Dal 12 al 17 febbraio 2019, al Teatro Bellini di Napoli
Macbettu, inizia nell’oscurità, fisica e mentale, secondi di uno sconcertante buio e quando viene la luce, ci troviamo dinanzi alle tre streghe della tragedia più breve di Shakespeare , che per l’occasione qui sono uomini. Non ci sono donne in Macbettu. Queste tre figure son ben diverse dalle tenebrose tre streghe originali, anzi sono molto spiritose e smorzano lo scompiglio che invece regna sovrano nella rivisitazione sarda.
Miseria e morte sono questi gli stridenti rumori e i fastidiosi sentori di Macbettu, laddove restano i toni cupi dello Shakespeare originale.
Il regista Alessandro Serra ignora lo spettatore che non conosce Macbeth, e lo narra come se tutti conoscessero già il dramma, cosi il gusto nel guardare è veramente soddisfatto tutte le sfumature.
E’ uomo persino la figura femminile per antonomasia dell’opera: Lady Macbeth, ovvero colei che fin dall’inizio presa dalla brama di potere sfrenata e slegata dai pericoli e conseguenze, irretisce i sensi di Macbeth e lo guida verso l’uccisione del re per poi salire sul trono, che sarà di fatto maledetto fino all’ultimo.
Macbeth presenta una certa ambiguità: la sua sete di potere lo induce al delitto, ma ne prova anche rimorso pur essendo incapace di pentimento. Il soprannaturale è presente con apparizioni di spettri, fantasmi, che rappresentano le colpe e le angosce dell’animo umano.
Qui appare, però, in netta minoranza in confronto al rapporto Macbeth-Banco, non è più la fondamentale causa del malato e perverso intrigo, ma ne appare prima semplice sostenitrice, poi critica e, infine, vittima. Non è più personaggio primario, totale, ma necessario e interessante suppellettile.
In un rumore che ricorda le notti insonni, in un pensiero, un rimorso che bussa alle porte della mente e dello spirito, Macbettu si chiude, portando con sé le le anime frastagliate, distrutte e il male di cui esse s’erano macchiati.
Shakespeare tutt’oggi è sempre presentato in prosa a teatro nelle sue rivisitazioni, eppure è una scelta molto azzardata tradurlo e in dialetto sardo per giunta, ma il tutto è favorito dai sopratitoli e cosi l’incontro tra Sardegna e la Scozia del Medioevo non risulta cosi forzata e risulta essere un esperimento tanto coraggioso quanto gradevole, visto e considerato che non c’è uno sconvolgimento della tragedia più apprezzata dalla critica di Shakespeare, e resta ben presente attaccato il senso di buio e di tenebra del poeta inglese.
Marco Assante