“MUORE GIOVANE CHI E’ CARO AGLI DEI” (Menandro)
Ci sono soltanto due fatti di cronaca relativamente ai quali ricordo le circostanze precise del mio vissuto personale, cioè dove mi trovavo, insieme a chi e cosa stavo facendo quando sono accaduti. Il primo, e più recente, è l’attacco agli Stati Uniti d’America dell’11 settembre 2001; l’altro è la morte di Ayrton Senna nel Gran Premio F1 di San Marino del 1994.
Da quel famigerato primo maggio sono già passati venticinque anni! Ero solo un bambino, e per me fu un vero e proprio trauma, che mi tolse il sonno per almeno due o tre notti: continuavo a vedere e rivedere quella scena nella mia mente, in continuazione. Ricordo tutto, e in sequenza cronologica esatta, dell’allucinante diretta su Rai Due della corsa: l’incidente al settimo giro, impressionante e inspiegabile; le riprese aeree della monoposto blu Williams straziata, e all’interno il pilota con il suo casco giallo, immobile; l’interminabile sequenza dei soccorsi; l’inutile volo in elicottero all’ospedale di Bologna; la surreale prosecuzione della gara (ma che importanza aveva, ormai?); l’annuncio, nel tardo pomeriggio, di quel che purtroppo ci si aspettava: la fine di ogni speranza.
La morte di Senna fu soltanto l’apice dell’incredibile sequenza di disgrazie che aveva funestato quel Gran Premio, che definire maledetto è poco: l’incidente di Rubens Barrichello nel corso delle prove libere del venerdì, con il futuro ferrarista salvo per miracolo; la morte del pilota austriaco Roland Ratzenberger nelle prove ufficiali del giorno dopo, schiantatosi con la sua Simtek contro il muro della curva Villeneuve; l’incidente alla partenza della gara tra Lehto e Lamy, con il ferimento di alcuni spettatori a causa dei detriti volati sulle tribune. Infine, a pochi giri dal termine, il ferimento di alcuni meccanici ai box, investiti dalla Minardi di Alboreto, fuori controllo per una gomma persa dopo un cambio difettoso.
Che Senna fosse turbato dai gravissimi fatti dei due giorni precedenti è più che certo, e lo dimostrano i suoi comportamenti (come il sopralluogo privato, vietato dal regolamento, effettuato sul luogo dell’incidente di Ratzenberger), le sue dichiarazioni (in cui si era lamentato della pericolosità della pista) e le espressioni sul suo volto. Il giornalista Giorgio Terruzzi, che Senna l’ha conosciuto e frequentato, in occasione del ventesimo anniversario della scomparsa del campione brasiliano ha pensato di ricordarlo con un libro sospeso tra realtà e fantasia. In Suite 200 – L’ultima notte di Ayrton Senna l’autore immagina come il pilota abbia trascorso l’ultima notte della sua vita, prima dell’incidente fatale, nell’amato Hotel Castello di Castel San Pietro Terme, suo buen ritiro nelle trasferte imolesi. Un vero e proprio viaggio all’interno della sua mente inquieta, che Terruzzi ha compiuto pernottando realmente nella camera preferita di Senna, trovandovi ispirazione e sensazioni.
Solo e profondamente scosso da quanto appena accaduto durante le prove, nel letto della suite 200 Ayrton non riesce proprio a prendere sonno, perciò approfitta di questa particolare e delicata situazione per ripercorrere tutta la propria vita, ripensandola e tirando le somme, finalmente con la lucidità e l’obiettività opportune, doti acquisite grazie alla maturità donatagli dal tempo. C’è il rapporto con la famiglia, in particolare con l’autoritario padre Milton; c’è la sua carriera sportiva, con la dura gavetta in Inghilterra, l’approdo in Formula 1, i trionfi, le sconfitte, le grandi rivalità con Piquet e Prost; c’è la scoperta della fede e l’adesione alla Chiesa evangelica; ci sono le donne che ha amato, tra gioie e dolori; c’è il profondo legame con il suo Brasile e la volontà di guarirne – per quanto gli è possibile – i mali, una vera e propria missione che lui sente come un dovere, il dovere di restituire almeno in parte il tanto che ha ricevuto dalla vita.
Con una prosa poetica e introspettiva che lascia trasparire un profondo affetto e una grande nostalgia, Terruzzi traccia un ritratto estremamente umano e veritiero del campione dallo sguardo triste, descritto in tutte le sue sfaccettature attraverso riferimenti biografici reali mescolati a riflessioni immaginarie ma verosimili e attendibili. Un ricordo emozionante e sentito che si legge tutto d’un fiato, un omaggio rivolto, prima che al campione – per molti il più grande di sempre -, all’uomo; un uomo intelligente e profondo, tanto aggressivo e spregiudicato in pista quanto riflessivo e umano fuori. In questi giorni, in cui ricorre il venticinquesimo anniversario della morte di Senna, il libro è uscito in edicola. Lo consiglio caldamente sia a chi volesse fare un tuffo – ancorché doloroso – nel passato, sia a chi desiderasse approfondire la sua storia e la sua figura andando oltre la retorica e le banalità di circostanza, qui risolutamente bandite.
Con la scomparsa di Senna, sia a livello umano che sportivo per la Formula 1 si è chiusa un’epoca irripetibile, fatta di grandi duelli e di grandi campioni, personaggi dallo spessore e dal carisma ineguagliabili e, di fatto, ineguagliati. Ma non solo: dopo i fatti di Imola il circus si è in qualche modo destato dal rassicurante torpore portato da anni in cui non si erano verificati fatti di particolare gravità (l’ultimo caduto in pista era stato il nostro Elio De Angelis nel 1986), perdendo la propria “innocenza” e con essa ogni presunta certezza sul tema del giusto bilanciamento tra misure di sicurezza ed esigenze di spettacolo (cioè velocità e rischi). Da qui, l’urgente e inderogabile necessità di ripensare il tutto, modificando auto e regolamenti per rendere finalmente questo sport più sicuro, ed evitare così il ripetersi di quello che, a Imola 1994, è stato un vero e proprio “gioco al massacro”.
La grandezza, nello sport, non si misura sempre e necessariamente secondo criteri quantitativi: altri hanno vinto più di lui (anche perché ne hanno avuto il tempo), ma nessun altro pilota automobilistico ha lasciato una traccia altrettanto profonda nell’immaginario collettivo quanto quella impressa da Ayrton Senna. Nessun altro ha saputo creare quella magia e quelle emozioni che lui è riuscito a regalare nei suoi momenti di grazia. Dopo Senna, certe imprese non si sono più viste, né forse mai si rivedranno. Dopo Senna, la Formula 1 è diventata un altro sport.
Francesco Vignaroli