“A. Wilson”, testo teatrale di e con Daria D Morelli approda al Teatro Libero di Milano per una data unica nazionale programmata per il 12 luglio 2018.
“A.Wilson” scritta da Daria D Morelli è la storia di una pazzia che incomincia quando Alma Wilson, bambina, riceve un regalo dal padre. Cosa c’è di più bello di un regalo fatto da un genitore a un figlio? Peccato che non era il regalo che lei avrebbe voluto. Quel dono le segnerà la vita, incanalandola lentamente in una strada senza ritorno, fatta di solitudine, successi, visioni, viaggi incompiuti, luce crepuscolare, ricordi, sofferenze, personaggi immaginari creati dalla sua fantasia, come se, davanti ad uno specchio, scoprisse un’ Alma diversa, quella che avrebbe voluto essere ma non è mai stata, per “correre, correre… volare via”.
Alma, che quel regalo ha trasformato in scrittrice famosa, ha una sorella, Alba, donna estroversa e piena di vita che preferisce l’azione alla meditazione e al silenzio. Le due A., diverse tra loro ma unite dalla fratellanza, sono come due facce della stessa medaglia: luce e ombra, giorno e notte, gioia e tristezza, finzione e realtà.
Tutto comincia in un giornata di sole (come sempre) sulle colline di Los Angeles, nella veranda di un’ isolata villa con piscina, per poi finire in un posto tutt’altro che luminoso e sereno. O forse è il contrario…
Le due A. parlano, ricordano, si stuzzicano, si lasciano, si riprendono, ballano, bevono, ridono, piangono, sotto lo sguardo dell’uomo della piscina, entità reale e astratta nello stesso tempo, simbolo di altre presenze/assenze maschili.
Poi, improvvisamente, una telefonata, un viaggio, un altro tassello di follia che Alma aggiunge alla sua vita.
E allora il pubblico non potrà fare a meno di domandarsi se tutto quello cui ha assistito, illuminato da una luce che a seconda delle situazioni evidenzierà o nasconderà i lati oscuri della mente, scavando nei suoi abissi e portandoli alla superficie o reprimendoli del tutto, sia accaduto veramente o se invece sia il risultato di una mente malata che non sa più distinguere il confine tra realtà e fantasia. Oppure si chiederà se le maschere della verità e della finzione rappresentino la normale condizione dell’essere umano che, per adattarsi meglio alle situazioni e ai rapporti, toglie e rimette durante tutta la sua vita, con scaltra e patetica maestria. E forse arriverà alla conclusione che ci è impossibile conoscere gli altri per quello che realmente sono, perché nessuno di noi si presenta agli altri per quello che realmente è.
Una commedia/tragedia dai risvolti oscuri come la notte e luminosi come il giorno, o forse è il contrario, perché nulla è mai come sembra.