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Stornelli romaneschi e canzoni di mezzo secolo con il duo VASTANO-SCALA, battute ad effetto e salaci con doppio senso di G.D’ANGELO in ”Eravamo 3 amici al bar”

Data:

Al Teatro Roma dal 12 al 24 marzo 2019

La vita per chi è ormai in pensione, adesso si può approfittare della “quota100”, è piena di tempo libero per coltivare gli hobby, per giocare con gli amici al bar, leggendo in alternativa il giornale e commentando i fatti quotidiani o raccontandosi facezie e barzellette. Questo è ciò su cui vuole poggiare l’attenzione il brillante e divertente lavoro di Mario Scaletta in programmazione fino al 24 c. m. Nello spazio di via Umbertide, vicino la basilica Salesiana di S. Maria Ausiliatrice. Il gruppo d’avventori è un trio in cui spicca per arguzia e discorsività frizzante e fescennina G. D’Angelo, mentre S. Vastano canta con accattivante voce e dolce melodia il vasto repertorio di motivi composti nell’ultimo mezzo secolo dai più noti autori in note,come la canzone genovese di G. Paoli che dà origine al titolo della pièce. I tre s’incontrano per raccontarsi le proprie storie vissute nella routine giornaliera,come anche i temi che dominano la loro esistenza: politica,donne ed undici calcistico amato con tifo caloroso da D’ANGELO, che è sempre stato dei “lupacchiotti” giallorossi, narra di quando vedendo la partita la moglie gli toccava le parti intime e le gambe cercando il cellulare,consorte da cui stava tristemente per divorziare allorché lei ed i figli lo trovarono nudo per il compleanno sul divano d’una attrice.A proposito dei suoi ricordi e delle sue memorie, rammenta i trascorsi d’attore al “Bagaglino”dove il magnifico Fellini gli promise una parte per uno dei suoi successivi film e poi ad onta e scorno del suo lodevole istrionismo gli antepose per il visionario ”Roma” A. Vitali. Sono menzioni esistenziali, aforismi e sberleffi satirici,quali quello del sessista che loda il fondo schiena d’una bella giovane e rischia le botte dell’acido padre. I TRE attendono invano il quarto amico, Giuseppe trattenuto in banca per uno scoperto passivo. Devono organizzare una colletta e Gianfranco partecipa, con spirito solidale da vero romano, alla raccolta, nonostante avesse inizialmente rifiutato per la condotta irresponsabile del compagno.Si ride di cuore per le funamboliche battute e la classica armonia delle canzoni, mentre si sogghigna sui vizi e le virtù del nostro popolo e la meravigliosa Urbe è messa in risalto dai tetti delle case Quiriti e dalle absidi a volta delle mille Chiese della capitale, con i gotici campanili.La realizzazione della dialettica ilare e sagace è  rapportabile ad “Aspettando Godot” di Samuel Beckett, in quanto Giuseppe rimarrà il fantasma agognato della palpitante ed emotiva serata.

Susanna Donatelli e Giancarlo Lungarini

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