Laika: Ascanio Celestini nei panni di Gesù

Data:

Teatro degli Illuminati, Città di Castello. Sabato 19 marzo 2016

“Dio è entrato in casa mia come una pallonata” (dallo spettacolo)

“Come uomo tra gli uomini” (Michele Zarrillo)

Il Gesù che Ascanio Celestini porta in scena è davvero un “povero cristo”: cieco (?!), squattrinato e incline ad alzare il gomito (con la sambuca, che un demone dispettoso gli sostituisce al caffè), vive in un monolocale di periferia in compagnia del fido Pietro, che è la sua personale finestra sul desolato mondo sottostante. Già, ma cosa c’è, di sotto? Quanto di più prosaico si possa immaginare, ossia lo squallido parcheggio di un supermercato, popolato però dalle figure umane cui Gesù è più affezionato e interessato: gli ultimi. Un barbone africano scampato alla traversata in mare, che di giorno chiede l’elemosina e di notte dorme sui cartoni; un’anziana signora malata di mente (con la “testa impicciata”, per dirla “alla Celestini”); una prostituta, che una volta al mese si offre gratuitamente ai clienti in nome di uno spirito umanitario che invano cerca nel suo Dio, al quale chiede di far come lei e diventare, almeno una volta al mese, il Dio dei poveri. A poca distanza dal supermercato ci sono altri svantaggiati, che lottano per una vita migliore: sono facchini -anch’essi immigrati nordafricani, fratelli ideali del barbone- che hanno incrociato le braccia per ottenere condizioni lavorative più umane e non subire ancora il ricatto della fame. Con una mano reggono la volta celeste, che sembra sul punto di crollare tra l’indifferenza generale (anche se la comunità scientifica è divisa su tale argomento…); con l’altra respingono i crumiri e difendono il loro sciopero, almeno fino all’arrivo della Forza (pubblica). La repressione è feroce, e durante le cariche rimane coinvolto pure l’incolpevole barbone. E’ a questo punto che il nostro divino (?) osservatore decide di sacrificarsi e, inforcati gli occhiali scuri, scende a dar man forte alla prostituta e alla vecchia che stanno difendendo il barbone dalle manganellate della polizia. Questo è ciò che un Gesù in stato d’ebbrezza (in sambuca veritas) racconta agli stupefatti avventori del bar sotto casa, rendendoli partecipi dell’unico vero miracolo -tra tanti miracoli presunti- cui abbia mai assistito: un povero cieco, una vecchia e una prostituta che, inermi, affrontano le forze dell’ordine per difendere un innocente.

Coerente verso il proprio universo poetico, Ascanio Celestini riafferma la sua predilezione per gli emarginati, per gli ultimi, per i deboli, che rappresentano forse la principale fonte d’ispirazione dei suoi spettacoli, e porta avanti il proprio discorso bandendo ogni cautela o scrupolo da “politicamente corretto”. Il Gesù di Laika è “umano, troppo umano”, con tutte le sue debolezze e i suoi dubbi interiori, e mostra una notevole coscienza critica, specialmente verso la religione e verso Dio, al quale non risparmia affondi notevoli (menati brandendo il coltello dell’ironia) che lo pongono quasi “in odore di eresia” (alcuni l’hanno definito un Gesù “pasoliniano”). Non solo: è l’esistenza stessa di Dio a essere messa in questione, specie se analizzata alla luce di una prospettiva scientifica di radicale laicismo come quella del grande astrofisico britannico Stephen Hawking (sul quale, scherza Celestini, un Dio evidentemente permalosetto ha riversato la propria ira vendicativa…). Sono tempi duri, per chiedere agli uomini di aver fede: il mondo è pieno di piccole e grandi ingiustizie quotidiane, e lo stesso Gesù “terreno” immaginato dall’autore ha la spiacevole impressione che Dio NON stia dalla parte dei deboli o che, perlomeno, non sia particolarmente attento alle loro invocazioni… Secoli e secoli di teodicea non hanno prodotto una spiegazione soddisfacente e razionalmente accettabile circa la presenza del Male nel mondo, e la questione rimane quindi dolorosamente aperta; anzi, più passa il tempo e più le risposte della Chiesa al problema del male mostrano la propria anacronistica inadeguatezza. Tanto vale, allora, anziché raccomandarsi al santo di turno, rivolgere una supplica al proprio personale “santo”, nel caso del Gesù romanesco di Celestini l’indimenticato capitano della Roma campione d’Italia 1982/83, Agostino Di Bartolomei. E via dissacrando… Ma Gesù/Celestini affronta altre questioni di stringente attualità, come la tragedia degli immigrati che annegano nel Mar Mediterraneo tentando di arrivare in Europa, le lotte sindacali o l’immorale strapotere economico e politico delle multinazionali. Sempre e comunque adottando il punto di vista di chi è in svantaggio, di chi “sta sotto”. In tutto questo, cosa c’entra la sfortunata cagnetta Laika (il cui nome significa “colei che abbaia”, ma anche “indipendente rispetto all’autorità ecclesiastica”), alla quale i russi, nel 1957, hanno regalato un biglietto di sola andata per l’infinito (“LA CREATURA PIU’ VICINA A DIO”), e a cui è toccato l’onore di dare il titolo allo spettacolo? Come gli emarginati osservati da Gesù, Laika proviene dalla strada, e inoltre condivide con essi la stessa amara condizione esistenziale, che è quella di chi non ha scelta: altri hanno deciso per lei, disponendo della sua vita a proprio piacimento. Anche Laika, infine, proprio come molti poveri cristi umani di ogni epoca e luogo, è sfiorita nella vana attesa dell’arrivo dei “nostri”… Uno dei migliori spettacoli scritti da Ascanio Celestini che, con un’ironia pungente e mai banale, riesce a scuotere nel profondo, sbriciolandole, le presunte certezze dell’uomo (specie in ambito religioso…), e a restituire dignità agli emarginati di ogni sorta. Torrenziale e inarrestabile il suo eloquio, come di consueto caratterizzato dall’accumulo progressivo di Leitmotiv che danzano in cerchio fino a colpire, inesorabilmente, il loro bersaglio. Non per tutti i palati, comunque, e probabilmente indigesto ai soggetti “cattolicamente suscettibili”… Sul palco, insieme a Celestini, il fisarmonicista Gianluca Casadei che, oltre a far da controcanto al protagonista con essenziali interventi musicali, “presta” il proprio corpo a Pietro. A dare voce all’apostolo è invece l’attrice Alba Rohrwacher, presente, quindi, solo virtualmente.

Francesco Vignaroli

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