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“Milite ignoto/Quindicidiciotto”. Nel bene o nel male, davanti alla guerra siamo tutti uguali

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In scena venerdì 23 marzo 2018 al Centro Culture Contemporanee Zo di Catania

“Fermati, pensa e ricorda”; con queste parole, che sciolgono una tensione emotiva cresciuta battuta dopo battuta, si chiude lo spettacolo “Milite ignoto/Quindicidiciotto” andato in scena venerdì 23 marzo al Centro Culture Contemporanee Zo di Catania, all’interno della rassegnaAltrescene. E’ un lungo e inesorabile excursus fra le vite dei soldati vissute in trincea, di quei giovani chiamati alle armi in un’Italia dove l’unità era esclusivamente sulla carta e la fratellanza si rafforzava nel sacrificio per una Patria di cui non si conoscevano neppure i confini. Non c’era né nord né tanto meno sud, tutti erano uguali di fronte alla guerra, seppure diversi. Una dimensione narrativa che trascina con sé lo spettatore nel buio persistente dell’inizio, disturbandolo, indisponendolo in quella discesa agl’inferi che vedrà la fine solo in quell’ultima battuta. In questo magistrale monologo Mario Perrotta scava nella memoria dei sensi fin dentro le viscere del dolore, per esplodere nella liberazione, come sotto i colpi delle mitragliatrici durante l’assalto. Una vita sospesa, quella del protagonista, il quale a causa di un’esplosione ha perso la memoria. Tenta di ricostruirne i tasselli ma la testa è affollata dalle vite e dal dialetto di ognuno dei compagni, ciononostante è proteso verso il futuro. Ha un barlume di speranza mentre scrive le sue lettere dai molteplici destinatari, che qualcuno gli risponda e gli possa dire chi è. Così, la guerra è questo, ti spoglia della tua identità per trasformarti in un numero; eppure la più grande lezione è la vicinanza all’altro, anche se è il nemico; perché in quella desolazione, fra la neve e il fango, tra le malattie, la paura e l’angoscia di non arrivare al mattino successivo, anche una parola può essere consolatoria. Il dialetto si fa portavoce dell’insieme attraverso l’escamotage del trauma e dà ritmo alla situazione, Perrotta a un certo punto scioglie l’inquietudine della trincea dando voce alla gente comune ed elencando i fatti storici che si susseguirono dall’ingresso in guerra dell’Italia. Eppure è il finale che più di ogni altra cosa lascia sbalorditi e arriva con grande impatto allo spettatore, quando muovendo elegantemente le braccia come un danzatore della morte, ricorda uno ad uno i caduti. Un’interpretazione di altissimo livello dove ogni gesto ed espressione erano perfettamente in linea con il racconto; un attore composto al centro della scena, che seduto sui sacchi da trincea dà voce a chi su quelle montagne ci è rimasto per sempre. Una bella prova di teatro sociale e impegnato che smuove le coscienze e che in maniera catartica si risolve in una standing ovation finale.

Laura Cavallaro

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