Festival di Berlino: Passato e Futuro nella Terza Giornata

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Berlino, 17 febbraio – La terza giornata del 74° Festival Internazionale del Cinema di Berlino ha visto il passato e il futuro mescolarsi con risultati alterni. Dai drammatici e conflittuali inizi della pandemia in Francia al regime hitleriano in Germania e ad un futuro distopico dove è possibile salutare i propri defunti.
Il punto culminante della giornata è stato il film parzialmente autobiografico di Olivier Assayas “Hors du temps”, che umoristicamente esamina le neurosi scatenate dal covid e le misure igieniche vere o inventate per contrastarlo. Seguito da una descrizione della debole e fallita resistenza al regime nazista nel film tedesco “In Liebe, eure Hilde” di Andreas Dresen. E infine, “Another End” dell’italiano Piero Messina, partendo dall’idea brillante che le persone possano brevemente incontrare i loro cari defunti per salutarli senza rancori o amarezze, cade vittima della sua complessità argomentativa e della costruzione psicologica poco accurata dei personaggi.
‘’Hors du temps”
Paul ed Etienne sono due fratelli che, con i rispettivi nuovi partner, hanno la fortuna di trascorrere i primi mesi della quarantena del 2020 in una tenuta ereditata dai loro genitori nella provincia vicino a Parigi. La convivenza forzata e le diverse misure igieniche, non sempre condivise, sono ricordate con umorismo pungente da Assayas in una sorta di commedia brillante.
“In Liebe, eure Hilde”
Pochi sono i film tedeschi che hanno affrontato il tema della resistenza interna all’hitlerismo, principalmente a causa dell’adesione popolare al nazismo e della scarsa risonanza che ha avuto tra la popolazione. Andreas Dresen, regista e sceneggiatore di successo, affronta per la prima volta un tema serio come quello della resistenza interna tedesca, concentrandosi su una giovane, Hilde Coppi, che per amore decide di unirsi alla Resistenza, pagando con la vita la sua audacia.
La narrazione si sviluppa su percorsi paralleli, alternando momenti felici della coppia in scenari idilliaci all’aperto con il clima cupo della prigione, evitando la dicotomia tra buoni e cattivi e concedendo a ciascun personaggio la propria umanità.
“Another End”
Sono passati quasi dieci anni da quando Piero Messina ha presentato al Festival di Venezia del 2015 con “L’attesa”. “Another End”, nonostante la sua buona idea originale, si impiglia nei suoi parametri narrativi.
Sal, un recente vedovo interpretato da Gael García Bernal, è convinto dalla sorella, interpretata da Berenice Bejo, a incontrare sua moglie defunta per fare pace con lei. È proprio questa trama contorta che mina la credibilità del film e ha portato alla fuga di una piccola parte del pubblico presente alla prima della nuova opera di un regista, che pecca più per mancanza di ambizione che per mancanza di talento.
Antonio M. Castaldo

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