Un dramma senza tempo che nelle mani di Liv Ferracchiati poteva essere più rock, e più dark

Data:

Piccolo Teatro Studio (via Rivoli, 6 – M2 Lanza)dal 27 gennaio al 25 febbraio 2024

Il titolo molto evocativo dello spettacolo di Liv Ferracchiati “Come tremano le cose riflesse nell’acqua” è un frammento del racconto di David Foster Wallace, “Caro vecchio neon”, contenuto nella raccolta “Oblio” e il sottotitolo čajka è la parola russa per gabbiano. Il gabbiano di Anton Čechov, naturalmente.

Wallace scrisse il racconto poco prima di suicidarsi. Kostia si suicida nel magnifico lavoro di Čechov, pietra miliare della moderna drammaturgia, diventato poi il simbolo del Teatro d’Arte di Mosca, e della collaborazione con Nemirovich-Danchenko e Stanislavskij che lo mise in scena nel 1898, dopo l’insuccesso della prima rappresentazione.

Il tema del suicidio, dell’amore del giovane scrittore Kostia per Nina, per la madre Arkàdina, per la letteratura, sono i fili conduttori e insieme distruttori dell’opera, e in qualsiasi forma la si voglia rappresentare non possono essere ignorati. Un dramma familiare, le tenebre in cui si immergono i personaggi, la storia che si ripete, la classicità che è sempre moderna, che è sempre

Il dramma borghese di Čechov nella regia di Ferracchiati si immerge nel lago come simbolo della placenta materna, quel liquido amniotico dove il tormentato Kostia vorrebbe reimmergersi per trovare pace e protezione, riposo dalle incomprensioni e dalle tensioni, dalle indifferenze e dalle accuse che gli vengono proprio da chi l’ha messo al mondo. Un rapporto madre figlio che è caustico e vero, lei famosa attrice vive della sua arte, spesso lontana da casa, egocentrica, superficiale, in cerca di amanti più giovani che la adulino come donna e come artista. Lui, un ragazzo sensibile, tormentato, insoddisfatto, si crede e forse lo è, ma il mondo non l’ha ancora riconosciuto, uno scrittore e un drammaturgo di successo. Vuole continuamente approvazione, come un bambino a volte viziato, a volte perduto, prima di tutto dalla madre e poi da Nina, la giovane attrice cui è sentimentalmente legato e per la quale scrive ruoli e drammi. Ma Nina cerca soprattutto il successo, cerca di allontanarsi da quel lago così tremendamente invitante, riposante, ipnotico, pericoloso. Forse è più coraggiosa di Kostia, certamente meno profonda. Vuole bene a Kostia ma desidera uomini di successo che magari la possano aiutare nella carriera, innamorandosi di quello che rappresentano e del ruolo che hanno ottenuto, anche senza meritarselo, nella società. Come Trigorin, l’amante di Arkàdina, così insignificante, senza fascino e sensualità, senza vero talento.

E poi il gabbiano, simbolo di innocenza, creatura che ha il potere di innalzarsi sul mondo terreno per raggiungere vette più alte, non più meschine, non più banali. Ma che proprio per questa sua innocenza viene abbattuto. Come un capro espiatorio, come un monito per chi non riesce a volare.

Da Liv Ferracchiati ci si sarebbe aspettati non un dramma borghese, a volte troppo quotidiano, ma un dramma rock, e dark, con scelte più dirompenti e scatenanti, in tutto, dalla scenografia, ai costumi, alla scelta degli attori. Avrebbe potuto essere un pugno nello stomaco, un atto rivoluzionario pur rispettando Čechov e magari avvicinandosi di più al mondo di Wallace. Più un “Romeo+Giulietta” di Baz Lhurmann, per fare un esempio. Invece purtroppo non ci sembra né carne né pesce, ma un tentativo cui nemmeno la recitazione riesce a dare corpo, forza, verità. Camilla Semino Favro nel ruolo di Maria, innamorata segretamente di Kostia, è l’unico tentativo rock, un riflesso che porta una ventata di “diversità” e anche di bravura, sulla scena. Perché per fare un dramma borghese bisogna togliere tutto il borghese che c’è, inscenare il suo contrario, scavando nel fondo, tirando fuori i detriti, la melma, le anime morte, sporcandoci le mani, per poi portare alla luce quell’ enorme tesoro che aspettavamo, noi tutti.

Daria D. Morelli Calasso

 

COME TREMANO LE COSE RIFLESSE NELL’ACQUA
(čajka)
uno spettacolo di Liv Ferracchiati
liberamente ispirato a Il gabbiano di Anton Čechov
regia Liv Ferracchiati
scene Giuseppe Stellato
costumi Gianluca Sbicca
luci Emiliano Austeri
suoni spallarossa
video Alessandro Papa
consulenza letteraria Fausto Malcovati
con (in ordine alfabetico)
Giovanni Cannata, Roberto Latini, Laura Marinoni,
Nicola Pannelli, Marco Quaglia, Camilla Semino Favro,
Petra Valentini, Cristian Zandonella
dramaturg di scena Piera Mungiguerra
aiuto regia Anna Zanetti
assistente volontaria alla regia Eliana Rotella
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
foto di scena Masiar Pasquali

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