Fat Land
I tuoi occhi sono zaffiri, e vedi,
quando ballando muovi le braccia,
sotto la veranda
smaltata del familiare, onesto bianco
d’ogni staccionata,
col sole che incorona di luce color del grano
tutta la scena,
questo vecchio sciocco si commuove.
I suoi occhi, un tempo così secchi,
si bagnano adesso di una piena
di lacrime grate,
rievocando le profonde province di Hopper
che più non sono,
mentre assistono ai tuoi gesti graziosi e soavi
che intrecciano trine di sogno
nell’aria dei campi di pollini carica.
La tua gonna si alza un po’ in una ruota
scoprendo le cosce sode e abbronzate,
e la tua figura, vivida si staglia
contro morbidi paesaggi,
inondati di generoso sole –
che ritaglia contorni troppo spiccati
per appartenere
alla nebbiosa opalescenza del sogno.
Così, io sono felice di prendere
un’altra tazza di caffè
prima di andarmene…
E mentre riprendi fiato,
sorridendomi piegata un po’ in avanti,
con le mani poggiate sulle ginocchia,
l’ultimo tramonto ridisegna,
con un’aura dorata,
il contorno dei tuoi capelli
arruffati dal vento caldo.
E non c’è migliore medicina
per questo vecchio cuore,
della tua fresca vitalità.
Così, sto seduto sulla soglia,
sorseggiando dell’altro caffè:
che è il tuo modo di dirmi resta,
che è il mio modo di dirti resto.
Il vento continua a danzarti assieme,
facendo ondeggiare girasoli aggrondati,
muovendo in mulinelli la sabbia sul selciato,
mentre goccia vespero e l’aria profumata
mi porta presagio di buone cose.