O cantore di sciagura ed ebbra follia, in te il dissidio
tra amore sensuale e brama di divino,
tra effimero ed Eterno, tra carne e spirito.
Hai poi rinunciato a cogliere il fiore nella sua freschezza
che presto cede a disadorne, pallenti sembianze?
Con che cuore ti sei approssimato
a quella falsa grazia su cui il tempo sputa insulti?
Mai, quiete e grata pienezza, furono più nascoste,
mai più visibile fu questa verità che mente,
questo perfetto abbaglio
che cede il passo al rimpianto.
Ora che il più sapido dei frutti è pieno e fragrante,
spiccalo al ramo di una cognizione perfetta,
nell’età che il cuore ha requie
offri te stesso all’agape dello Spirito.
Non volgerti indietro
alle ingannevoli lusinghe di un amore
nella carne colto.
O volgiti indietro quella fatale, ultima volta,
che basti per sempre a negarlo,
rapito da un Ade d’oblio.
Hai sempre veduto chiaramente la strada,
e sempre l’hai rinnegata,
per un battito di farfalla, per robusti succhi d’amore
che nettare furono lungo il più breve ciclo –
in amara sorte cambiati allorché distratto ti colsero…
Ora che riposi questo mucchio d’ossa,
e il tempo più insistente bussa alla tua porta,
resta distratto per il più lungo istante,
ché più domestico è il pensiero d’altra via.
Massimo Triolo