Angelo Longoni, celebre autore e regista teatrale, sta mietendo successi con i suoi spettacoli in scena. Si è gentilmente concesso al Corriere per un punto della situazione.
Angelo Longoni, per te è un periodo magico questo! L’amore migliora la vita, per il secondo anno consecutivo addirittura in due teatri romani e con tournèe alle porte. Una settimana fa il debutto della tua nuova commedia alla Sala Umberto, Ostaggi, e tra qualche mese, a maggio, sempre nello stesso prestigioso teatro, un altro testo: Boomerang. Immagino che sia soddisfatto!
Eh sì. Anche se devo dire che da una parte sono soddisfatto, dall’altra ho avuto un grosso dispiacere perché non si riprenderà, per questa stagione, Modigliani (con Marco Bocci – nda). Sarebbe dovuto andare in tournèe quest’anno, ma per problemi tra la produzione e l’attore, non hanno trovato un accordo sulle date e quindi lo riprenderemo la stagione seguente. D’altro canto devo dire che Ostaggi è una scommessa vinta e L’amore migliora la vita è un lavoro che si consolida. Pensa che anche a Torino lo hanno richiesto per il secondo anno consecutivo!
Tu sei sempre molto attento agli stimoli che provengono dalla quotidianità, dalle tematiche più in voga fino alle sfumature comportamentali che poi riversi nei tuoi personaggi. Stiamo vivendo un momento di cambiamento o le storie si ripetono sempre?
Devo dire che io ho sempre attinto al sociale, inteso anche come costume. Anche le mie commedie più brillanti avevano un risvolto nel sociale. Sin dai tempi di Naja, che era un testo di denuncia sociale sui suicidi nelle caserme, che ha avuto secondo me la sua parte nella decisione dell’abbandono del servizio militare di leva. Quello che viviamo oggi è un periodo particolarmente ricco di spunti perché è un periodo di confusione, dove non si capisce più dove sia il bene e il male, dove non c’è più l’identificazione del cattivo. I cattivi si annidano al nostro fianco, l’ipocrisia sta dentro di noi. E’ un periodo di crisi. Economica, culturale, e all’interno di un periodo di crisi gli essere umani danno sempre il peggio di sé. La mia lente di autore è sull’essere umano che dà il peggio di sé.
Veniamo alla tua ultima fatica, Ostaggi. Un titolo, così come L’amore migliora la vita, che vuole essere provocatorio: siamo tutti ostaggi, non solo quelli che nella commedia sono sequestrati da uno sprovveduto rapinatore.
Assolutamente si. Siamo tutti ostaggi. Di qualcosa, di qualcuno, della società, della vita che facciamo. Come hai detto, nel testo poi ci sono degli ostaggi tenuti sotto mira da un bandito che tale non è, ma un povero cristo vessato dalla società. La cosa interessante che ho voluto mettere in atto in Ostaggi è che si percorre uno stile che è stato frequentatissimo anche al cinema. La differenza nel mio spettacolo è che ad un certo punto gli ostaggi finiscono per collaborare col proprio sequestratore e quindi si crea un nucleo di esistenze, di umanità, che alla fine solidarizza. Alla fine capiscono che essere ostaggi è il destino di tutti quanti.
A mio personalissimo parere, quello di Ostaggi è un grandissimo cast. Ti chiedo: come si scelgono gli interpreti dei personaggi che un autore disegna prima nella sua mente?
Tutti questi interpreti (Michela Andreozzi, Jonis Bascir, Gabriele Pignotta, Pietro Genuardi, Silvana Bosi – nda) li conoscevo da anni. Con Michela avevo già lavorato, Jonis lo conoscevo anche se non avevamo mai fatto qualcosa insieme, con Pietro Genuardi avevo lavorato, con Pignotta invece erano anni che dicevamo di dover fare qualcosa insieme e finalmente ci siamo riusciti. Con Silvana Bosi, che è la straordinaria scoperta di questo spettacolo ed ha 82 anni, avevo fatto tre film. Sono molto contento perché è una scommessa stravinta averla portata in teatro con me. Pochi la conoscevano ed è l’attrice che in questo spettacolo ha avuto un esito strepitoso!
Angelo, questo Ostaggi che sta riscuotendo un grande successo, avrebbe dovuto debuttare in prima nazionale l’estate scorsa nel prestigioso Festival di Borgio Verezzi ma poi saltò tutto. Come mai?
Allora…questo mio testo mi era stato richiesto dal Teatro della Contrada di Trieste e doveva essere realizzato con la regia di Matteo Oleotto e con tutt’altro cast. Il problema fu che regista e attori misero mano al testo, senza dirmi nulla, trasformandolo in una specie di goliardata, una sorta di film di Natale, capisci? Di conseguenza, tolsi l’autorizzazione ad andare in scena. Ritenevo che il testo avesse una portata sociale che tutti voi mi state riconoscendo in questi giorni e che non avesse assolutamente bisogno di altre situazioni comiche. Tu l’hai visto, ha già in sé un suo stile di comicità. Trasformarlo da commedia sociale in farsa era inaccettabile! Guarda Paolo, io ancora non riesco a capire perché me l’abbiano chiesto, se avevano bisogno di altro potevano scriverselo da soli, davvero incredibile. Fino all’ultimo hanno tenuto duro su quella loro posizione, riscrivendo dialoghi e personaggi e mi sono trovato nella condizione di vietare la messa in scena.
Mi stai dicendo una cosa davvero insolita…
Ma questo è un fatto tutto italiano! Nei Paesi dove c’è una cultura teatrale, una civiltà teatrale, e dove c’è il rispetto per l’autore, cose del genere non avvengono! E soprattutto, i registi si guardano bene dal mettere mano ai testi se hanno bisogno d’altro, non vanno a manomettere lavori altrui per farne delle carnevalate!
Ti era mai capitata una cosa del genere?
Mai! Non mi era mai successo. Lo imputo un po’all’inesperienza del regista, ad una certa sua faciloneria e all’insistenza di quegli attori a voler trasformare il testo a fronte della sua inadeguatezza nel contrastarli.
Facciamo un salto avanti. Nella tua ultima opera di stagione, Boomerang, tratterai ancora delle dinamiche familiari.
Si. In quello spettacolo si prenderà in considerazione un aspetto molto frequente nel nostro Paese, che è la famiglia intesa come nucleo di potere. Si racconterà la storia di una famiglia che questo potere l’ha perso nel tempo, ma in cui si assiste, in presenza di fatti commessi con valenze negative molto tempo prima, al ritorno “a boomerang” appunto, di questi verso chi li commise. Una metafora del male che si può fare anche all’interno di una famiglia.
Sbaglio, o negli ultimi tempi Longoni è diventato più caustico?
(ride – nda) Beh, non è che i tempi che viviamo siano così dolci. Diciamo che per essere in linea coi tempi, bisogna criticarli. Questo l’hanno fatto sempre tutti gli autori di teatro, anche perché in teatro ci si può permettere di rischiare di più, quando si parla di certi argomenti e il teatro ha il dovere sociale di parlare dei nostri tempi. Lo faccio perché mi appartiene proprio come modalità. L’essere caustico, spesso poi si porta dietro una comicità, come dire, spinosa, tagliente, che è quella che sento più mia. Riuscire ad essere cattivi nella comicità è un po’ l’insegnamento di Monicelli e dei grandi maestri della commedia all’italiana.
Possiamo fare i nomi del cast di Boomerang?
Si, certo, è definito: Simone Colombari e Giorgio Borghetti i due uomini, Eleonora Ivone e Amanda Sandrelli le due donne.
Grazie Angelo, alla prossima occasione!
Grazie a te ed al Corriere dello Spettacolo, sempre attenti ai nostri lavori!
Paolo Leone