ErosAntEros è nata nel 2010 dal connubio artistico tra Davide Sacco e Agata Tomsic. Compagnia sperimentale e di avanguardia, debutterà al Teatro i di Milano proprio in questi giorni…
Partiamo dal vostro nome, per cosa sta ErosAntEros?
Il nostro nome racchiude in sé un doppio significato, che ci serve da metafora per il nostro fare teatrale e più in generale per esprimere il doppio movimento che si nasconde dietro la creazione artistica. Secondo la mitologia greca Eros, il figlio di Afrodite, restava sempre bambino e allora la bellissima dea decise di dare alla luce un secondo figlio, Anteros, che con l’amore corrisposto sarebbe riuscito a fare finalmente crescere il fratello. Dall’altro lato il nostro nome, nasconde in sé anche il prefisso “ant-“, che, frapposto fra il primo e il secondo Eros, oppone all’amore del primo l’anti-amore del secondo, rappresentando per noi lo scontro inevitabile di fronte al quale ogni scelta artistica pone i propri creatori. Nel caso specifico del nostro lavoro, non ci sarebbero opere artistiche senza la condivisione e la corrispondenza di fini e di idee e, allo stesso tempo, senza quel confronto di idee e visioni, a volte anche violento e spietato, che genera nuove immagini e inaspettate soluzioni.
Vi siete formati fondendo tra di loro diverse realtà, per dare vita a un progetto sperimentale e originale…
Ci siamo formati entrambi prima di tutto con i gruppi del teatro di ricerca romagnolo ed emiliano, e successivamente, andandoci a cercare da soli maestri internazionali come l’Odin Teatret, con cui volevamo entrare in relazione. Prima di creare ErosAntEros, Davide lavorava già da anni con il Teatro delle Albe e con i Fanny & Alexander, mentre Agata sviluppava il suo profilo da studiosa in Discipline dello spettacolo dal vivo presso l’Università di Bologna. Sono tutte esperienze molto diverse tra loro e che negli anni hanno concorso a creare la nostra poetica personale, anche se ci teniamo a sottolineare che essa è sempre in movimento e continua evolversi attraverso il nostro lavoro, gli spettacoli che vediamo, e tutti gli stimoli a cui quotidianamente veniamo esposti quotidianamente.
Avete anche avuto degli importanti riconoscimenti…
Il riconoscimento più importante che abbiamo avuto, praticamente da subito, è stato quello della comunità artistica del nostro territorio. Senza l’aiuto e la forza che ci hanno dato i gruppi più “grandi” di noi in Romagna e ovunque il nostro lavoro ci abbia portati molto probabilmente non avremmo mai iniziato questo lavoro, o perlomeno, non avremmo avuto il coraggio di continuare a perseguirlo così testardamente.
Poi, successivamente, sono arrivati anche i premi, le istituzioni, i teatri e i festival più importanti, come Emilia Romagna Teatro e Ravenna Festival ed è ovvio che non possiamo che esserne felici e lusingati.
So che sabato e domenica debutterete al Teatro i di Milano con due spettacoli. Cominciamo dal primo: “Sulla difficoltà di dire la verità”…
Sono due lavori, molto diversi tra loro, che nascono da una comune riflessione sul ruolo dell’artista nella società contemporanea e che ci hanno portato negli ultimi anni ad un approfondimento del lavoro attoriale, particolarmente attento all’interazione tra voce e suono.
Sulla difficoltà di dire la verità nasce dalla necessità di dare nuova vita a un saggio di Bertolt Brecht del 1934, da cui siamo stati catturati alcuni anni fa. Si tratta di un testo scritto dopo l’avvento di Hitler al potere e che in Italia non è più pubblicato dagli anni ’70, ma che noi troviamo ancora maledettamente attuale e utile per interpretare il nostro presente. La volontà di non lasciarlo dimenticare è una delle principali spinte che ci ha portati a creare questo spettacolo. L’altra spinta, che ha lavorato parallelamente alla prima sin dalle prime prove, è stata il desiderio di sperimentare le nostre possibilità sonore-vocali, nell’interazione dal vivo della performance vocale di Agata (in scena) e del live electronics di Davide (alla consolle in regia). Il risultato è una forma estremamente precisa, ma tecnicamente semplice, capace di essere replicata quasi ovunque, e con cui abbiamo viaggiato in treno e in aereo, in Italia, in Danimarca e in Slovenia, replicandola al chiuso e all’aperto, e spingendo gli spettatori a restare con noi anche quando la pioggia ci ha sorpresi nel finale.
Poi il 26 e il 27 debutterete con “Come le lucciole”…
Domenica e lunedì portiamo in scena, invece, uno spettacolo che nasce in risposta alla tendenza in uso nella società contemporanea di reputare l’arte come un passatempo, un orpello inutile, o nel migliore dei casi, come qualcosa di intellettualistico o elitario, di cui si può fare tranquillamente a meno. Si tratta di una risposta ai tagli all’istruzione e alla cultura che dimenticano il ruolo capitale che queste hanno nell’emancipazione delle coscienze e nello sviluppo di un pensiero alternativo, che non ricordano che l’immaginazione è una facoltà essenziale dell’essere umano, da non confondere con il significato di fantasticheria solitamente mediato dal senso comune, ma da intendere come atto politico, indispensabile per rigenerare la società, per ogni sua evoluzione e rivoluzione. Come le lucciole risponde a questa necessità, portando all’interno di una “follia drammaturgica” il pensiero e le parole di autori come Artaud, Beck, de Berardinis, Camus, Didi-Huberman, Pasolini, Pirandello, Tarkovskij, che montati e traditi riprendono vita nei corpi e nelle voci dei quattro performer che abitano lo spazio assieme agli spettatori, stuzzicando questi ultimi e chiedendo loro di interagire con lo spettacolo dal vivo e attraverso i social networks.
Che cosa vi aspettate dalla risposta del pubblico?
È la prima volta che portiamo a Milano i nostri lavori e speriamo di riuscire a conoscere quindi molti nuovi spettatori. Non abbiamo delle aspettative, ma siamo molto curiosi di scoprire come questi spettacoli, che hanno già avuto modo di girare altrove, verranno recepiti dal pubblico milanese.
Progetti futuri?
In questo momento siamo al lavoro su uno spettacolo poetico-musicale dedicato alla Rivoluzione d’Ottobre commissionatoci da Ravenna Festival, che si avvale della consulenza letteraria del professore Fausto Malcovati e che vedrà in scena a fianco ad Agata il quartetto Noûs di Como e le animazioni video di Gianluca Sacco. Il suo titolo è 1917 e proprio la prossima settimana inizieremo il primo periodo di prove alla Corte Ospitale di Rubiera, per debuttare il prossimo 28 giugno al Teatro Alighieri di Ravenna.
Inoltre, nella prossima stagione, verrà ripreso da Emilia Romagna Teatro Allarmi!, il nostro ultimo spettacolo sul tema del neofascismo contemporaneo, per il quale abbiamo collaborato con la penna di Emanuele Aldrovandi.
Stefano Duranti Poccetti