gesti che cercano di esprimere qualcosa. La danza è una disciplina molto varia che fa appello a diversi movimenti ed emozioni. Viene valorizzata da istituzioni come la Scala di Milano, il Teatro dell’Opera di Roma o il Teatro San Carlo di Napoli.

ILARIA – Parlando di danza viene spontaneo ricordare Carla Fracci. Cosa puoi dirci di lei?
DOMENICO – Ho avuto il privilegio di conoscerla a Roma. Dopo un mio spettacolo, “Le 7 danze greche”, venne in camerino con Renato Zero a farmi i complimenti. Era una donna unica. La storia di Carla Fracci racconta l’importanza della vita di teatro come creazione di intelligenza collettiva. Ci sono studi di neurologia che spiegano come all’interno di uno spettacolo prenda forma un’intelligenza collettiva che parte dall’espressione emozionale degli attori e arriva a sincronizzarsi con i sentimenti della platea. Questa creazione scenica sincrona con Carla Fracci era sorprendente perché lei sapeva tirare fuori un’espressività rara. La storia della nostra ballerina più famosa, anche da export, racconta qualcosa del tempo in cui siamo immersi come esseri umani, un richiamo ancestrale che resta immutato nel tempo.

Balletto “La strada della seta” con la moglie Sylvie Demandols

ILARIA – Anche tu, come lei, hai origini umili, la fatica dell’esercizio quotidiano, i grandi incontri…
DOMENICO – Verissimo. Anche lei proveniva da genitori semplici. Anche lei ha vinto una borsa di studio che le ha concesso di diventare poi la Grande Fracci. La sua serietà applicata all’arte l’ha portata ad essere perfezionista, dura con se stessa e con gli altri, totalmente capace di abbandono nel momento dello spettacolo grazie ad un estro attoriale da grande interprete mondiale. Quella di Carla Fracci è una storia esemplare di come nessun traguardo sia precluso quando ci sono il talento, l’impegno e l’unità di intenti.

ILARIA – Si può amare la danza senza riuscire a raggiungere i massimi livelli?
DOMENICO – Raggiungere i massimi livelli nella danza è un sogno che unisce tutti, principianti e professionisti. Ad ogni modo vi sono altri modi per esprimere l’amore per la danza, diventando insegnante, per esempio!

ILARIA – Nell’immaginario comune, professionista affermato significa felicità. Ma forse all’inizio non è così facile…
DOMENICO – Sono nato da una famiglia umile, a cui devo molto. Quando ero bambino ricordo che mio fratello maggiore un giorno portò a casa un inserto pubblicitario inerente una scuola di danza, chiese a mia madre di potersi iscrivere per studiare danza, mia madre lo seccò con un NO. Non ho mai capito come mai scelse, invece, me. Probabilmente essendo io timido pensò che la danza avrebbe potuto aprirmi al mondo… chissà. Avevo sette anni la prima volta che i miei piedi iniziarono a muoversi danzando, anche se lo studio della danza comincia fin da bambini, con corsi di propedeutica a partire dai 5 anni. La mia prima insegnante fu Antonella Di Lecce. In quegli anni le suore le concessero uno spazio per poter aprire la sua scuola nella città di Brindisi. Una di quelle suore, Suor Silvana, non è più tra noi. Ho studiato con impegno e tanta gioia fino ai miei 11 anni, 11 è un numero che ha rappresentato il mio dover crescere in fretta. Rimasi orfano di mio padre che ero ancora un bambino. Mia madre si ritrovò a doverci fare anche da papà. Le difficoltà in famiglia furono notevoli. Ricordo che fu costretta a dire alla Maestra Antonella che io non avrei potuto più continuare a frequentare poiché economicamente non vi erano le condizioni necessarie. La mia vita avrebbe potuto bloccarsi lì, ma in modo provvidenziale da lassù un Angelo guidò il mio destino. Antonella Di Lecce mi offrì una borsa di studio, ebbi l’occasione di studiare in Tersicore fino ai miei 16 anni. A 16 anni fui scelto da Marika Brezobrazova per studiare con lei all’estero. Dovetti dire a Marika che non potevo per motivi economici, ma ancora una volta il mio Angelo mi spalancò le porte per farmi proseguire nella danza. Marika mi offrì una borsa di studio che mi permise di ballare a lungo.

Strada della seta

ILARIA – Quindi è come se fossi nato tre volte…
DOMENICO – Hai detto bene. La prima volta grazie a mia madre, poi grazie ad Antonella Di Lecce ed infine grazie a Marika Brezobrazova le mie tre mamme. A loro devo tutto.

ILARIA – Parlami di tua madre.
DOMENICO – Mia mamma è un cofanetto, perché lei custodisce tutti i miei preziosi segreti. Graycie Harmon ha detto: “Mia madre è come una canzone senza fine nel mio cuore di conforto, felicità ed essere. A volte posso dimenticare le parole ma ricordo sempre la melodia”… sono d’accordo. Lei è sempre stata con me, ogni momento della mia vita lo abbiamo condiviso e vissuto con forza, coraggio e determinazione.

ILARIA – Un tuo pensiero su Antonella Di Lecce.
DOMENICO – Mi sono sempre reso conto che alla mia Maestra devo davvero tantissimo. La ringrazio per l’amore e la professionalità che mi ha regalato nel corso dei miei anni di studio con lei, la ringrazio per avermi accolto come un figlio nella sua famiglia, la ringrazio per avermi cresciuto con valori fondamentali quali il rispetto, la comprensione per le situazioni altrui e l’umiltà. Nella vita si vince solo se si ha la sana logica della semplicità. Il mio amore per l’insegnamento credo nasca da lì, dall’idea che la danza possa essere un posto felice in cui ogni diversità è rispettata, e questo, ai tempi in cui ancora non si sentiva parlare di “inclusione”, lei ce lo aveva ben chiaro. Se potessi fare un augurio ai bambini che oggi si affacciano al mondo della danza sarebbe proprio questo: “Vi auguro di incontrare sulla strada insegnanti da ricordare con amore fra trent’anni”. Antonella era ed è un pilastro della mia formazione artistica. A Brindisi è stata la prima che ha permesso a tanti come me, di scoprire il mondo della danza.

Domenico Levrè e Antonella Di Lecce

ILARIA – E su Marika Besobrasova…
DOMENICO – La ringrazio di tutto, per tutto ciò che ha sempre fatto per me, per tutti i suoi consigli preziosi, per tutto l’aiuto ricevuto e per avermi trasmesso questa grande passione per la Danza. La sua morte ha lasciato un vuoto profondo. Marika è stata una pedagoga della danza, sono onorato di essere stato un suo allievo. Al centro del lavoro di training dei danzatori, Besobrasova mette la ricerca della massima consapevolezza nell’utilizzo del corpo, nelle ragioni dei movimenti e delle posizioni. Per fare questo, nel corso della sua vita ha raccolto metodicamente suggestioni e testimonianze delle maggiori étoiles della danza mondiale: da Rudol’f Nureev, a Erik Bruhn (da cui ha appreso la tecnica di August Bournonville), a Egorova Cecchetti, a Yvette Chauviré e Jean Babilée. Questa ricerca continua, messa a disposizione degli allievi, è integrata nella sua scuola “Casa mia”, con un corso di studi che include basi teoriche come la storia della danza e la storia dell’arte. Il metodo di lavoro di Marika Besobrasova, eclettico, ma rigoroso, ha dimostrato la sua efficacia attraverso il gran numero di discepoli che hanno fatto carriera nei vari campi della danza internazionale. Marika Besobrasova è morta il 25 aprile 2010 in un ospedale di Montecarlo, all’età di 91 anni. Sono già trascorsi dodici anni.

ILARIA – Ti manca l’Italia?
DOMENICO – Tantissimo. Quando posso volo da voi. In Puglia ho la mia mamma e i miei parenti ai quali sono molto legato.

Sacra della primavera

ILARIA – La Puglia ti ha elargito dei riconoscimenti?
DOMENICO – Il premio “Ulivo d’oro” nel 2000. Nessuno è profeta in patria. I detti antichi non sbagliano.

ILARIA – Tra i tanti riconoscimenti internazionali compare anche Montecarlo…
DOMENICO – La sorella del principe Ranieri, la principessa Antoniette, sposata con un celebre ballerino Johnny Gilpin, creò una borsa di studio in onore di suo marito. Io fui il primo ad ottenerla.

Domenico Levrè con la figlia

ILARIA – Per problemi fisici hai smesso di ballare e ti sei dedicato all’insegnamento…
DOMENICO – Non basta voler trasmettere le proprie conoscenze per diventare insegnanti. O meglio, nessuno può rendere l’insegnamento un’attività professionale senza un’adeguata preparazione. Questo vale anche per chi aspira a insegnare danza. Ci sono tre modi per prepararsi a diventare un insegnante di danza: fare degli studi coreutici, riposizionarsi dal punto di vista professionale, dopo una carriera come ballerino professionista oppure seguire un corso di formazione professionale.

Domenico Levrè e Antonella Di Lecce

ILARIA – Oggi va di moda essere giudici nei talent, a te piacerebbe?
DOMENICO – Se Maria De Filippi mi contattasse accetterei, perché il suo programma comprende artisti di alta qualità e professionalità.

7 danze crèche

ILARIA – Nel frattempo, nella vostra compagnia vi è un volto celebre, un ragazzo pugliese che si è fatto amare lo scorso anno in TV nel talent “Amici”…
DOMENICO – Ebbene sì. Il nostro corregionale è qui in compagnia con noi.

Domenico Levrè credit Jennifer Santschy

ILARIA – Progetti futuri?
DOMENICO – Continuare a scoprire talenti e offrire loro opportunità prestigiose.

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