In Scala torna il Lago di Nureyev

Data:

 

Teatro alla Scala, fino al 27 Settembre 2023

Torna alla Scala il classico dei classici, Il Lago dei Cigni, nella versione coreografica del grande Rudolf Nureyev. A trent’anni dalla morte, avvenuta il 6 gennaio 1993, il modo migliore per ricordarlo è far vivere le sue creazioni.

Tra le innumerevoli versioni dell’opera su musica di Ciajkovskji, che ha debuttato nel 1877 al Bolshoj di Mosca, quella del “tartaro volante”, com’era soprannominato Nureyev, è decisamente tragica. La storia della principessa Odette, vittima di un incantesimo e per questo trasformata in cigno dal perfido mago Rothbart, ha solitamente un lieto fine: il Principe Siegfried, che si innamora di lei durante una battuta di caccia notturna, quando le fanciulle-cigno riprendono sembianze umane, con la forza del suo amore la libera dall’incantesimo. Qui, invece, Rothbart ha la meglio e divide i due per sempre. Senza dubbio Nureyev ha pensato a sé stesso nello sviluppare una coreografia dove il vero protagonista è, per la prima volta, il Principe. Prima di lui, la danza maschile era relegata a pura cornice, serviva solo a mettere in risalto la danzatrice: il ballerino era puro porteur, ossia colui che “portava” la partner, ma nulla più. Chiaramente ad un talento e ad un carattere come quello di Nureyev un ruolo così marginale non poteva certo andare a genio. Già con Erik Bruhn, ma con Rudy in maniera definitiva, il danzatore assume finalmente un ruolo attivo e di primo piano, pari a quello della partner. Creato nel 1964, il suo Lago vede l’aggiunta di alcune variazioni maschili molto virtuosistiche, la coincidenza del ruolo del precettore del Principe quello del mago Rothbart, interpretati dallo stesso danzatore, il passaggio di alcune scene di gruppo da femminili a maschili. Il messaggio di fondo tradisce però sua visione malinconica e pessimistica della vita del grande artista russo, la sua anima tormentata e mai soddisfatta. Le persone più vicine a noi a volte si rivelano dei traditori: il precettore che diventa mago cattivo. L’amore eterno non esiste: Odette alla fine torna dal lago da cui è venuta. L’animo umano è volubile: il Principe, che aveva giurato amore ad Odette, fa lo stesso con Odile nel II Atto, condannando Odette a rimanere cigno per sempre.

L’attesa per questa edizione è tutta per lei: Olga Smirnova, classe 1991, étoile made in Bolshoj. Pietroburghese DOC, in forza ora all’Het National Ballet, la compagnia nazionale olandese, dal 2022, è quanto di più russo si possa immaginare. Un mostro di tecnica, con articolazioni incredibilmente mobili, linee bellissime, pirouéttes perfette, pecca, come molto spesso succede alle danzatrici dell’Est, di interpretazione. Non c’è differenza fra la dolce, fragile e tormentata Odette (il Cigno Bianco) e la perfida, beffarda, sicura di sé Odile (il Cigno Nero). Affronta il temuto momento dei 32 fouettés senza il minimo cenno di cedimento, ma se non si conoscesse la trama si farebbe fatica a capire cosa stia succedendo. Al suo fianco, il divo del momento: il figliol prodigo Jacopo Tissi, un lombardo in forze fino a poco tempo fa al Bolshoij di Mosca, profugo dalla corte dello Zar a causa, sembrerebbe, dell’invasione ai danni dell’Ucraina. Molto impostato, di solito buono tecnicamente: l’abbiamo visto meglio e più sicuro in Giselle e ne Lo Schiaccianoci presentati nelle ultime stagioni scaligere. Qui fa un discreto disastro nel Primo Atto, fra imprecisioni, tentennamenti, fine di variazione di spalle ed addirittura una quasi mancata presa con la Smirnova, che gli stava scivolando dalle mani. Nel Secondo Atto torna lui, preciso e corretto, anche un po’ migliorato a livello interpretativo, anche se si vede ancora poca anima e molto manierismo nei dettagli gestuali: stile sovietico, senza dubbio, misto all’eredità di Roberto Bolle, di cui sembra il perfetto successore. In breve, tecnicamente meglio ricordare il Secondo Atto, ma bello come un principe delle fiabe: nient’altro. Abbastanza insipido il Rothbart di Gabriele Corrado: anche se il ruolo non prevede molte parti danzate, quello che c’è da fare non lascia traccia. Il resto del Corpo di Ballo va a momenti: da linee e distanze non tenute ed imprecisioni evidenti a momenti di grande emozione di insieme. Bello il Pas de Trois del Primo Atto, così come i Quattro Cignetti ed i Quattro Cigni Grandi (tre, nell’originale di Petipa). Un classico che non stanca mai.

Chiara Pedretti

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