Gli Ars Nova Napoli approdano al loro primo album “Chi fatica se more e famme”

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Gli Ars Nova Napoli sono un gruppo nato dall’incontro di sette musicisti napoletani: Carlo Guarino, Bruno Belardi, Marcello Squillante, Antonino Anastasia, Michelangelo Nusco, Vincenzo Racioppi e Martino Isola. Sono arrivati al loro primo album, Chi fatica se more e famme, prodotto dalla Apogeo Records. La band mi parla di questo e di molto altro.

Ars Nova Napoli… potete presentarvi ai nostri lettori in poche parole? Perché questo nome?

Il nome è nato per caso, nel senso che all’inizio, quando eravamo solo un gruppo di amici che suonava amatorialmente, non avevamo ancora un nome e quindi quando andavamo a suonare chi ci ingaggiava ne sceglieva uno da mettere sulle locandine. Di nomi ne abbiamo avuti quindi diversi, poi è capitato di essere chiamati più volte di seguito come Ars Nova Napoli. Ed è rimasto questo.

Perché la musica da strada? Che significato ha per voi?

La strada è stata un po’ la madre da cui è nato tutto, perché attraverso di essa ci siamo incontrati e da questi incontri si è formato il gruppo. La strada è stata in parte anche fautrice del nostro repertorio musicale, nato dallo scambio con altri amici-musicisti di strada. Abbiamo iniziato a guadagnare in strada sin dalla prima volta che abbiamo suonato insieme. Qualche anno fa avevamo uno spettacolo in una scuola di San Giovanni a Teduccio e sul pullman che prendemmo per arrivarci iniziammo a provare alcune canzoni. Le persone, senza che noi chiedessimo nulla, iniziarono a farci delle offerte. Col tempo è diventato un vero e proprio lavoro e quindi ogni fine settimana scegliamo un luogo del centro storico per esibirci. La musica di strada dà un senso di libertà: puoi scegliere il posto che ti ispira di più e suonare per un pubblico che non paga nessun biglietto, ma soprattutto essa è un teatro a cielo aperto dove la casualità sceglie spettatori che vanno e vengono e l’ingresso è libero per tutti.

Ars_Nova_Napoli_Corriere_dello_Spettacolo

“Chi fatica se more e famme” è il vostro primo album, prodotto dalla Apogeo Records. Come nasce e quali sono i suoi tratti più significativi?

“Chi fatica se more e famme” è un verso di una delle canzoni presenti nell’album che ha il nome di Trapanarella. La canzone fu scritta nel 1957 come canto di denuncia verso l’ipocrisia della società e la non curanza nei confronti dei ceti sociali più bassi. Oggi a distanza di 60 anni questa frase torna più che mai attuale e forse ha ancora più senso di allora. Questo album è nato dalla esigenza di raccontare i momenti più significativi dei nostri sette anni insieme. Abbiamo scelto i brani che meglio rappresentano la nostra storia, sono una sorta di biografia scritta della musica che suoniamo.

Un organico veramente particolare: chitarra, violino, fisarmonica, charango, mandolino, percussioni, contrabbasso, violino… come mettete insieme questi strumenti?

Anche il gruppo si è composto col tempo e per caso. Siamo amici da prima che imparassimo a suonare alcuni di questi strumenti. Diciamo che la coesione degli strumenti è stato un processo naturale, proprio come la formazione del gruppo.

Vivete e parlate di una città spesso purtroppo bersagliata dai media… cosa volete dire in merito?

Per chi suona in strada, Napoli è la città perfetta, sicuramente la migliore tra tutte quelle in cui abbiamo suonato “a cappello”. C’è sempre grande attenzione per la musica e tantissimo rispetto per chi sceglie la strada come luogo per esibirsi. I partenopei vivono la strada come casa propria. È  una città unica in questo senso.

Progetti futuri? Un altro album nel cassetto?

Per ora abbiamo un’estate ricca di eventi e ci dedicheremo a questo. Siamo in partenza per la Grecia e abbiamo altri festival importanti in Italia tra Toscana, Friuli e Sicilia, e poi partiremo per la Svizzera. A fine settembre sicuramente inizieremo a pensare ad un nuovo album, magari sarà il primo album nel quale ci sarà spazio anche per gli inediti.

Stefano Duranti Poccetti

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