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Federico García Lorca: Nozze di sangue

Data:

 

Al Teatro Strehler di Milano, fino al 1 giugno 2024

E’ lo spettacolo in scena in questi giorno al Teatro Strehler, adattamento e regia Lluís Pasqual, una produzione Teatro Stabile di Catania, Teatro Stabile di Torino, Teatro di Napoli e Teatro Stabile di Palermo. Bodas de Sangre è il dramma teatrale che Federico García Lorca, ispirato da un fatto realmente accaduto in un paesino della sua terra andalusa, scrisse nel 1932 e rappresentato per la prima volta al teatro Beatriz di Madrid nel 1933. Lo scrittore lo riveste dei tratti della tragedia classica in cui rappresenta personaggi travolti da passioni dirompenti, lacerati dalla sofferenza di una cultura patriarcale. Più che persone vere e proprie appaiono come archetipi, esemplificazione di vittime oppresse da rigide strutture sociali cui è tarpato l’anelito a esprimere (e realizzare) l’inespressa istintualità dei sentimenti, delle ragioni del cuore e dell’amore. García Lorca con questo lavoro, rende palpabile la tragica compenetrazione tra l’amore e la morte, mai così strettamente unite a segnare, in percorsi paralleli, una vicenda di amore impossibile, dell’inevitabile fuga a fronte del tradimento delle leggi sociali. Lo scrittore comprende che l’azione dei protagonisti è dettata da forze che superano la loro volontà, in una giustificazione d’ineluttabilità del sentimento amoroso – che spira e trascina in forme misteriose – con una punta di determinismo dato delle energie naturali dell’ambiente andaluso. Nozze di sangue è un’allegoria moderna e vitale che infarcisce di simboli la struttura dell’opera,  come il coltello, e la geniale quanto poetica personificazione della luna e della morte, costituendoli serpeggianti motivi tematici dell’opera a chiaramente palesare l’impossibilità per i due “fedifraghi” di un possibile compimento della loro passione amorosa. Un testo, quello di Lorca, che si presta a trasposizioni e contaminazioni, come già fece Antonio Gades creando il balletto omonimo, il regista Carlos Saura con la versione cinematografica. Memore di questi precedenti, il regista Lluís Pasqual, ha ideato uno spettacolo in cui amore, tradimento e vendetta del fatto di cronaca sono messi liberamente in scena in un intreccio tra teatro, danza e canto. Il regista spagnolo che ha portato al Piccolo Teatro El publico e Donna Rosita nubile, è un grande conoscitore di García Lorca, e lo dimostra accentuando la temperatura poetica del dramma, tenendosi lontano da un’interpretazione naturalistica potendo contare su un’interprete quale Lina Sastri, dalla dirompente versatilità. L’attrice partenopea si accolla le due parti, della Madre e della Sposa, capace nell’arco di una battuta di diversificare le due donne che, in fondo, non sono che la doppia faccia del femminile, la travolgente ineluttabile passione amorosa e la granitica forza dell’amor materno. Un’intensità di presenza già al suo apparire, in cui la determinazione sanguigna della Madre è al limite del parossismo, tanto da parer invasata quando dice di leccare il sangue del proprio figlio, ucciso in rendimento di conti. E canta con una ricchezza di armonici e vibrazioni che sfrutta, or a fini sensuali or a quelli drammatici; lo fa  con una voce che in certi momenti si fa rauca rendendo il canto ancor più evocativo, mettendo tutto il fuoco, la sensualità mediterranea e quel senso fatalistico di uno struggente rimpianto. Drammatica nell’urlo di disperazione della madre che deve, una volta ancora, rivivere una scena che già l’aveva straziata: vani i richiami, vana ogni prudenza… Lo strazio la devasta, ma prende corpo una rassegnazione vuotata d’ogni rivalsa, priva dello spirito di vendetta quando la Sposa si para innanzi, per confrontarsi con lei e a piangere i due uomini morti per lei. Si discolpa, lanciandosi in uno stupito quadro di sentimenti che le travagliano l’anima, marcati da gesti e sospensioni di voce che colpiscono al cuore. Lina Sastri, irrefrenabile, balla con quell’intensità di donna del sud che ben sa apparentarla al mondo spagnolo. Di grande omogeneità il resto del cast, con Giacinto Palmarini, rustico e grezzo Leonardo dalla recitazione efficace e danzatore di pari forza. Roberta Amato, la moglie di Leonardo si esibisce in raddoppio di canto con la Sastri, di pari intensità, con la Sastri che riprende il canto un’ottava sopra. Giovanni Arezzo, lo Sposo ancor giovanile nel suo ardore bruciante e fresco di fraseggio; un intenso Ludovico Caldarera, il Padre della Sposa; Alessandra Costanzo poliedrica nell’interpretare sempre schiettamente e bravamente una vicina, la suocera, la vecchia e la domestica. I bravi Floriana Patti, la morte e una donna ed Elvio La Pira, La luna e un uomo in pregnante canto ed efficace danza, per chiudere con Gaia Lo Vecchio, una donna e Alessandro Pizzuto, Sonny Rizzo due uomini. La parte musicale era formata da Riccardo Rubì (chitarra), Carmine Nobile (chitarra), Gabriele Gagliarini (percussioni). Travolgenti coreografie di Nuria Castejon, suggestiva la scena fissa del portale in spaccato di mattoni di Marta Crisolini Malatesta, con fascinosi e sapienti (al solito) costumi di Franca Squarciapino, puntuale light designer Pascal Merat. Regia di Pasqual forte e antinaturalistica. Successo caloroso per tutta la compagnia con festante accoglienza per Lina Sastri e Lluís Pasqual.

gF. Previtali Rosti

 

 

 

 

 

 

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