Le bugie hanno le gambe corte e diventano un amaro boomerang in “Una settimana, non di più”

Data:

Al Teatro degli Audaci di Roma, fino al 25 novembre 2018

Spesso quando le persone e/o le cose ci danno fastidio non vediamo l’ora di liberarcene per ritrovare la pace e la serenità di cui siamo stati privati, la gioia di vivere con entusiasmo, energia e dunque voglia di agire senza lasciarci abbattere dalla frustrazione e noia, che ci incutono l’inettitudine Sveviana. Questo discorso vale ancor di più in ambito matrimoniale allorché emergono irrimediabili incompabilità caratteriali o la crisi del settimo anno con fine del sentimento alla base del vincolo giuridico,specie se all’orizzonte c’è la possibilità d’un’altra felicità e la coabitazione assurge ad insopportabile gabbia claustrofobica. Codesto ragionamento è il plot della salace, spiritosa e frizzante commedia del Transalpino C. MICHEL, che ne fa una vera pochade, un perfetto congegno ad orologeria, destinato a spezzarsi con triste delusione per due dei suoi tre protagonisti. Il padrone di casa PAUL è in un momento di rottura ed incomunicabilità con la sua dolce compagna Sophie con cui convive,ma non volendo litigare con lei invita l’amico Martin, dipendente del ministero delle finanze a stare da lui non più di sette giorni, con la speranza che l’invadenza dell’ospite irriti la sua donna e la spinga ad andarsene, secondo quanto lei stessa gli ha confidato sull’impossibilità d’un menage a tre: come giustificare l’accoglienza del terzo incomodo, del “tesoro trovato” come aiuto fraterno,soprattutto se SOPHIE è addolorata dal fatto d’essere stata appena licenziata dalla libreria dove lavorava? L’intrigante Paul, incarnato da un vispo Mario ANTINOLFI. Egli è costretto ad escogitare una grossa bugia, similmente a quelle del maestro Feydeau, ma SOPHIE ne viene profondamente toccata ed incomincia a giustificare l’operato di Martin, anche se costui si comporta come un barbone ed è scorbutico e fastidioso in casa. Dal canto suo Martin s’abitua alla situazione e prova simpatia per la padrona,preparando lauti pranzetti, mettendole in ordine i libri e raccomandandola ad uno sconosciuto editore,per cui s’instaura a poco a poco un feeling che rovescia le parti in causa, rapportandosi al pirandelliano” il gioco delle parti”. Emergono la classe e lo stile di A. CONTE nel ruolo di Martin e la sbrigliata personalità di Milena, che alla fine capirà d’essere finita in trappola come oggetto di contesa tra i due amici che l’hanno a turno turlupinata e raggirata, che succederà? Beh ciò naturalmente non ve lo diciamo, non vi sveliamo tutte le carte in tavola, ma un noto proverbio insegna. Chi la fa, l’aspetti! La fine regia e scavo psicologico, nell’istrionico umorismo di Parata, dei personaggi è di F. Branchetti che sottolinea ironicamente difetti e pregi del genere umano. L’elegante scena della commedia in un interno sono di M. Pernola  e le musiche di P. Cangialosi.

Susanna Donatelli  e Giancarlo Lungarini

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