Al Teatro Vascello di Roma, fino al 9 aprile 2017
Si deve ad un critico letterario come Massimo Sgorbani il tentativo di approfondire la biografia ed il valore concettuale d’un romanziere contemporaneo a stelle e strisce, quel Truman Capote autore con una chiara e limpida prosa di vari testi, tra cui “A sangue freddo”, edito per la prima volta mezzo secolo fa. A rappresentarlo biograficamente sulla scena in questi giorni al Vascello, dopo essere stato a Torino con notevole successo, è Gianluca Ferrato che gli dà voce fino a domenica, avvolto in una pelle lucida di camaleonte suscettibile di cambiamento sul palcoscenico. La scena è stata disegnata da Massimo Troncanetti per il teatro della Toscana che produce il lavoro, in cui si penalizzano i temi dominanti delle composizioni di Capote tra cui l’eros per il continente scoperto involontariamente da C. Colombo ed il chiacchiericcio sulla vita mondana dei vip Americani. Da qui il sottotitolo dello stravagante ed intenso monologo: “Questa cosa chiamata amore”. Pertanto con la concezione della letteratura come maldicenza e pettegolezzo svalutava ogni considerazione idolatrica dell’arte e dei suoi creatori. Con questa definizione s’intendeva svelare il mondo ancora ignoto e segreto celato della terra di Washington e Lincoln, oggi dilaniata dalle decisioni di Trump contestate da una parte dello stesso partito repubblicano conservatore. Tutto questo con una metodologia lieve ed accurata snob e radical chic,frizzante e tagliente condensato in autentiche e ripetute provocazioni naif ed off Broadway. Fino al 9/04.
Susanna Donatelli