Scattata la ventinovesima edizione della rassegna “I solisti del teatro”. Le multiformi spigolature femminili di S. Sheppard e i retroscena di sarcastiche nozze

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Puntuale come un congegno ad orologeria ad alto potenziale , è partita pure quest’estate con la metà del mese presente dominato dal solleone e dalla canicola in modo tale che non si ricordava da tempo, in quanto il latrante cane a tre teste Cerbero custode dell’Inferno dantesco ci sta azzannando in maniera da lasciare i segni e provocare vittime in chi cerca un po’ di refrigerio, la 29° edizione della “kermesse “ I Solisti  del Teatro” magistralmente ideata, accuratamente preparata ed efficacemente gestita dall’intraprendente manager Carmen Pignataro, che ha scelto fino al 4 settembre una poliforme  varietà di generi : dal teatro, alla musica, alla danza, alla comicità ed ai monologhi, oltre alle pièce dialogate ed interagite, onorando anche geniali cantanti quale Giorgio Gaber  con “Serata Gaber” e lo scrittore P.P. Pasolini con “ Petrolio e Delitto Pasolini” del magistrato Luigi Di Majo. La prima settimana d’agosto, secondo la prassi, sarà riservato all’orgoglio “Pride” LGBT.Nella seconda metà della prima settimana abbiamo assistito a due interessanti lavori seguiti come sempre da un solerte ed accorto, concentrato ,pubblico desideroso d’approfondire le proprie conoscenze , ma bearsi pure con un po’ di fresco e venticello giungente dal Tevere dopo le ardenti ed afose giornate di questo luglio terribile, che solo alla scadenza dovrebbe raffreddarsi alquanto. Nel primo spettacolo la brava ed intensa Mascia Musy, figlia d’Arte, s’è calata nelle diverse sfaccettature femminili tratte come frammenti dai lavori di Sam Sheppard, assemblati dal romanziere americano da Maria Inversi, che ha così voluto rendere onore all’autore vincitore dei premi Oscar e Pulitzer, attore e sceneggiatore, sposato due volte con la splendida collega Jessica Lange e padre di 5 figli, immaturamente scomparso nel 2017 per la terribile SLA. La passionale ed affascinante Mascia sussurrando frasi d’amore seduttrici, vigorose e sensuali, ma anche ribadendo la sua capacità di badare a se stessa ed essere autosufficiente sentimentalmente senza necessariamente dipendere dagli uomini, muovendosi talora con passi coreografici, sollevandosi le gonne fruscianti e mostrando una parte delle sue gambe, ha impersonato una costellazione di tipologie femminili :introversa, desiderante oniricamente, debole ed al contempo decisa con quell’interlocutore misterioso dal cappello alla cowboy e nascosto, secondo le ombre cinesi, da un telo bianco che era impersonato da Diego Triolo, che aspirava ad essere un “alter ego” del medesimo Sheppard. I testi , che formavano una vera miscellanea contaminata liberamente, hanno suscitato negli spettatori una ricca gamma di pensieri e ponderate riflessioni, calandosi a loro volta nei panni degli amanti che se le bisbigliano agli orecchi dettate dal miocardio, quando poi non subentrano momenti di contrasto e nervosismo, come sottolineava lo psicologo latinista e sommo commediografo Terenzio con la frase “amantium  irae amoris est integratio cordium”, che poi l’indimenticabile ciociaro N. Manfredi avrebbe semplicisticamente tradotto nell’adagio “L’Amore non è bello se non è litigarello” naturalmente poi terminando con la pace sancita da un rinnovato amplesso. Si può dire che con questi scritti Sheppard abbia voluto esprimere  la solitudine ed il bisogno di condivisione della vita da parte di chi ama o sente l’inestinguibile fuoco d’amore che lo divora, ma non riesce a saziare poiché manca l’anima gemella corrispondente ed il finale in crescendo con l’interattivo scambio delle stesse frasi da parte dei due  amanti, che si desiderano senza trovarsi, è l’esplicito postulato di quanto affermavamo sulla base dei concetti espressi dall’autore. La sublime lirica dello scrittore ha colto con intelligente percezione d’animo quei sentimenti vitali e romantici, che fanno leva sulla sua matura esperienza e convinzione di padre e sposo. Difficilmente tuttavia l’Amore è melenso, sdolcinato e zuccheroso, sovente capita che diventi irruento e brusco, nervoso ed intollerante, perdendo quello slancio delicato e la dolcezza gestuale, verbale, che il “poeta novus” Ovidio condensava nel “De Arte Amatoria” alla corte di Augusto. Ecco il motivo per cui l’adattatrice Inversi ha raccolto il tutto sotto il titolo di “Love Savage” ovvero Amore Selvaggio, talvolta dimentico della discrezione dei modi e delle giuste misure. Le musiche di sottofondo al Bajan suonato da Macello Fiorini sono state scelte in base ai singoli personaggi toccati ed all’occasioni contingenti da rievocare. Il secondo lavoro del sabato intitolato “Viva gli sposi” c’ha palesato quello che avviene generalmente, dietro l’apparenza festosa dell’evento dalla celebrazione del matrimonio, al conviviale simposio, che talora diviene esilarante e grottesco per i pettegolezzi ai tavoli degli invitati, la mondanità degli abiti palesata senza ritegno quasi a gara con la sposa ed i cestini che i convitati si riempiono con i resti delle leccornie  e prelibatezze, vedasi nella vecchia Roma quelle di Apicio nel primo secolo dopo Cristo, non riuscendo più a mangiare essendo ormai satolli. Tutto ciò per non soggiungere che spesso il burlesco e l’umoristico, ai limiti dell’ignominia, lo si raggiunge goffamente anche prima del rito allorché lo sposo , avendo già dei sospetti, abbandona la promessa sposa sull’altare o davanti all’Ufficiale di stato Civile, come recentemente avvenuto, per le sue occhiate galeotte con il testimone, rammentando il V Canto dell’Inferno con il libro traditore di Lancillotto e Ginevra per Paolo e Francesca oppure il “ sentimento del contrario” nell’”Umorismo” amaro e tragico per la donna di L. Pirandello nel 1904.Siamo dunque nel testo di Alessandro Di Marco e Lucilla Lupaioli, che dirige pure egregiamente la regia, nella cucina con i tavoli imbanditi da teglie e grandi recipienti coperti con ogni sorta di ben di Dio per  il connubio di Lara e Glauco, che però avranno tutta una serie di difficoltà da superare per tutti gli ostacoli che andranno progressivamente a sommarsi. Il ritmo vorticoso e la salacità sono state le caratteristiche dello spettacolo, non potendosi contare sull’intervento miracoloso di Cristo come alle nozze di Cana quando trasformò l’acqua in vino all’inizio della sua vita pubblica su supplica della madre Maria, “Vergine figlia del tuo figlio” a cui Dante dedica il XXXIII Canto del Paradiso che continua “ chi non ricorre a Lei per ottener Grazia è  come chi vuol volar senza ali “ o con quelle di cera di Icaro figlio dell’architetto presuntuoso Dedalo. La commedia propone la nuova realtà della “Wedding  planner” impensabile fino a pochi anni fa, come anche il fatto che ormai s’arriva al fatidico giorno già “pregne” non rispettando più il costume della consumazione del matrimonio nella prima notte, come osservavano i ostri nonni e spesso pure i genitori più intransigenti, per cui la sposa è incinta ed è afflitta dalla nausea e dal relativo vomito, fortunatamente non arrivando alle doglie ; perciò la curatrice della funzionalità del rito, ben pagata, non sa più che “pesci prendere”, nonostante l’aiuto di due buffi camerieri ed il recente film, andateci ora che quello italiano ed europeo costano solo 3,50 Euro fino al 16 settembre dopo il Festival  del Cinema di Venezia,” Due  matrimoni per volta” ci mostra l’importanza di codesta figura. Degno di gustoso rilievo sarà  altresì quell’inavvertito , stavolta, terzo  personaggio infido che minerà dall’interno la nascente famiglia e spingerà sempre il superlativo analista e psicologo della comunità cittadina agrigentina e nazionale Pirandello a redigere il metaforico e salace romanzo arguto “il gioco delle parti” e poi “L’uomo, la bestia e la virtù”. Malgrado tutto questo can can e le questioni turbative, il ricevimento  procede con  le musiche di facciata, isterie e colpi di scena dovuti ad inattese confessioni, mentre le cibarie succulente sono servite ed i piatti vengono restituiti vuoti, gli abiti e le capigliature si disfanno, concludendosi il convivio in maniera agrodolce. A trionfare, come sempre, con scaltro ed ilare acume sarà Lara che avrà non solo il figlio, bensì pure due uomini ai suoi piedi  e quello ufficiale, come di prassi, sarà simbolicamente più alto della sua statura normale. Si riprenderà lunedì con Paola Pitagora che interpreterà “Ho amato tutto” con la regia della figlia Evita Ciri dal testo  di M. Gambini e P. Menesini Brunelli, seguito da ”Dodi’s Life” martedì ed il detto Pasolini giovedì, con  inizio sempre alle 21,30 in via Flaminia davanti al Ministero della Merina.

Giancarlo Lungarini

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