Settantacinque anni, quattro date, due spettacoli: Gabriele Lavia

Data:

7 e 8 aprile 2018 al Teatro Vascello di Roma

Al nome di Lavia alzano la testa in molti, frequentatori assidui del teatro o del cinema che questo cognome lo hanno sentito negli anni. Solo sentendolo si è già felici, una garanzia, perché Lavia piace e infatti la platea è piena domenica 8 aprile e gli applausi scoccano al suo solo varcare il palco.

Prima c’è stato Lavia dice Leopardi (5-6 aprile) e poi Il Sogno di un Uomo Ridicolo (7-8 aprile). La letteratura dell’800, l’uomo tormentato, l’estro artistico e lo sguardo, unico e tagliente, nei confronti del mondo e di chi lo popola.

L’attore entra trionfante, ringrazia il suo pubblico e lo prepara all’incontro con la genialità di Fëdor Dostoevskij. Racconta a memoria la sua infanzia, la vita in Russia, la passione per il gioco, la partenza per Torino, la solitudine interiore. La contrapposizione tra l’essere “molto amato dalle donne” e sentirsi sempre fuori luogo nella società.

La lezione dura poco, l’attore prende fiato e si tuffa nel personaggio, lì su una sedia, seduto sull’unica sedia sul palco, l’unico oggetto sul palco nero: vuoto.

La voce racconta di un uomo disperato, fuori posto, fuori tempo massimo per integrarsi nella vita, così meglio la morte. Un uomo ridicolo, beffeggiato, tocca il fondo del pozzo: nera la vicenda, Lavia ne restituisce la lucidità di pensiero, la logicità del personaggio. La semplicità e il cinismo dell’autore.

Quest’uomo però cade non nelle braccia della morte, ma nella sua visione: un sogno rivelatore, un’avventura sovrannaturale.

Entra la luce, i colori, vola nello spazio e basta un gesto delle braccia, Lavia resta seduto, ancora: solo la voce basta per immaginare.

Dal punto più basso si arriva all’opposto: il paradiso sembrerebbe, un mondo dove tutti sono sereni, alla pari, fratelli e figli l’un per l’altro. Ma ecco che torna quell’odore di chiuso, la gravità del male, dell’uomo torna. Proprio l’uomo che contamina questo posto e lo rende così come il suo mondo.

Un sogno? Una consapevolezza, anzi due. Una: che questo mondo non è destinato al male, ma maliziosi siamo noi che piuttosto che passare per ridicoli lottiamo perennemente per un titolo di nullità. Due: non c’è posto più caro e bello di questo, perché è nostro. Potremmo scoprire nuovi mondi, potremmo trovare altre dimensioni oltre la vita ma non riusciremmo mai ad amarli come la nostra Terra. A lei dobbiamo dedicarci, lei sola può darci la possibilità di rivivere nuovi noi: basta ricordarsi di “Amare l’altro come te stesso”.

Questo è il viaggio guidato dalla voce di Lavia, che prende le ripetizioni di Dostoevskij e le amplifica, le rende teatrali e ci fa entrare nella mente del diverso, folle ed estremo: dell’uomo che non abbiamo il coraggio di essere e che imputiamo.

Un testo nero che esplode di speranza e poi ci rigetta nella realtà, che denuncia l’animo corrotto dell’uomo. Indifferente e degenerato che con la scienza ha creato un altro Dio che lo svuota d’amore e lo fa egoista e isolato nell’immenso mondo di bellezza e umanità.

Federica Guzzon

7 e 8 aprile 2018 | PROSA
sabato h 21 – domenica h 18
Effimera srl
IL SOGNO DI UN UOMO RIDICOLO
di Fëdor Dostoevskij
regia Gabriele Lavia

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