Disperarsi, muovere, correre per necessità, correre per grandezza, correre in nome del passato. L’anteprima nazionale di “Veloce come il vento” (118’) – lungometraggio di Matteo Rovere presentato ieri 4 Aprile al Teatro Petruzzelli di Bari all’interno del Bif&st 2016 (2-9 Aprile) – ha tentato di essere un effetto speciale del cinema nell’effetto vivo del teatro.
Il film si posa sui resti di una famiglia con una valorosa tradizione nelle corse automobilistiche che affronta il presente segnato dalla marginalità sociale ed economica. Tra gli attori, Stefano Accorsi (Loris) interpreta il fratello maggiore, tossico, di Giulia (Matilda De Angelis), bella come la povertà che sa strappare il vero dolore da chi le sta più vicino. Giulia vuole continuare a correre, sfrenata e vincente, solo nelle gare automobilistiche. Non ha la patente, ma quando arriva terza in una gara per cui era stata preparata per la prima volta dal fratello gli getta la statuetta in faccia, dal podio, perché ha fatto “una gara di merda”. Giulia vuole vincere, andare veloce, chiudere l’avversario, anticipare le curve, come le dice il fratello, ma non si sa davvero il perché. Loris le insegna a non pensare a niente quando guida, “se si mantiene il controllo non si sta andando veloce” è il profumo del film. Giulia, dicevo, è bellissima perché è una generosissima stronza, quasi ricattatrice nei confronti del fratello maggiore che avrebbe voluto cacciare fuori di casa quando si sono rivisti dopo tanto tempo. Il film la inquadra come una ragazzina di 17 anni che non ha un rapporto feticista con le automobili come si potrebbe prevedere ma – piuttosto – come un’autrice, dalla maschia potenza femminile, un po’ madre del fratello più piccolo (Nico, alias Giulio Pugnaghi) a cui rimprovera di non ridere mai, mentre lei si fa il culo per lui.
L’immaginario di “Veloce come il vento” sembra davvero gender-fluid, o meglio, anti-gender laddove per esempio evidenzia la flebilità dello stato di tossicodipendenza tanto nell’uomo che nella donna (Loris e la sua fidanzata Annarella, alias Roberta Mattei) e irride con gentile crudeltà ogni “legittima” imposizione proprietaria: “Quella è la mia donna”, biascica Loris dopo aver intravisto Annarella scopata da un altro in uno scantinato di tossici. La rissa non è neanche quasi più possibile, l’eroina è troppo gelosa di tutti, la carne non regge più nessun sentimento forte.
Il sound-design del film (Angelo Bonanni) sega e dilata non solo i momenti altamente adrenalinici delle corse e non permette alla velocità di non esprimersi come emozione. Uno Stefano Accorsi un po’ anti-eroe, da uomo che “l’affetto lo trovi dovunque”, la cui condizione di tossicodipendenza e sonnolenza perpetua si legge soprattutto negli occhi mentre continua a mostrare una straordinaria capacità di ridere a bocca spalancata. Chi ha vinto, in passato, sa che qui il corpo deposita i suoi ricordi. “Siamo rimasti in pochi ad essere davvero disperati” e, in fondo, non corriamo per volare ma per ferire tutto quello che c’è sotto di noi.
Rosa Traversa
Uscito il 7 aprile 2016
Film drammatico con la
Regia di Matteo Rovere
Con: Stefano Accorsi, Matilda De Angelis, Paolo Graziosi, Roberta Mattei, Lorenzo Gioielli, Giulio Pugnaghi
Durata: 119 Minuti