“Faust e Peter Schlemihl”. Di Enrico Bernard

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 L’attualità di due grandi personaggi letterari della cultura tedesca, Faust e Peter Schlemihl  – l’uomo che vende l’ombra di Adalbert von Chamisso – rinnovano costantemente la loro attualità nonostante abbiano alcuni secoli sulle spalle, se non addirittura mezzo millennio per quanto riguarda Faust.

A questi due protagonisti dell’era moderna, ai quali Thomas Mann dedicò un tributo d’eccezione che ispirò anche la lettura critica di Lukacs in Goethe e il suo tempo,  mi sono dedicato teatralmente e criticamente dalla metà degli anni Settanta. Una mia fortunata versione della seconda parte del Faust andò in scena, sotto l’egida dell’Istituo del dramma italiano, nel 1981. Seguì di lì a poco la mia versione teatrale de La strabiliante storia di Peter Schlemihl che venne letta e chiosata da Carmelo Bene per un progetto radiofonico rimasto negli archivi Rai, mentre successivamente più fortuna ebbe la mia traduzione e adattamento del Faust, un frammento sempre di von Chamisso che fu interpretato da Mariano Rigillo per la regia di Francesco Branchetti. Allo Schlemihl è pure dedicato un nuovo spettacolo di Sergio Basile che vedrò appena possibile e ne parlerò. Intanto è il caso di fissare e riprendere alcuni nodi cruciali della tematica dell’uomo che vende l’ombra – parallela come dirò tra poco alla vendita da parte di Faust dell’anima al diavolo.  Il brano che seguono sono tratti dal mio ampio saggio pubblicato su Academia dal titolo 666- Storia del patto col diavolo disponibile gratuitamente al link  http://www.academia.edu/6638270/STORIA_DEL_PATTO_COL_DIAVOLO

***

Col passare dei secoli, si rivela sempre di più la natura dialettica di Faust. La sua natura positiva corrisponde agli ideali umanistici, di progresso scientifico e sociale che hanno ispirato la società borghese dal Rinascimento. Lo spirito maligno, altresì, rappresenta gli istinti egoistici insiti nella dimensione economica di questo processo storico che porta la nuova classe sociale alla ribalta. In Faust, avido di potere e proprietà, ma anche idealista irriducibile, trova posto l’angosciosa contraddizione in sui si dibatte lo spirito borghese combattuto tra un bene (il progresso e il benessere di tutti) e un male (la riduzione alla dimensione economica privata). La prima metà del  XIX secolo è il periodo cruciale di questa problematica faustiana: Lenau, Grabbe e von Chamisso si sono cimentati col grande protagonista della letteratura tedesca. In particolare ad Adelbert von Chamisso, in una versione breve ma molto efficace del Faustus, frammento del 1806 (pubblicato nel periodico  Ariel  anno III  nr.  1 aprile 1988  pp. 101-120  traduzione, cura e note di Enrico Bernard), riesce l’essenziale sintesi ideologica del mito.

Il poemetto drammatico di von Chamisso si apre con l’apparizione dei due spiriti, benigno e maligno, che non si presentano però in carne ed ossa, sono bensì le “voci di  dentro” della coscienza di  Faust. Va detto che anche Marlowe propone una situazione simile, tranne una fondamentale differenza: le presenze spirituali in Marlowe sono tre, il Diavolo e i due spiriti “interiori” che si contendono la coscienza di Faust. Il dialogo tra il fantasma del bene e il suo antagonista, il male,  hanno perciò soltanto il valore di un ragionamento dialettico che Faust fa tra sé e sé circa la profferta di Satana.

Nel frammento di von Chamisso ci si imbatte in un’intuizione psicologica rilevante: per l’autore non esiste un male “in sé per sé”, il Diavolo è solo una proiezione dei più bassi istinti dell’uomo quindi deve sparire dall’opera. Un Faust senza il Diavolo! Un patto col Maligno senza il Maligno stesso! La sfida di  von Chamisso è di rappresentare esclusivamente una dimensione interiore dialettica, non una favoletta religiosa più o meno edificante. Le intuizioni freudiane di questo piccolo capolavoro della letteratura tedesca, che Thomas Mann ha definito di grande importanza, sono evidenti. I due spiriti che compaiono a Faust rappresentano le pulsioni inconsce, da un lato, e il controllo della coscienza dell’Io dall’altro.  È interessante notare che il Male, in questa versione del mito, non è qualcosa di esterno, oggettivo, ma l’inconscio alle cui pulsioni istintuali è la coscienza stessa di Faust ad opporsi richiamandolo (inutilmente) alla ragione.

            SPIRITO MALIGNO  Dà pure libero sfogo ai tuoi desideri!

            SPIRITO BENIGNO   Faust, Faust!

            SPIRITO MALIGNO   Ora promettimi solennemente di ripagarmi

                                               con l’anima e ti schiuderò i tesori della verità

                                               ciò che l’uomo più desidera a te apparterrà.

            SPIRITO BENIGNO   Faust, Faust!

                                               Ripudia, ripudia fortuna e imperi terreni!

 

L’estrema sintesi del poemetto trova più succulento sviluppo nel capolavoro di von Chamisso La strabiliante storia di Peter Schlemihl  del 1812, un romanzo fantastico dove, ancora una volta, è cruciale il tema del patto col Diavolo. Anche in questa versione si tratta di un vero e proprio contratto borghese col male che genera per  il protagonista ricchezza, ma pure infelicità. Il Diavolo  si presenta sotto le duplici spoglie di  prestigiatore ed astuto mercante di ombre. Che sarà mai, l’ombra?, pensa ingenuamente Peter che cede la sua in cambio di una borsa da cui sgorgano inesauribilmente monete d’oro.

Fin dalle prime battute il protagonista Peter è presentato come un giovane  che ha un grosso problema nella vita, problema peraltro comune a molti: la mancanza di un impiego e di denaro. Egli giunge infatti da lontano in una terra straniera, con pochi soldi ed un biglietto di raccomandazione. Si presenta a casa del destinatario per recapitargli la busta nella speranza di sistemarsi, ma capita nel bel mezzo di una festa sontuosa. L’anfitrione lo accoglie benevolmente, ma certo in modo alquanto curioso se non proprio sospetto: non a caso tra i suoi ospiti c’è anche il Diavolo.  Il discorso, dopo poche battute, cade naturalmente sul tema del denaro. Il padrone di casa non ha dubbi sul fatto che “chi non possiede almeno un milione è sicuramente un delinquente”. Che cosa può replicare il povero Schlemihl se non un candido: “oh, deve essere  proprio così”?

I giochi sono dunque fatti fin dall’incipit, dal momento che il protagonista si è accorto del suo dramma: la mancanza di denaro che corrisponde alla mancanza di “proprietà”. Chi non ha soldi non solo non possiede nulla, ma non ha alcuna “proprietà” ossia “qualità” nella vita: la sua stessa persona non vale nulla. Così, quando il Diavolo con fare sornione propone lo scambio dell’ombra – a che cosa serve un’ombra? – con una fonte inesauribile di ricchezza, Peter non può che sottoscrivere il contratto “borghese” che gli appare più come un gioco di società che come un vero impegno. E quand’anche fosse impegnativo, l’ombra non è che una inutile appendice al nostro essere, se ne può fare benissimo a meno. Peter si accorgerà ben presto che le cose non stanno proprio così. No, perché scoprirà a sue spese di aver ceduto  la sua umanità in cambio della ricchezza: infatti la gente, vedendolo girare alla luce del sole senza proiettare ombra, intuisce di avere a che fare con un essere demoniaco, nessuno accetta le monete del Diavolo e così la ricchezza non serve a niente: la proprietà “privata” diventa “privativa” per Peter, cioé priva lui della partecipazione alla vita umana come persona.

Il romanzo di von Chamisso ha dunque un evidente significato storico e politico: rappresenta  il dramma della società borghese che, in cambio della certezza del profitto, tradisce i propri ideali umanistici, e si disumanizza.  Perde, insomma, metaforicamente la propria ombra, ovvero la capacità di avere una funzione nella formazione della società moderna. La ricchezza esclude Peter dalla vita civile. Che lo Schlemihl sia la cartina di tornasole dell’epoca è dimostrato dal fatto che ci troviamo in un periodo molto particolare della storia tedesca.  Non a caso nella Germania del primo decennio dell’Ottocento alcuni circoli intellettuali moderati avanzarono diversi progetti politici che proponevano ristretti ambiti di libertà alla borghesia. Queste idee vennero considerate addirittura rivoluzionarie dal vecchio regime: ci riferiamo ad esempio alla proposta costituzionale di Humboldt del 1806, nella quale si ipotizzano minime sfere di autonomia per il ceto borghese. Cosicché il problema principale per Peter Schlemihl, dopo aver risolto la questione patrimoniale, è quello della libertà personale: la libertà di poter agire liberamente in base alla ricchezza acquisita.

Schlemihl alla fine del romanzo usa i suoi poteri diabolici per fuggire con gli stivali delle sette leghe dal “mondo borghese”, dall’Europa e, in particolare da quella Germania dove la borghesia firmò il suo mefistofelico patto col vecchio regime feudale in cambio della tutela poliziesca della propria sfera economica. Tutto ciò buttando a mare gli ideali di progresso e di una nuova società egalitaria che si erano affermati in Francia con la rivoluzione. La fuga risultò allora l’unica via di uscita per lo stesso von Chamisso che nel 1815 si imbarcò con una spedizione intorno al mondo durata diversi anni. Ma la fuga dalla “vecchia Europa” non poteva certo comportare una parentesi spirituale, in quanto non è facile superare le contraddizioni del proprio tempo o, come tentò vanamente il personaggio di Peter Schlemihl, di scavalcare la propria ombra. Il diario di viaggio di von Chamisso (Il viaggio intorno al mondo del 1815-1818, Napoli 1986, prima edizione italiana, traduzione e note di Enrico Bernard) è esemplare. Da una parte infatti von Chamisso si autodefinisce “uomo del progresso” e, sia pur non dimenticando di essere di origine aristocratica, si dichiara aperto al nuovo spirito borghese.

Io credo in un Dio, quindi alla Sua presenza nella storia e di conseguenza al progresso umano. Sono un uomo aperto al futuro… Su, imparate a scrutare senza timore e con fiducia nel futuro verso cui ci sospinge la saggezza divina, lasciate perdere il passato, visto che è passato.

 Senonché, accanto a questa presa di coscienza della necessità del progresso, si manifesta nell’animo di von Chamisso non tanto la paura del progresso, quanto il timore che esso si riveli effimero e addirittura diabolico, qualora dovesse comportare solo lo sviluppo economico e non anche politico-culturale e liberale della società. Non a caso il Viaggio intorno al mondo sul brigantino Rurik  è un atto di accusa contro il colonialismo europeo e contro la morale del profitto che sottomette e sconvolge la natura “come se gli animali fossero passati alle dipendenze dell’uomo”.

Il dominio della natura per il solo profitto: non è forse proprio questo l’amletico dilemma faustiano?

Enrico Bernard

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