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“Bull” di Mike Bartlett: lucida e tragica immagine della nostra vita

Data:

Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Sala Bartoli, Dal 30 gennaio al 4 febbraio 2018

Bull”, la pièce del drammaturgo britannico Mike Bartlett (classe 1980), è un pugno allo stomaco per la violenza realistica insita in ogni battuta. Un ring è lo spazio scenico che rappresenta l’interno di un’azienda in cui si svolge il dramma: il team di turno è sottoposto a una “selezione” alla fine della quale uno su tre sarà licenziato.

Fin dall’inizio è chiaro chi sarà il capro espiatorio: è Thomas, provocato costantemente dai colleghi Tony e Isobel, palesemente collusi in un’alleanza basata sul mors tua, vita mea. Non ci sono pietà né cedimenti da parte dei due che parlano la stessa lingua del superiore, Mr. Carter, designato per compiere la scelta. Per l’azienda è indifferente chi sia a cadere perché quel che importa è la sopravvivenza di se stessa e, in questa logica, all’evidente catena di soprusi commessa in accordo reciproco viene tolta ogni pur minima connotazione immorale: quel che conta è vincere, come ci si riesca non ha importanza.

L’ambientazione è costituita esclusivamente da un quadrato bianco dotato di semplici balaustre sugli angoli; quasi tutto il resto è nero e il contrasto favorisce ulteriormente la freddezza generale in cui tutto si svolge e se la scenografia porta lo spettatore ad immaginare fin da subito che si tratterà di una lotta, quel che all’inizio sembra un incontro di pugilato cambia ben presto natura per trasformarsi poco a poco in una crudele corrida: in questa lotta impari Thomas viene stuzzicato in modo sempre più sfrontato e lui, cadendo controvoglia nelle trappole che gli vengono tese, perde progressivamente la lucidità trasformandosi nell’immagine idealizzata di un toro messo all’angolo in modo graduale ma inesorabile, fino alla sconfitta finale.

093fa-61fd2-737c0-99e88-4ecf3-7f0f6-5a-bull1-1Le parole colpiscono più delle banderillas di una reale tauromachia e il risultato porta all’annientamento della vittima sacrificale il cui comportamento sul posto di lavoro appare agli altri e, in particolare a Isobel, come una costante e continua provocazione, risultando così meritevole di essere annientato in ogni modo.

È quel che inevitabilmente accade quando il fine e il mezzo si confondono e l’essere umano viene trattato come strumento per realizzare gli scopi prefissi da altri e perdendo così il ruolo di soggetto, artefice della realtà in cui vive.

La tragicità della situazione non sussiste soltanto nel modo in cui i due agiscono contro un proprio simile, ma anche e soprattutto nel fatto che entrambi si illudono di possedere un diverso ruolo all’interno dell’azienda. Non si rendono conto, i poverini, che il trattamento riservato a Thomas potrà essere usato anche contro di loro, qualora servisse. Un luogo che vede gli esseri umani come numeri è in questo molto democratico e il carnefice di oggi potrà essere il perseguitato di domani.

Pietro Micci (Tony), Linda Gennari (Isobel) e Alessandro Quattro (Mr. Carter) sono grandiosi nel ruolo di aguzzini, riuscendo a provocare un reale disagio nell’animo dello spettatore; altrettanto efficace, Andrea Narsi (Thomas) nell’interpretazione del “vaso di coccio”, l’elemento debole di questa perversa catena alimentare che usa con successo una razionalità totalmente priva del pur minimo senso di empatia o di comprensione.

L’assenza di una reale e sincera capacità di rispecchiarsi nell’altro porta sempre a vittorie effimere e apparenti e dopo i molteplici disastri del Novecento dovremmo averlo imparato e invece siamo, come collettività, dotati purtroppo di scarsissima memoria.

Paola Pini

Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
Sala Bartoli
Dal 30 gennaio al 4 febbraio 2018
Bull
di Mike Bartlett
consulenza drammaturgica di Vincenzo Latronico
traduzione di Jacopo Gassmann
regia e spazio scenico di Fabio Cherstich
con Linda Gennari, Pietro Micci, Andrea Narsi, Alessandro Quattro
produzione Teatro Franco Parenti

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