“The Aliens”. Partendo da Bukowski

Data:

21 – 26 marzo 2017 al Teatro Filodrammatici di Milano

you may not believe it
but there are people
who go through life with
very little
friction or
distress.
they dress well, eat
well, sleep well.
they are contented with
their family
life.
they have moments of
grief
but all in all
they are undisturbed 
and often feel
very good.
and when they die
it is an easy
death, usually in their
sleep.
you may not believe 
it 
but such people do
exist. 
but I am not one of
them.
oh no, I am not one
of them,
I am not even near
to being
one of 
them 
but they are
there 
and I am 
here. 

Da questa poesia di Bukowski intitolata The Aliens, Annie Baker, la drammaturga americana insignita nel 2014 del Premio Pulitzer for Drama prende lo spunto per un testo che è ironico, cinico, silenzioso, divertente, commovente, e last but not least positivo e così è lo spettacolo diretto da Silvio Peroni, che ha debuttato al Teatro Filodrammatici.

La maggior parte delle cose che vediamo al teatro o al cinema, appaiono senza speranza, drammi senza uscita da cui sembra non si possa trarre nessuna ispirazione, messaggi, insegnamenti, tanto meno un barlume di divertimento, forse perché rispecchiano i tempi in cui viviamo. Eppure è proprio Bukowski (il mio poeta preferito, quindi mi sa che non sarò molto obbiettiva ma non mi interessa… come non interesserebbe a lui) che ci lascia l’ultima parola ed è quel “I am here”, sono qui  per scrivere, vivere,  bere, fare l’amore,  bestemmiare, sono qui e sono libero e soprattutto diverso, non uniformato, non amalgamato alla massa dei ricchi e famosi, dei mediocri, dei borghesi, dei parassiti.

I protagonisti della storia sono tre ragazzi americani (tre ragazzi europei non s-ragionerebbero così, sarebbero meno Bukowskiani) Jasper (Jacopo Venturiero) lo scrittore, KJ (Giovanni Arezzo) il fancazzista a tutto tondo che ha lasciato l’Università dopo un paio di anni ed Evans (Francesco Russo) il più giovane, il timido e impacciato ebreo che lavora nel bar dove i primi due passano le giornate. In effetti non è proprio il bar, ma il retro del bar, dove Evans va a buttare la spazzatura. E’ un microcosmo in cui tutto è spazzatura, anche loro, e ne sono consapevoli, non si vantano di “ vestire bene, dormire bene, mangiare bene, essere soddisfatti delle loro famiglie…”, non gliene frega un cazzo, vivono la loro vita fuori dagli schemi, con i loro sogni, le loro rabbie silenziose, i ricordi, il fumo, la birra, i fuochi d’artificio del 4 di luglio. Ma da lì non riescono a schiodarsi, il meraviglioso fantasma di Cechov aleggia tra bidoni e cassette, e  non potrebbero proprio starci, come gli fa notare Evans, ma poi anche lui ne viene attratto, incuriosito, intimorito,  come se solo in quel microcosmo sentisse che c’è  vita, quella vera, però, non quella confezionata e pulita che sta dentro al bar o fuori. E attraverso i racconti degli altri due, e a un fatto tragico che succederà durante la storia, diventerà grande, fumandosi una sigaretta e prendendosi una chitarra in mano. Da quel fatto, scorreranno nuovi sogni, nuovi pellegrinaggi, nuove idee, in fondo la vita è solo un lungo bellissimo on the road, e chi si ferma è davvero perduto.

I silenzi sono carichi, i dialoghi senza fronzoli, quotidiani, essenziali, contengono episodi che potrebbero essere banali, ma dobbiamo leggere tra le righe, farci prendere come se leggessimo una poesia di Bukowski, dove la realtà è cruda, non simpatica, tragica, ma vitale e piena, nonostante tutto, di sogni e ironia. Un bellissimo binomio da pugno nello stomaco a quanti pensano invece che sogno faccia rima con amore. Ma non sono dei Bukowskiani, quelli.

Uno spettacolo che ci fa ridere, sorridere, i tre attori sono bravi, ben diretti da Silvio Peroni che credo si sia molto divertito nel mettere in scena questo testo, perché si sente, si vede, si apprezza e tutti riescono a comunicare quello che avrebbe voluto Bukowski: non siamo qui per gli applausi, ma se vengono, ce li prendiamo (e ce li andiamo a bere).

Daria D.

di Annie Baker
traduzione: Monica Capuani
con Giovanni Arezzo, Francesco Russo, Jacopo Venturiero
regia Silvio Peroni |
produzione Khora.teatro/Pierfrancesco Pisani
Le musiche e le canzoni originali sono di Michael Chernus, Patch Darragh e Eric Gann
21 – 26 marzo 2017 – Teatro Filodrammatici di Milano
PRIMA NAZIONALE

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