”Quattro donne e una canaglia”. Gli amari ricordi e gelosie delle mogli ed amanti di Walter, un attempato ed impenitente don giovanni latino

Data:

Al Teatro Manzoni di Roma, fino al 22 aprile 2018

Uno dei principali punti di vanto del maschio latino appartenente alla civiltà classica insieme al denaro, al successo e trionfo in carriera la politica, è senza dubbio il sesso, la carica erotica con le prestazioni sessuali, tanto che il venir meno di queste si considera una vera e propria ”debacle” a cui non ci si vuole arrendere e si ricorre alla famosa pillola azzurra, essere un”playboy”, seduttore e conquistatore vuol dire essere ancora vivi ed avere ”cartucce e frecce” al proprio arco anche se spesso manca il fucile. Tali sono le parole metaforiche con cui si presenta sul palcoscenico del teatro Manzoni un comico ed irresistibile Gianfranco D’Angelo a ricordare le imprese della sua vita sensuale, ora che la sua vita è giunta alla terza età e s’adatta bene a lui il pamphlet di L. E. Gadda ”eros e tanatos” in cui il primo è rappresentato con spiritosa e sarcastica metaforica da ”Priapo” a cui D’Angelo rimpiange che DIO non abbia dato un osso per sostenere la misura e le donne con cui ha avuto un amplesso e formano il suo “amarcord” felliniano, ovvero il contraltare di quello smaccatamente e vilipeso ”Don Giovanni” in Sicilia di V. Brancati. Si ricollega agli arzilli vecchietti della commedia Plautina il brillante e ridicolo protagonista della divertente commedia francese di Pierre Chesnot, in cui nel giorno del suo 68° compleanno egli medita di partire con la sua nuova giovane fiamma Roberta, ignorante ed un po’ cafona, escort preoccupata solo del suo aspetto fisico. Mentre a casa la moglie Brigida, un’intrigante ed incontenibile Marisa Laurito dalla frenetica verve gli sta preparando con “il catering” la festa per il genetliaco. Improvvisamente irrompono una alla volta le sue precedenti donne, che con una vivace loquela delineano se stesse; la prima moglie Barbara impersonata dalla Bouchet reduce dal successo cinematografico della nonna ibernata in freezer,che ha partorito anche lei come l’attuale consorte una figlia a Walter, mentre la Kathrine di Corinne Clery è l’incarnazione della prima amante che viene a lamentarsi d’essere stata a sua volta cornificata da quasi dieci anni con la più fresca Roberta, che è appunto Esther Vinci tutta sale e pepe. Kathrine, venuta a cercare solidarietà,non accetta la situazione e medita il suicidio in vari modi: un colpo di pistola, il lanciarsi nel vuoto ed i barbiturici,dopo essersi ubriacata con dei “babà e rhum” per cui non si regge in piedi; lei scrive libri di narrativa e qui si imbatte in Paolo,un colto ed impacciato amico del padrone di casa,che compone testi horror, thriller ed ha la fobia per la voce “sangue” che lo fa svenire. Allorché giunge Walter a recuperare il borsone per la fuga d’amore,accade come di prassi la coalizione femminile e la resa dei conti per il poveretto,obbligato ad inventarsi un puerile ed errato stratagemma per uscire dal vicolo cieco in cui s’era cacciato. Le quattro donne hanno in comune un regalo per Walter, che lo farà sbottare di rabbia mal repressa, ma egli avrà capito la lezione ricevuta? Mah!” Il lupo perde il pelo ma non il vizio”. L’adattamento italiano borghese dello spettacolo è di M. Scaletta, la regia di N. Anzelmo e si replica al teatro Manzoni fino al 22 aprile.

Susanna Donatelli

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