Vecchia ebrea scorbutica e autista analfabeta nell’adattamento di “A spasso con Daisy”

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La gratitudine del cuore ed il reciproco scambio di sensibilità ed attenzioni  sono delle leggi del sangue, testimoniate dall’ “Antigone” di Sofocle, che dovrebbero essere scritte nell’animo di ciascun individuo veramente umano e degno del grado superiore del regno animale, come ci ricordano pure i testi sacri del Qoelet e del Siracide tra i 27 libri del Vecchio Testamento. I genitori hanno il compito di formare ed educare intellettualmente e razionalmente con sani principi morali i propri figli, assicurando loro una sicura prospettiva d’inserimento con buoni risultati nel tessuto sociale e civile, ma questi a loro volta devono poi preoccuparsi dei loro anziani quando questi diventano non più capaci di badare a se stessi. Questa è la ruota girevole dell’esistenza che scorre inesorabile e non si ferma mai, che bisogna saper affrontare con saldezza neurologica e consapevolezza dei propri limiti secondo le varie fasi della vita che s’attraversano, come insegnava la Sfinge egiziana ad Edipo. In chiave moderna e contemporanea tali considerazioni sono state svolte nella seconda metà del ventesimo secolo dal romanzo “A spasso con Daisy” di Alfred Uhry che nel 1988 vinse il Premio Pulitzer per la drammaturgia appunto in none della ricca gamma di riflessioni e sensazioni emotive che suscitava. L’anno successivo vi fu la trasposizione cinematografica con Morgan Freeman e Jessica Tandy che vinse 4 meritati Oscar, mentre ora è Mario Scaletta che lo porta in palcoscenico con l’Associazione Culturale Artigiani Spettacoli Teatrali per la realistica realizzazione d’impatto psicologico di Guglielmo Ferro, che ne fa scaturire tutti gli impulsi familiari e relazionali con un terzo soggetto nella Georgia dell’agosto del 1948 dove il problema dell’emancipazione e del riscatto dei neri non è stato ancora risolto e si dovrà attendere Martin Luther King con il suo progetto “I Have a dream” insieme con la fiera resistenza d’una donna di colore ad alzarsi dal suo posto sul tram pubblico nel 1954.L’arcigna ed attempata maestra in pensione d’origine ebraica agiata ed indipendente nonostante i suoi 72 anni è interpretata con stupenda indomita fierezza da Milena Vukotic, che porta con forte naturalezza la maschera relativista della povertà con cui desidera apparire nel contesto urbano Daisy per non suscitare invidie e gelosie, rammentando forse quello che avvenne nella “notte dei cristalli” tra l’8 ed il 9 novembre del 1939 in Germania contro le vetrine degli orefici semiti per lo scatenarsi dell’oppressione nazista, che poi nel 1941 trasformò i campi di concentramento in quelli di sterminio con la “soluzione finale” ordita da Eichmann. Ella ha un carattere altezzoso e sprezzante, abituata a trattare tutti dall’alto in basso con sarcasmo diretto, stravaganza bizzarra e risparmio eccessivo quasi  di bramosa cupidigia, che manifesta con il voler continuare a guidare la macchina per non dover affrontare eccessive spese che il figlio Boolie vorrebbe imporle con un autista, dato che ultimamente ha provocato numerosi sinistri con la sua guida nel traffico caotico che osserviamo sul fondale in bianco e nero del palcoscenico. Lei desidererebbe dimostrare di essere ancora autosufficiente ed indipendente, malgrado l’età avanzata, per cui il suo diletto rampollo interpretato da un premuroso e dedito, con lucido ragionamento  e dolcezza di spirito, Maximilian Nisi deve sottoporsi ad una diplomatica ed intensa attività di persuasione accorata ed induzione tenera e dolce di presa di coscienza per riuscire a farle accettare un esperto autista nero, libero da due anni, pagandolo generosamente lui, per condurla in giro con la macchina, riprodotta con volante e sedili scenici sul palco, secondo le sue necessità anche se da principio lei è riottosa e non gradisce l’intruso nella sua condotta vitale, accusandolo addirittura del furto d’una scatoletta di tonno. Invece l’uomo, che Salvatore Marino impersona con un’accentuazione della sua età anagrafica ed una straordinaria disponibilità umana al suo nuovo ruolo di dipendente e gentile accompagnatore  , ha provveduto con sincera onestà a ricomprarla e metterla nella dispensa delle vivande. Il contatto quotidiano a poco a poco vince il muro tra Daisy ed Hoke che cominciano ad esplorarsi e scoprire i loro tratti umani, pure perché l’autista è paziente, cortese e resta al suo posto sopportando tutte l’angherie ed i soprusi, della signora, in quanto Boolie lo paga regolarmente non capendo  per quale ragione  sfogli  il giornale quando è da solo e poi non sappia nulla di quello che accade nel mondo.  Lui deve confessare di non saper leggere e scrivere, accontentandosi di vedere le fotografie retaggio della schiavitù e dell’ignoranza degli Stati americani del Sud con la guerra civile tra il i861 ed il 1865 in cui il generale Grant sconfisse le truppe di Lee che volevano mantenere  lo sfruttamento della gente nera nei campi di cotone, fino a quando il presidente Lincoln con il tredicesimo emendamento abolì la servitù e per questo fu assassinato in un teatro di New York. I  giorni trascorrono così con diverbi e screzi ,in un’alternanza di sentimenti, con inviti galanti a cena che dopo quello di un sereno Natale, Hoke respinge in quanto fatti all’ultimo minuto, finché improvvisamente una mattina la senescente Daisy s’alza cercando i compiti da recare a scuola : è il segno della fine con la degenerativa patologia dell’Alzheimer a cui non  vige rimedio.  Pertanto al povero ed affranto figlio Boolie non resta che farla ricoverare in un gerontocomio con l’ausilio della carrozzella su cui lei termina la sua conclamata e pretesa indipendenza fisica e mentale. La  stessa desolata sorte subirà l’amata casa che viene coperta ormai da teli bianchi per indicare che sta per essere svuotata e comprata da un’agenzia immobiliare, mentre anche per Hoke s’è aperto il terzo ed estremo capitolo della vita, per cui non può più essere utile alla società e deve sostenersi con il bastone che è metaforicamente la “Terza gamba” cui alludeva appunto la Sfinge. Diversi sono stati gli argomenti affrontati nella trama della commedia dai toni agrodolci : i rapporti familiari e generazionali ,un’affabilità onesta ed ammirevole tra classi sociali differenti, tanto che Hoke in segno di riconoscenza totale da parte di Boolie riceverà un vitalizio perenne fino alla sua morte. Ora non può più portare la macchina ed allora ,in base ai ritmi rovesciati dell’umano convivere, sarà lui a trasformarsi simbolicamente in Daisy ed a “portarlo in giro” sarà la nipote di 37 anni professoressa di biologia all’Università. La commedia è stata allestita in  maniera deliziosa e graffiante, ironicamente burbera, nei vari quadri di 90 minuti senza intervallo per non  interrompere, come nel cinema, lo sviluppo della pièce in un una parabola suggestiva di ritmo brioso in crescendo come l’argomentazione sviscerata che riguarda tutti e che il regista Ferro ha saputo ben focalizzare dall’interno con dialoghi serrati ed espressi con  la giusta fonetica. Un sublime dono di squisite emozioni, ponderate meditazioni, fatto alla gremita platea con  garbo e feconda allegria per una lievitante serenità dell’anima. Lo spettacolo che ci guadagna nel passaggio dal testo alla  vivace resa pubblica con l’identificazione dal vivo nei tre personaggi, secondo i gusti di ciascuno, resterà al Quirino alias V. Gassman fino a domenica prossima.

Giancarlo Lungarini

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