Dal 6 al 23 ottobre 2022 al Teatro Manzoni di Roma
Siamo entrati in una fase sociale assai delicata per il caro bollette della luce e del gas con parecchi esercizi commerciali che pensano di chiudere non riuscendo a reggere il forte rincaro economico, ma pure in quanto la donna sembra prendere il sopravvento nell’organizzazione civile rispetto all’uomo con il conseguimento delle pari opportunità e talora il comando dei vertici statali. Alle presidentesse dei Paesi del Nord Europa e della Commissione Europea, la bella e dolce Ursula Von Der Leyen, adesso pare aggiungersi per la prima volta in Italia la Presidenza del Consiglio alla scaltra Giorgia Meloni, che ha già provocato un contrasto verbale con la Francia, nonché il Premio Nobel per la Letteratura alla Ernaux per gli argomenti della memoria volontaria e del gentil sesso. Tutto questo senza voler ricordare la lotta delle donne iraniane contro il regime che le tiene con il velo in condizioni d’inferiorità e che ricorre il decennale dell’assassinio della giornalista Anna Politoskaja da parte del potere politico di Putin, che ha chiuso anche il giornale “Memorial” che è stato uno dei tre vincitori del Premio per la Pace, insieme al dissidente bielorusso ed all’associazione ucraina dei diritti umani. Ci pare dunque naturale che il teatro Manzoni di Roma abbia voluto iniziare la stagione con il lavoro di Marina Pizzi intitolato “Quasi Amiche” in cui si trattano diverse tematiche : la vedovanza con la colf e badante, il rapporto tra nonna e nipote, madre all’estero con i figli lontani, il discredito delle classi sociali più basse senza giustificato motivo, le dipendenze mentali da falsi “paradisi artificiali”, i difficili legami tra condomini e la lenta ripresa morale dei sentimenti nei giovani grazie alla saggezza dei nonni. Olga è un’anziana signora distratta, smarrita nei suoi pregiudizi, mentalmente smemorata che semina i soldi dovunque nella casa senza rammentare i posti ed accorgersi che la truffa ed il raggiro da parte di qualcuno regnano sovrani. L’interprete è la vivace e stupenda nella dizione Paola Gassman, con qualche ruga in più segno del tempo che passa, che non sposta mai i mobili della casa avita e datata agli anni sessanta come le celebri canzoni che accompagnano la commedia scandita da intensi momenti dialettici con Maria la sua assistente polacca, che le prepara da mangiare e con cui si confida. Lei nei giorni in cui ha il pomeriggio libero va a ballare con Ettore che ha conosciuto al centro anziani e che controlla come “vedetta” per un possibile futuro matrimonio, mentre Olga scioccata dalla morte del marito Augusto è più guardinga, timorosa e casalinga avendo come unico affetto il gioiello dell’anello che l’è rimasto come simbolo dell’amore coniugale, che il brillante al dito testimonia. Ogni tanto s’intrufola nella casa con invadenza esagerata la condomina Ines che non ha sviluppato il processo mentale evolutivo ed è succube del gatto Nerone, che spesso fugge dall’appartamento dove lei cambia sovente la dislocazione della mobilia ed ha messo il parquet, pur perdendosi in ingenue ed infantili riflessioni od incomprensioni logiche. Nella magione di Olga tuttavia s’aggira loscamente pure il nipote Michele che. patito del gioco d’azzardo ed innamorato d’una ragazza inglese di nome July, le ruba i soldi nella zuppiera per pagare i debiti contratti con il perfido vizio. L’autrice denuncia il fatto che talora noi non riusciamo a ragionare limpidamente, non sappiamo intuire e vedere ciò che è lapalissiano e siamo portati ad accusare altri solo per dei nostri futili ed immotivati sospetti : così Olga prima se la prende con l’operaio bulgaro Ivan che ha fatto, con tanto di polvere, come di prammatica in questi casi, i lavori di restauro nella dimora della vecchia signora e poi pone sotto processo la povera badante dell’Est che intanto è afflitta dal voler la figlia Cristina in Polonia vendere la casa materna per tirare avanti, anche lei non avendo un lavoro fisso. La brava, onesta e sincera inserviente è resa con stile ineccepibile da Mirella Mazzeranghi, che sarà colei che smuoverà a compassione della nonna il nipote dicendogli che il suo furto del bene più prezioso per lei l’ ha prostrata e gettata in una profonda depressione, al punto che ella cedendo alla paranoica isteria aveva denunciato ai Carabinieri la povera amorevole coabitante, con cui Olga dovrà ipocritamente inventarsi mille scuse per coprire la sua diffamazione. Intanto Maria, pur sembrando accettare la sua artificiosa ricostruzione, andrà in patria per sistemare le proprie faccende private, mentre il ragazzo resipiscente farà l’unica cosa giusta fino a quel frangente: andare a recuperare dal gioielliere l’anello che aveva venduto per mille Euro. In fondo nei ragazzi se li sai toccare con l’opportune parole un lato buono lo trovi sempre, a meno che siano incalliti nel Male e non abbiano ceduto l’anima al Diavolo per ‘effimero successo visivo nel mondo come le “baby gang” o gli omicidi per futili motivi come quello di Willy Montero. La pace in famiglia si ricomporrà, i genitori di Michele, per le premure della nonna, non sapranno nulla della brutta china che stava prendendo il futuro del figlio ed andranno oltre lo stretto della Manica a conoscere i consuoceri. Olga, invece, ritrovata la pace e la serenità, aperti finalmente gli occhi, si vestirà giovanilmente ,si farà il trucco ed andrà anche lei a balla re al centro anziani per fare conquiste nel nome dello splendore della vita che va vissuta, vincendo, se possiamo, il nostro lancinante dolore. Ines dal canto suo , mediante i continui spostamenti di Nerone, conoscerà il professor Bifacchi e forse la “liason” evolverà in una storia d’amore per “anime gemelle”, sull’esempio del romanzo di Bulgakov “Il Maestro e Margherita”. L’attraente spettacolo dalla sottile vena romantica e pedagogicamente didascalico resterà al Manzoni, con la regia di brillante psicologia della stessa Pizzi, fino al prossimo 23 ottobre quando vi sarà spazio inoltre per la drammaturgia del regista Silvio Giordani “Bellezza Orsini” ovvero la costruzione processuale d’una strega con il processo inquisitorio nel ‘500. Il reprobo malvivente e poi anima rinsavita di Michele è stato reso con i giusti toni da un giovane attore in erba, mentre Ines era la talentuosa e poliedrica teatrante Maria Cristina Gionta.
Giancarlo Lungarini