Stasera Massimiliano Gallo, punto e a capo

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Di Gino Morabito

Ha sempre pensato di fare l’attore, non ha mai avuto un piano B. Trentacinque film e quindici serie televisive, senza mai abbandonare il palcoscenico. Uno e trino in tivù con Malinconico, Palma e Jovine, Massimiliano Gallo porta in teatro ‘Stasera, punto e a capo!’, uno spettacolo musicale da lui scritto, recitato e diretto.

Dal 9 al 19 novembre, al Cilea di Napoli, in scena con Massimiliano Gallo troviamo Shalana Santana e l’ensemble del M° Mimmo Napoletano, formato da Carmen Scognamiglio, Gianluca Mirra, Giuseppe Di Colandrea, Davide Costagliola e Fabiana Sirigu.

Un viaggio a partire dagli Ottanta, attraverso gli occhi di chi quegli anni li ha vissuti. Un motivo per rincontrarsi e ridere di come eravamo e di quello che siamo diventati.

«Porto in scena uno spettacolo che, da un lato, vuole essere una festa, la celebrazione di quegli anni che, assieme ai Sessanta, sono stati tra i più iconici che abbiamo vissuto; dall’altro, una riflessione semiseria su un periodo durante il quale sono anche accaduti dei fatti gravi nel nostro Paese, facendo idealmente coincidere la fine dei sogni con la fine degli Ottanta.»

Il risvolto della commedia è il dramma.

«Se quelli erano del sogno, questi sono dell’incubo. Anni che hanno cancellato i desideri e le speranze delle nuove generazioni. Abbiamo detto ai giovani che non esistono più le bandiere nel calcio, che se vai a votare o non ci vai è lo stesso, che il governo non è in grado di decidere nulla a causa dei complottisti… Stiamo restituendo ai nostri figli un mondo dallo scenario apocalittico.»

Per il futuro, bisognerebbe scommettere sulla tolleranza.

«Non mi sento affatto uomo di chiesa ma, da laico, credo fermamente nella necessità di tollerare il prossimo provando a mettersi sempre nei panni dell’altro. L’argomento sarebbe troppo vasto da affrontare così sinteticamente, poiché facciamo parte di una società che va sempre avanti e non si occupa di quelli che rimangono indietro.»

I quarantenni e i cinquantenni di oggi hanno sperimentato fortemente il senso di comunità e di aggregazione.

«Faccio parte di quella generazione che trascorreva buona parte della giornata sul muretto, oziando nella noia più totale. Noia che paradossalmente era costruttiva, perché diventava esplorazione dell’altro e del luogo circostante, aggregazione. Oggi, invece, i nostri ragazzi stanno insieme, ma si isolano irrimediabilmente scrollando i social sui loro smartphone.»

Facciamo un esperimento, sarà il nostro punto e a capo.

«Proviamo a spegnere i telefonini e torniamo a guardarci negli occhi. All’inizio potrebbe essere imbarazzante, ma vi garantisco che sarà un’esperienza arricchente.»

Viviamo in un frangente così delicato per la nostra società, dove viene fatta la guerra a chi è diverso, che l’unica chance di crescita culturale è la contaminazione.

«Viviamo in un frangente così delicato per la nostra società, dove viene fatta la guerra a chi è diverso, che l’unica chance di crescita culturale è la contaminazione. Dalla ‘Napoli milionaria’ di Edoardo a ‘I bastardi di Pizzofalcone’, lo scenario è quello di una città ‘contaminata’. Il che non comporta la perdita della propria identità. Anzi. Non esiste una città più identitaria di Napoli.»

Napoli si meraviglia di tutto e non si meraviglia di niente.

«È tollerante per antonomasia, accoglie, mescola, si fa contaminare e contamina. È una città che ha reagito, costruttivamente e creativamente, alla crisi sociale e culturale del nostro Paese. È una delle pochissime realtà che continua a produrre talenti: nella musica, nel cinema, nel teatro. E non è un caso. Questo accade proprio in virtù di quelle ‘contaminazioni’ che significano apertura verso l’altro, verso il nuovo, rispetto dei valori, accoglienza.»

Avremmo bisogno di tre vite in verità: una per sbagliare, una per correggere gli errori, una per riassaporare il tutto.

«Per il tipo di curiosità intellettuale che ho, per il mio modo di vivere, una giornata di ventiquattr’ore è troppo breve e tre vite non basterebbero. Ho sempre pensato di fare l’attore, non ho mai avuto un piano B. Questa è la mia vita, che mi dà nutrimento, così come mi alimento del teatro che non riesco a lasciare per quel costante bisogno del contatto con il pubblico.»

Volto Rai tra i più popolari, è Luigi Palma, vice questore a capo del commissariato di Pizzofalcone, e Pietro De Ruggeri, marito del sostituto procuratore Imma Tataranni. Ma lo abbiamo amato soprattutto nei panni di ‘Vincenzo Malinconico, avvocato d’insuccesso’.

«Per contro, ho un rapporto sano con il successo perché non sono un ‘improvvisato’. Fortunatamente l’ho raggiunto – se così si può dire – attraverso un percorso iniziato molti anni fa e provengo da una famiglia d’arte. Tuttavia, man mano che la popolarità aumenta, soprattutto grazie all’esposizione in tivù, diventa anche un rapporto difficile da gestire, perché sei di fatto ‘cosa’ della gente che ti accoglie in casa, nel suo privato. Tantissimo affetto, dunque, mi vedono come uno di famiglia, ma talvolta avanzano anche pretese come se fossi una loro proprietà. C’aggia fa!?»

Cinquantacinque anni, una carriera in forte ascesa e l’annuncio che diventerà padre per la seconda volta. Massimiliano Gallo guarda a quel ragazzo che lascia, dopo sette esami, la facoltà di Lettere moderne per cominciare a recitare presso la compagnia di Carlo Croccolo. E gli dà un consiglio.

«Gli consiglierei di riprendere gli studi. E così ho fatto. Col poco tempo che ho a disposizione, è stata una follia riscrivermi all’università. Ma ho dato il primo esame, di Cinema, e ho preso ventotto!»

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