Ricompensa in denaro e affrancazione per lo scaltro servo in Pseudolus con P. Romano

Data:

RICOMPENSA IN DENARO ED AFFRANCAZIONE PER LO SCALTRO SERVO PSEUDOLUS CON P. ROMANO

Il V secolo a. C. fu l’età classica d’oro con il fulgore di tutte le Arti durante il potere di Pericle dalla fine delle guerre persiane nel 479 al 431 con l’inizio delle battaglie del Peloponneso tra Atene e Sparta per il dominio sulla Grecia ed il Mar Egeo: nacquero la scultura con Prassitele, Policleto e Fidia, di cui è in corso una stupenda mostra a Villa Caffarelli sul Campidoglio, la filosofia con Socrate, Platone ed Aristotele, nonché la tragedia e la commedia politica e sociale con Aristofane, che restano nomi e discipline scolpiti nella Storia per l’incidenza che hanno poi avuto sempre sulla civiltà e cultura umana. Nel periodo ellenistico di Alessandro Magno il teatro, che letteralmente significa osservare gli attori sulla scena, ebbe un’evoluzione divenendo una raffigurazione di tipi e categorie economiche con il prevalere dei caratteri psicologici e degli ambienti ai margini della società con prostitute, lenoni o papponi, ruffiani e parassiti, ben illustrati da Menandro. Proprio a questo genere di commedia si ricollega tra il IV ed il III secolo a. C. la figura, che tutti gli studenti di Scuola Superiore umanistica conoscono, di Plauto da Sarsina in Romagna vicino a Forlì , che venuto a Roma fece prima l’attore od “ipocrita” espressione finta  di un particolare soggetto della realtà quotidiana, ma poi non avendo successo si diede a comporre “canovacci” di teatro comico più fortunato a livello popolare, con storie d’amore giovanile aiutate da fedeli servitori dei loro padroncini, di vecchi avari impegnati nei loro venali affari nel Foro e quindi beffati nelle loro  domestiche con perdita del patrimonio. Sarebbe venuto successivamente Terenzio con la commedia psicologica dei profili singoli ed il problema della migliore pedagogia adolescenziale, ma già Plauto aveva cominciato a ritrarre psicologicamente i personaggi della borghesia e del Foro romano con vivace intensità. Una delle sue più amate commedie fu “ Pseudolus” ovvero “il bugiardo” che è pure il sottotitolo della versatile rappresentazione della maturità del geniale scrittore, con l’azione che si svolge ad Atene e che tuttavia andrebbe bene in qualsiasi nazione del mondo, come l’Argentina che ha il nuovo presidente in Mei che ha dovuto riconoscere il vuoto delle casse erariali sulle rive del Rio de La Plata. I tre personaggi centrali sono i due anziani sodali dai tratti umani differenti : il lenone o ruffiano Ballione, impersonato con notevole sforzo allegro ed arrogantemente sarcastico da Giovanni Carta, come l’agiato possidente Simone che ha un caro figlio in Calidoro ed un astuto servo in Pseudolus incarnato da uno spassoso e vitalissimo comico come risulta essere lo scanzonato Pseudolus in cui si cala quel maestro del salace divertimento e dell’estemporanea battuta che è Pietro Romano. Egli desidera appoggiare Calidoro nel rilevare dal lenone Ballione la giovane schiava Fenicia di cui è innamorato, scommettendo con il suo padrone che a dargli le 20 mine per la riuscita del servizio sarà proprio lui ed insieme riceverà la meritoria affrancazione per essere un individuo libero. I due vecchi chiamati in causa s’allarmano e fanno fronte comune : Ballione per non essere raggirato ed ingannato nella sua prosopopea dal furbo ed intraprendente Pseudolus, Simone per non perdere scommessa e schiavo in un sol colpo. Ballione intanto sfida il giovane Calidoro a pagare le 20 mine del prezzo stabilito per la sua prostituta Fenicia, oggi corrisponderebbero al pappone o boss del sesso ed alla “escort”,in quanto lui ha già ricevuto una caparra di 15 mine da un generale macedone e perciò il ragazzo, che ha perso la testa per la sua bella, deve offrire di più, quasi fossimo ad un’asta pubblica sulla carne umana, se vuole la sospirata Fenicia interpretata dall’affascinante Fanny Cadeo. Pseudolus, ovvero l’apparentemente ingenuo, spiritoso nelle sue velenose battute, Romano disinvolto nell’interagire con il pubblico studia un diabolico piano costituito da inganni, raggiri, sostituzione di persona, truffe e con l’ausilio del nobile e generoso Carino amico di Calidoro attua il suo stratagemma quando giunge Arpace messo del generale promesso sposo con il resto della somma pattuita che si rifiuta di dare a Siro, vantatosi  servo di Ballione. Qui si mette in moto l’artificio articolato da Pseudolus ed il ruffiano avido, esoso ed ingordo di denaro che non “olet”, ci casca in pieno e consegna al finto Arpace la pupilla agognata, mentre gli astanti in platea si godono tra una risata e l’altra l’incredibile beffa, che ha tutta la valenza etica e civile d’una meritata punizione per il losco trafficante di carne umana , che rimanda a quelli di oggi sotto tutte le latitudini del cielo astrale. Gli unici veri e sinceri sentimenti esaltati in codesta pièce sono l’altruismo disinteressato e la profonda amicizia di fronte all’asservimento a “Mammona” o dio denaro, alla guisa della lealtà della servitù nei confronti del proprio padrone in nome dell’amore per il riscatto sociale e del castigo per gli avari ed anziani genitori, alla guisa di Simone e di Ballione, non portati ad essere buoni educatori , bensì tesi soltanto ad essere capitalisti “ante litteram” similmente al ricco epulone del Vangelo, riprendendo anche il pentito e convertito Zaccheo, rispetto al povero Lazzaro. Il giudizio censorio della comunità in cui si vive non serve a niente, gli epiteti offensivi non valgono per la corruzione ed il raggiro, tanti i casi di “Broker “ disonesti in questo periodo con truffe senza ritegno  per gente dello spettacolo ed anziani , quando si vuole realizzare un ben definito interesse come testimoniano gli scafisti con il traffico di emigranti sul Mediterraneo in cui molti perdono la vita e basti rammentare il film “Io capitano” candidato per l’Italia quale pellicola straniera all’Oscar. Da qui si svilupperà successivamente nel Medioevo la “Commedia dell’Arte”  con le maschere il “Carro di Tespi”  che ne saranno l’emblema, mentre Boccaccio metterà come sensale ed intermediario per far trionfare l’amore dei giovani frate Lorenzo ne “La Mandragola”.Le scene di tale adattamento di Nicasio Anzelmo sono surreali e grottesche, paradossali, con un perfetto meccanismo già allora e gli spettatori si sono splendidamente divertiti con una briosa scarica di risate per un pomeriggio autunnale goduto in pieno senza pensare alle spese per i fatui regali. Del cast sinergico assai efficace fanno parte con egregia applicazione nei satirici interventi scenici pure : F. Sciacca, G. Cordì, A. Mirabella e P. Ricchi, con i costumi della vecchia Roma di Leslie Yarmo. Pietro Romano è stato bravo anche nel coinvolgere con ironica malizia e sano umorismo il pubblico per tenerne desta l’attenzione e valutarne le singole reazioni emotive, il livello d’intuizione e raziocinio. Lo spettacolo sarà programmato all’Arcobaleno di via Redi al Nomentano, presso l’incrocio con Viale Regina Margherita ed il Policlinico Umberto I, fino a domenica prossima.
Giancarlo Lungarini.

Seguici

11,409FansMi Piace

Condividi post:

spot_imgspot_img

I più letti

Potrebbero piacerti
Correlati