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Angini e Polvani a Cortona. Due tratti diversi per un’intenzione comune

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Due pittori aretini sono stati protagonisti alla mostra tenuta al Palazzo Ferretti di Cortona, conclusasi domenica I° luglio. Si tratta di Vittorio Angini e di Dario Polvani, ormai da decenni nel panorama dell’Arte visiva. Vi sono certamente degli aspetti che li accomunano, entrambi infatti sembrano trattare per certi versi argomenti simili, anche se con tecniche diverse. Per loro la sola realtà non basta, essa ha bisogno di essere trasformata attraverso l’estro creativo. In Angini si deforma in modo tale che del soggetto possano essere date più prospettive e più sfaccettature, mentre in Polvani essa viene attenuata da quella “nebbia metafisica” che offre alle forme una particolare aura mistica e onirica.

Direi che Angini (quest’anno tra l’altro anche creatore della lancia d’oro del Saracino) è artisticamente più “violento” ed esplosivo, mentre Polvani più delicato, ambedue comunque, con tecniche differenti, sono in grado di parlarci dell’uomo e del mondo in modo non scontato e personale. Sia in Polvani che in Angini la figura e il paesaggio restano gli assoluti protagonisti, in modo ancora più marcato in Angini, dove le figure – vedi quelle cristologiche – emergono con ingente forza protagonistica, mentre in Polvani spesso e volentieri la figura umana si pone in secondo piano, a favore del concetto generale del dipinto, dominato di sovente da una emblematica simbologia.

L’uovo è molto presente in questi lavori, uovo che s’innalza a simbolo di nascita, di mistero… i personaggi lo contemplano come a chiedersi: “Da dove siamo venuti? Chi è il nostro creatore?”. Si può parlare dunque in un certo senso di esistenzialismo, certo, non esente anche in Angini, che ci parla dell’essere umano in modo diverso, più energico. Il suo è un mondo che le macchine dell’era industriale hanno distrutto, ma dove ancora le figure trovano lo spazio per vivere i propri incontri e i propri sentimenti e dove il tema religioso emerge, come fosse un rimedio salvifico all’andamento della società, sempre più portata verso la frenesia. I colori di Angini sono vivaci e netti, mentre quelli di Polvani sfumati e velati, nonostante questo entrambi, ciascuno con le proprie tecniche, è in grado di parlarci del mondo in cui viviamo, in modo suggestivo ed emotivo.

Nella mostra è stato possibile vedere anche due sculture di Marco Cipolli, artista d’indubbio valore, i cui lavori in ceramica che a prima vista potrebbero apparirci quali matrioske si distinguono per le riconoscibili e stilizzate figure su di essi dipinte.

Stefano Duranti Poccetti

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