Pioggia (Ragen)

Data:

OLANDA  1929  14’  B/N  MUTO
REGIA: JORIS IVENS
VERSIONE DVD: SI’, edizione ERMITAGE CINEMA
“E ASPIETTE CHE CHIOVE /  L’ACQUA T’ENFONNE  E VA / TANTO L’ARIA S’ADDA CAGNA’” (dalla canzone Quanno chiove di Pino Daniele)

Amsterdam. “Fenomenologia poetica” della pioggia in tre fasi: l’annuncio, con l’intensificarsi del vento, l’addensarsi delle nubi nel cielo e il volo degli uccelli; l’arrivo, dalle prime gocce fino al culmine della perturbazione, tra un mare di ombrelli che si aprono, grondaie straripanti, persone che corrono per mettersi al riparo e veicoli che spazzano le strade allagate; la fine, col ritorno alla calma precedente.

Il 1929 è un anno fondamentale nella storia del cinema. Mentre il muto resiste ancora alla prepotente avanzata del sonoro, introdotto nel 1927 con l’epocale Il cantante di jazz di Alan Crosland, escono due tra le opere (mute) sperimentali più influenti di sempre, destinate a restare nella storia della settima arte: Un chien andalou, film d’esordio di Luis Buñuel e manifesto del cinema surrealista, e L’uomo con la macchina da presa di Dziga Vertov, l’apice del movimento Kinoglaz (“cineocchio”), fondato dallo stesso Vertov. In mezzo a questi due giganti non sfigura Pioggia, forse il film più celebre del grande documentarista (ma anche attore, sceneggiatore, montatore, direttore della fotografia e produttore) olandese Joris Ivens (1898-1989). Il critico Goffredo Fofi ha definito Pioggia un “CINEPOEMA SUI VALORI VISIBILI DELL’ATMOSFERA”; questo perché, pur potendolo considerare a pieno titolo come un documentario (scritto dal regista insieme a M.H.K. Franken), lo stile antinaturalistico e contemplativo scelto da Ivens lo rende un’opera che va oltre la semplice rappresentazione nuda e cruda della realtà per situarsi a metà strada tra il realismo dei Lumière e il docu-fiction (mescolanza tra documentario e finzione) di Robert J. Flaherty. Influenzato dalle avanguardie del primo Novecento e dalla scuola Bauhaus tedesca, Ivens ci mostra un fenomeno naturale, la pioggia, in maniera autenticamente personale, esplorando le molteplici possibilità espressive offerte dal cinema e riversando sulla “materia”, con grande creatività e sapiente uso degli spazi, tutto il suo credo artistico. Ciò si traduce in una formidabile sequenza di inquadrature originali e innovative, arricchite da uno spiccato gusto per i dettagli, che rivelano un animo sensibile e incline alla poesia. Qualche esempio: i panni stesi sui fili che si agitano al vento; il riflesso sulla strada bagnata della sagoma di un uomo in bicicletta; le gocce che scivolano dai vetri del tram; un cagnolino che annaspa sull’asfalto durante la passeggiata; tre bambini che camminano sotto l’acqua riparandosi tutti insieme sotto un unico lenzuolo; un “mare di ombrelli” ripreso dall’alto; i caratteristici cerchi concentrici lasciati dalle gocce che cadono sulle pozzanghere e sulle acque dei canali; i tetti e i comignoli della città, con i contorni offuscati dall’umidità. Una scena, in particolare, sembra rivelare, seppur garbatamente, l’ombra della finzione narrativa: è quella in cui si vede un uomo che, al cadere delle prime gocce, guarda verso il cielo rivolgendo ad esso il palmo della mano, nel tipico gesto di chi vuol capire se stia piovendo. Una scelta di questo tipo è funzionale a quella “ricostruzione poetica della realtà” teorizzata dal già citato Flaherty, e si amalgama armoniosamente con le immagini di taglio più squisitamente documentaristico; in ogni caso, le soluzioni espressive adottate da Ivens non sono mai convenzionali né scontate e, a distanza di quasi un secolo, rimangono ancora suggestive, se non sorprendenti, specialmente pensando all’epoca in cui sono state realizzate. Notevole anche il lavoro nel montaggio che, seguendo una continuità temporale (la coerente successione cronologica del prima/durante/dopo la pioggia) ma non spaziale (incessante alternanza di luoghi e spazi, in equilibrio tra “micromondo” e “macromondo”), rafforza la dimensione poetica ed emozionale dell’opera, che vuole forse essere anche un omaggio alla forza della Natura, di fronte alla quale oltre a uccelli, cani e cavalli, anche l’uomo è costretto a inchinarsi, allora come oggi. Completa assenza di intertitoli: la protagonista assoluta del film, ossia la pioggia, non ha certo bisogno di parole per imporre la propria presenza e il proprio ritmo alla narrazione, che segue un andamento letteralmente “liquido”…

In DVD Pioggia è inserito nell’antologia Il cinema delle avanguardie (1923-1930) curata da Ermitage Cinema, al fianco di opere firmate da maestri del calibro di Sergej Ejzenstejn e Jean Epstein. Tra le colonne sonore realizzate per accompagnare il film spicca quella di Larry Marotta (2005, versione reperibile su Youtube), basata su delicati arpeggi chitarristici che si sposano a meraviglia con le immagini e  l’atmosfera di Pioggia.

Francesco Vignaroli

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