Un racconto d’eroica resistenza partigiana ed atrocità nazista per ricordare la memorabile data dell’ 8 settembre ’43

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Al Teatro Vascello di Roma

Un racconto d’eroica resistenza partigiana ed atrocità nazista per ricordare la memorabile data dell’ 8 settembre ’43

Non poteva passare sotto silenzio la giornata dell’8/09 che segna 74 anni  fa una svolta storica nel corso della seconda guerra mondiale, con la firma a Cassibile (SR) dell’armistizio con gli alleati che portò alla nascita delle formazioni partigiane ed alle rappresaglie dei Tedeschi con i martiri di Cefalonia e le deportazioni nei campi di concentramento e poi sterminio in Germania. Ad opera del Centro Mediterraneo delle Arti e del Teatro Sardegna, in collaborazione con il circolo Gianni Bosio che sta cercando di realizzare un calendario laico-civile con le feste ”memorabilia” del nostro Paese. Una di queste tristi e dolorose vicende belliche è stata rievocata al Vascello con Ulderico Pesce ed Andrea Satta sulle note al pianoforte di Angelo Pelini. Ulderico, con la sua verve orale unita ad un ironico polemico gestualismo, ha incarnato la figura di Gavino Esse che, avendo dovuto lasciare il liceo di Sassari per la morte del padre Pietro, s’era arruolato nella guardia di finanza e fu fatto per vendetta prigioniero e trasportato in Germania e rinchiuso nel campo di Legenfeld. Qui il 14 aprile 1945, per rabbia contro l’imminente caduta del terzo reich per l’accerchiamento teutonico da parte degli Anglo-Americani e Russi, il comandante J. Hartmann rinchiuse in una baracca un centinaio di internati, dando fuoco e sparando su quanti cercassero di scappare. Nonostante ciò, Gavino ed una dozzina d’altri compagni riusciti a nascondersi sugli alberi,furono in grado di salvarsi e dirigersi verso la splendida e distrutta Dresda, dove incontrarono su una panchina il feldmaresciallo e lo condussero al comando Americano,rinunciando alla vendetta del codice Barbaricino. Tutto questo ci viene riferito dal figlio Andrea, che servendosi in parte della trasmissione orale del padre tornato sui respingenti d’un treno e professore di francese nelle medie romane vivendo al sesto piano d’una casa sulla ferrovia al Casilino, tra silenzio e ricordi “infuocati”, unitamente ad un cappottone russo ricevuto da un soldato in cambio d’ una piccola fisarmonica, riportatene un’altra grande verde ed una lettera di denunzia, che, non ha mai imparato una parola di sardo e che lo scorso Natale è andato in Germania per rendere omaggio alla memoria del padre. Il suo tormento è stato accresciuto dal fatto che non è rimasto nulla; tranne polvere ed ossa nei cimiteri, erbe bruciate, lande desolate e rivi prosciugati, con intorno case a schiera tipiche delle periferie urbane. Enorme la commozione ed il pensiero riconoscente in platea.

Susanna Donatelli

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