L’incoronazione di Poppea a Cremona

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Ultima recita al Ponchielli di Cremona il 23 giugno 2023, prima della tournée autunnale

Il Monteverdi Festival – la più importante e storica rassegna di musica barocca in Italia – è stato insignito della Medaglia del Quirinale in occasione della 40ª edizione: la medaglia di rappresentanza del Capo dello Stato è un riconoscimento a iniziative di alto spessore culturale e scientifico. L’edizione 2023 promette di essere un’occasione per scoprire e riscoprire l’arte del grande compositore cremonese Monteverdi, padre dell’opera lirica, e più in generale la grande ricchezza del repertorio musicale cinque-seicentesco“. L’inaugurazione del Festival è toccata alla nuova produzione de L’incoronazione di Poppea. Sono trascorsi quasi quattrocento anni dalla prima esecuzione, e quest’opera riesce sempre ad appassionare per la trama vivida e avvincente, intessuta di figure sanguigne e a tutto tondo. Per la prima volta nella storia del teatro in musica sono narrati eventi presi dalla storia e non puramente mitologici. Gian Francesco Busenello, scrive un libretto dai forti contenuti etici, tratteggiando con sintetiche pennellate le ambizioni, la sfrenata sensualità priva di regole, ordimenti di delitti su un sottofondo di sorprendente amoralità e resistenza ai vani richiami del filosofo Seneca. Un testo di profonda riflessione per gli inevitabili confronti odierni, che desta indicibile stupore, anche tenendo conto delle idee e costumi della Venezia del ‘600.  Il cast riunito per Incoronazione di Poppea era lodevolmente costituito da cantanti italiani: un ricordo le edizioni delle opere monteverdiane dei primordi, in cui era d’uso far ricorso a voci straniere che mal si confacevano al canto e alla fonazione italiana. Poppea era Roberta Mameli: pregnante strumento vocale usato in modo sagace, timbro dai riflessi ambrati (che suona a volte più scuro di quella di Nerone) che concorre nei duetti a una fascinante fusione con quella del controtenore. Non sempre impeccabile nella coloratura e qualche fissità di suono, mostra sicurezza impeccabile nella dinamica e nell’emissione, sempre ben proiettata, traducendosi in smorzandi e mezze voci, piani e pianissimi che sfaccettano e arricchiscono l’interpretazione. Sensuale e bella in scena in quell’amplissimo e svolazzante simil caftano, lo sfrutta come una seconda voce per avvolgere e irretire lo spasimante imperatore nei lussureggianti duetti. Federico Fiorio, un Nerone di espressiva voce sopranista, squillante e sonora in alto, è sicuro e preciso nella vocalizzazione, creando con il soprano lungo tutto il corso dell’opera momenti di bellezza musicale eterea e sospesa: le voci si fondono perfettamente in un mix di sensualità e fascino che irretisce. La duplicità della carica erotica (che il secolo seguente spazzerà via) è ben esemplificata nelle forti valenze omoerotiche espresse nel conturbante duetto Nerone/Lucano, a render perfettamente l’ambiguità sessuale – e la morale – che contraddistingueva la storia romana del periodo. Ottavia, Josè Maria Lo Monaco, mostra in Disprezzata regina struggenti note dolenti e patetismo di credibile interprete, pur tendendo a spingere gli acuti e allargando i suoni in basso. Non così commovente nell’Addio Roma. L’Ottone di Enrico Torre, controtenore di piacevole timbro e colore, mostra sicurezza di vocalizzazione, fiati lunghi ma carente nei gravi, sempre apprezzabile nelle vesti d’innamorato. Convincente Seneca di Federico Domenico Eraldo Sacchi a rendere, con la ieraticità del timbro, la figura del filosofo; buona voce di basso, morbida e rotonda, è anche intenso interprete: amaro e lucido nel duetto con Nerone, in cui il librettista marca intera la potenza etica della scrittura. Arnalta la si è affidata, in controcorrente alle convenzioni operistiche seicentesche, non a un tenore, ma un contralto, anche se tale è solo sulla carta, Candida Guida.  Voce di scarsa risonanza timbrica e di volume è pur riuscita, quanto mai intrigante, a partir dalle mezze voci che precedono la bellissima aria che le tocca, Oblivion soave, resa avvolgente da seducenti e sognanti accenti. Drusilla era una piacevole e teneramente appassionata Chiara Nicastro. Luigi Morassi prestava bella voce a Lucano/ soldato/famigliare, rimarchevole soprattutto nel sunnominato duetto con Nerone. Liberto/soldato/console un efficace Luca Cervoni. Mercurio/ famigliare/tribuno/littore era Mauro Borgioni dal piacevole timbro scuro e omogeneo. Nutrice/famigliare un gustoso e divertente Danilo Pastore, esilarante nei panni della nutrice. Fortuna aveva voce flebile, e afflitta da un vibrato stretto, di Francesca Boncompagni. Amore/Valletto spettavano a Paola Valentina Molinari voce calda ma un po’ troppo svenevole e agitata vocalmente, oltre che scenicamente. Giorgia Sorichetti puntuale ed efficace quale Virtù/Pallade/Damigella. Precisa, quanto ricca e variegata, la direzione del Maestro Antonio Greco alla guida dell’Orchestra Monteverdi Festival – Cremona Antiqua, che ha optato per il manoscritto veneziano dell’opera, ma inserendo i ritornelli strumentali della copia rinvenuta a Napoli. Ne risulta così un ampliamento dello strumentale, cui si sovrappongono le aggiunte dello stesso direttore, adattando la partitura alle caratteristiche della formazione orchestrale e della sala cremonese. Ottimo concertatore. Nuovo allestimento della Fondazione Amilcare Ponchielli in coproduzione con Opera Lombardia, Teatro Verdi di Pisa e Alighieri di Ravenna: regia, scene, costumi e luci Pier Luigi Pizzi, capace ancora a novantatré primavere e settantaquattro di palcoscenico, di essere un maestro di teatro.  Spettacolo fascinoso nella sua essenzialità d’arredo: due colonne di marmorea aulicità, un triclinio e un alberello rinsecchito, capaci di dar vissuta plasticità alla vicenda, agita con movimenti che sbalzano lo stato d’animo dei personaggi e centrando la fascinazione del bellissimo libretto del Busenello che solo un grandissimo compositore come Monteverdi poteva rendere fruibile in palcoscenico. Fastosi i costumi. Successo calorosissimo, da parte di un pubblico attento che ha festeggiato lungamente tutta la compagnia, il Direttore e, ovviamente, Pier Luigi Pizzi.

gF. Previtali Rosti

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