Ombretta De Biase vive a Milano, è autrice, regista, insegnante di recitazione secondo il Metodo e actors-coach; è fondatrice di ‘Il Premio Fersen, alla regia e alla drammaturgia ‘ e del GAM, Gruppo Attori Milanesi, ideatrice della rassegna teatrale Anima Mundi, che altro?
Penso che possa bastare, non ti sembra?
Come hai cominciato a fare teatro?
A prescindere dalla mia passione, fin da ragazzina, per i testi teatrali, ho deciso di cominciare quando, circa trent’anni fa, mi sono trasferita da Padova a Milano, città in cui ho constatato di potermi muovere in più campi ‘a modo mio’, cioè da sola, senza ‘aiutini’ e aldilà dei risultati a venire, comunque possibili. Scrivo quindi una trilogia teatrale, premiata al concorso ‘Città di Roma’ durante una emozionante, per me, cerimonia in Campidoglio, e da allora, eccomi oggi teatrante a tutto campo, dopo una collaborazione durata alcuni anni, con il gruppo argentino della ‘Comuna Baires’, icona del teatro milanese degli anni ’80/90 e dopo un susseguirsi di altri premi ma soprattutto di amichevoli incontri costruttivi.
Torniamo al Premio Fersen: ci racconti qualcosa della sua nascita e dei suoi 12 anni di storia?
Ricorderai che nel 2003 eravamo due amici al bar, come dice la canzone, quando ti parlai dell’idea di ‘fare’ qualcosa per i nostri depressi, compreso noi, autori teatrali viventi, ignorati dagli addetti ai lavori: registi, attori, teatri, etc.. Ma cosa? L’idea scaturì proprio da quel ‘a modo mio’ un po’ vago ma che semplicemente significa creare relazioni e collaborazioni con tutti coloro che, non essendo rosi dal tarlo dell’ambizione personale, semplicemente si divertono a lanciare qualche sassolino nello stagno per vedere cosa accade. Ad esempio si poteva dar vita ad un Premio per testi drammatici originali, nel senso di non convenzionali, di cui avremmo pubblicato i più interessanti in un volumetto antologico annuale da proporre ai predetti addetti ai lavori, e di dedicarlo ad Alessandro Fersen, innovativo regista e pedagogo da poco scomparso. Fu un atto di puro volontariato a cui si unirono, oltre alla figlia dello stesso Fersen, Ariela, giunta da Israele per l’inaugurazione, anche personalità del teatro come Ugo Ronfani, Andrea Bisicchia, Anna Ceravolo, Enrico Bernard e il giovane editore romano Maximilian La Monica. Il premio cominciò così la sua avventura alla ricerca di una moderna drammaturgia, e andò in crescendo, arricchendosi inoltre di una sezione dedicata alla regia. Intanto il Comune ci concedeva, per la Cerimonia di Premiazione, una sede prestigiosa come il Chiostro del Piccolo Teatro.
Che cos’è ìl GAM e chi sono gli attori che ne fanno parte?
Anche in questo caso eravamo due spettatori, io e l’attore Marco Mainini, non al bar ma al Teatro della Memoria, quando pensai alla possibilità di formare un gruppo coeso di esperti attori milanesi, il G.A.M., appunto, che volesse collaborare alla realizzazione di letture sceniche in occasione di eventi patrocinati dal Comune in occasione, ad esempio, della Festa della Donna, con Anima Mundi, o di Novecento Italiano, con Spiritualmente laici, un ciclo di incontri teatrali mutuato da quello omonimo di Roma e altri analoghi. Oggi fanno parte del G.A.M gli attori: Angelica Cacciapaglia, Domitilla Colombo, Karin De Ponti, Silvia Gorla, Alberto Grasso, Marco Mainini, Rossella Parco, Andrea Villaraggia e altri se ne aggiungeranno in futuro.
A che cosa stai lavorando ora?
Fra una regia e qualche seminario, sto terminando l’ultimo manuale per attori che per ora ho intitolato ‘l’attore drammaturgo’ e che tratterà la relazione fra l’attore e il testo prima di confluire nella creazione del personaggio.
Cì parli della tua attività didattica e del tuo metodo?
Il ‘mio’ metodo deriva da quello dei maestri americani come Lee Strasberg, il fondatore della cosiddetta scuola degli attori da Oscar: l’Actors studio di New York, ispirato al sistema Stanislawski. Strasberg partiva dall’idea che ‘l’attore non ha bisogno di imitare un essere umano ma può crearlo partendo da se stesso perché egli stesso è un essere umano’. Di conseguenza il suo sistema pedagogico, come per gli altri maestri d’oltreoceano, non prevede regole ma un percorso dedicato a far emergere e allenare la memoria sensoriale ed emotiva per riuscire ad essere credibili in qualsiasi personaggio, dal serial killer al santo. Devo dire che, anche in questo caso, Milano e la fortuna mi hanno aiutato perché mi hanno permesso di incontrare e studiare il Metodo con maestri eccellenti come: Renzo Casali, Greta Seacat e Francesca Viscardi Leonetti, allieva della mitica Susan Batson.
Dove si trovano i tuoi testi teatrali, commedie e saggi?
Ovunque, nel senso che si possono ordinare, oltre che in libreria o direttamente alle case editrici, anche sui siti di Amazon e simili. In pratica alcuni miei testi si trovano in un cofanetto di due volumi e intitolato ‘Teatro, da Oblomov alle streghe di Dio‘ (Editoria&Spettacolo, 2011) e poi, per gli attori, il manuale ‘Il metodo Strasberg in dieci lezioni’ (Dino Audino editore, 2014).
Progetti per ìl futuro?
Mah!? Oltre ad Anima Mundi, al Premio Fersen e al nuovo manuale, non abbandono il progetto di un docu-fiction sulla straordinaria vicenda medievale di Margherita Porete da Valenciennes, la teologa che si fece bruciare sul rogo per non rinnegare il suo libro, intitolato ‘Lo specchio delle anime semplici’ e poi, chissà? C’è sempre qualcos’altro che si infila fra un progetto e l’altro.
Come giudichi la drammaturgia italiana contemporanea?
Diversamente dalla Danimarca, c’è del buono in Italia e il successo di alcuni giovani autori e registi, fra cui nostri premiati, è a dimostrarlo, purtroppo resiste ancora l’inspiegabile (?) disattenzione delle istituzioni verso il teatro di casa; siamo inguaribili esterofili, inutile negarlo.
E il panorama teatrale internazionale?
Anche qui c’è del sopravvalutato, del buono e a volte dell’ottimo. Non faccio nomi perché posso basarmi solo sulla conoscenza di pochi autori.
Fabrizio Caleffi
Fabrizio Caleffi è regista anche televisivo e cinematografico, dirige per la Rai, centro di produzione di Milano, un tv movie in 3 puntate e partecipa al festival di Venezia 1985 con un lungometraggio. Sue opere narrative sono edite da Bompiani e Mondadori; il romanzo “Pallori Gonfiati” ottiene il Premio Fiuggi. Attore, ha fatto parte della compagnia del Piccolo Teatro/Teatro d’ Europa di Milano, interpretando ruolo primario in “I giganti della montagna” di Pirandello per la regia di Strehler. Tra i numerosi protagonisti interpretati: Prospero della “Tempesta” shakespeariana, George di “Chi ha paura di Virginia Woolf ? ” di Albee, Avigdor di “No way out” di Zelda Stein. E’ corrispondente culturale di “AmericaOggi”, quotidiano di New York, polemista di Hystrio, periodico di teatro ed editorialista di riviste di letteratura e spettacolo. Ha pubblicato di recente la biografia di Julia Roberts.