Al Teatro Franco Parenti, Milano, 8 Maggio 2023
Preceduta dall’introduttiva cornice di un’affabulante Andrée Ruth Shammah, è iniziata la serata-evento Testori con/sonante celebrazione affettuosa e amichevole che ha riunito nella Sala Grande del Teatro Parenti amici e ammiratori del grande di Novate milanese per tributargli, nel centenario della nascita (12 maggio 1923), viva riconoscenza e continuo interesse per la sua opera: non solo di scrittore ma anche di giornalista, poeta, critico d’arte e letterario, drammaturgo, sceneggiatore, regista teatrale e finanche pittore. Giuseppina Carutti ha tessuto su una trama di un geniale “abbecedario”, un ordito di brani che evidenziano le peculiari caratteristiche (di forza o fiacchezza) che le consonanti assumono nell’analogia tra senso e suono. Letteraria quando fisicamente godibile esemplificazione di come le vocali entrino, spesso inavvertitamente, nelle più remote fibre della nostra vita. Nella disposizione scenica di Emanuela Fasoli, impaginazione materiali video e fonica di Rosario Calì e Luca Mazzucco, Testori con/sonante è stata la celebrazione e l’esaltazione della parola, soprattutto grazie a un gruppo di attrici che possono vantare dimestichezza con lavori del drammaturgo – Anna Della Rosa, Federica Fracassi, Anna Nogara, Marina Rocco – cui si è aggiunto il pregnante intervento di Andrea Soffiantini. Sacerdoti e officianti della parola, sviscerata in tutte le magmatiche potenzialità, cui era affidato in adozione un gruppo di “consonati” con il preciso compito di irretire lo spettatore nella loro sfaccettata natura – che può assumere aspetti drammatici – come evidenziato in molti passi della scrittura testoriana. E sbalza subito vivo il Factum est affidato a Soffiantini, monologo in cui si resta attoniti nell’ammirare la capacità dell’attore di rendere tangibile la vitale drammaticità del tentativo di parola (è un feto che sta per nascere), suoni inarticolati nello sforzo di compiersi per venire alla luce; affannosi e reiterati “cr” in spasmodica ricerca di senso, sfociano in alta significanza come“creatura o Cristo” A lacerti di brani testoriani si alternavano altri di autori che, per “consonanza” con il dettato sostenuto, mostravano lo stesso impiego e affinità per il gioco consonantico, in cui senso e suono finiscono per corrispondere. Non poteva mancare Gadda con il suo elogio dei doppioni di forme lessicali (ma anche triploni e quadruploni!) nel dire della bravissima Anna Nogara, tessitrice instancabile di parole, dai mille colori di voce e saporose quanto magiche sospensioni. Suo il Dante delle “rime aspre e chiocce, ma ancor il Porta nell’esilarante “Marchionn di gamb avert”. Evoca Alessandro Manzoni, con l’inizio dei Promessi sposi alla prova, e lo fa riservando un’attenzione e un affetto straordinari per quella “Q” di “quel ramo…” la cui finale è caduta. L’eco di quest’O mancante deve risuonare, come se uno cui manca un braccio, tentasse di sollevare il moncherino che gli resta”. Marina Rocco offre brani della Maria Brasca, ormai suo cavallo di battaglia dopo la bella prova raggiunta sullo stesso palcoscenico di via PierLombardo; lo fa con la vitalità e freschezza incontenibile, traducendo in una piena adesione fisica il linguaggio dello scrittore. Oltre a cantare con intrigante fascino. Federica Fracassi si è slanciata, con Sfaust, nel travolgente tornado delle mulinanti S che il testo le ha messo a disposizione, coronando la prestazione al ritmo di sanguigni e sensuali passi di danza. Anna Della Rosa, in gustosa anteprima, si è misurata con Cleopatràs, mostrando nella luce di una lussureggiante accentuazione consonantica, esasperata e quasi spinta all’urlo, il dissoluto e lascivo personaggio della regina. Disseminati qua e là, a brani di un Testori che si travasa nella pittura e scultura delle cappelle del Sacro monte, e Varallo e Tanzio e Lomazzo, succedono descrizioni più intime, di istanti e momenti nello splendore pittorico di paesaggi sull’Adda. In Exitu lo scrittore ci parla con gli accenti accorati di un giovane drogato che consuma i momenti finali dell’esistenza invocando la madre virando, senza soluzione di continuità, alla mortadella avvelenata dell’Ambleto. Sublime, contemporaneo nostro Testori, uno dei grandi della letteratura italiana del ‘900. Serata salutata da una folata di entusiastica accoglienza per tutti gli attori ma anche per Giuseppina Carutti, obliatasi in fondo al teatro.
gF. Previtali Rosti