“LIKE A SUNSET / DYING WITH THE RISING OF THE MOON / GONE TOO SOON” (dalla canzone Gone Too Soon, contenuta nell’album Dangerous)
“SEE YOU IN JULY”. 5 marzo 2009 (proprio nel giorno della nascita di un altro grandissimo della musica: Lucio Battisti): con queste parole Michael Jackson si congedava dalla folla adorante accorsa per vederlo alla O2 Arena di Londra, al termine di quella che, viste le poche frasi pronunciate e l’esigua durata (meno di 5 minuti) dell’evento, sarebbe esagerato definire conferenza stampa. Piuttosto, una breve apparizione eterea, quasi soprannaturale, nel suo tipico stile “magico”: giusto una manciata di parole, pronunciate con evidente emozione e un po’ di imbarazzo, ad annunciare al mondo la sua “ULTIMA CHIAMATA SUL PALCOSCENICO” per una serie di concerti londinesi – il progetto “This is it”, dall’omonima canzone – con cui chiudere definitivamente la sua carriera live. Tanto era bastato per mandare in visibilio i fan, e per riaccendere le luci dei riflettori sull’artista che aveva attraversato almeno due decenni – gli anni Ottanta e Novanta – da assoluto protagonista delle scene, guadagnandosi l’appellativo di “Re del pop” a suon di record di vendite (a cominciare da Thriller, a tutt’oggi l’album più venduto di tutti i tempi), prima di un progressivo declino artistico e personale, tra flop discografici e tristi vicissitudini legali.
Purtroppo, la clamorosa rentrée di “This is it” resterà per sempre parte della Leggenda e non della Storia, confinata in quel troppo vasto spazio bianco delle possibilità inespresse e dei sogni infranti, a causa dell’improvvisa quanto misteriosa morte di Michael avvenuta il 25 giugno dello stesso anno, cioè pochi mesi dopo l’annuncio che aveva messo in subbuglio il mondo della musica. Esattamente dieci anni fa da oggi.
Ricordo di aver appreso la brutta notizia soltanto la mattina successiva al fatto, ascoltando Radio Capital, al termine della canzone Ventura Highway degli America, che lo speaker di allora dedicò allo scomparso Michael Jackson, facendomi gelare il sangue: l’idolo della mia infanzia, il cantante, ballerino e attore che avevo ascoltato e ammirato fino ad impararne a memoria canzoni e passi di danza non c’era più! Mi sembrava impossibile, irreale…
Eppure, vuoi perché crescendo si cambia, si conoscono molte più cose, si ascolta anche tanta altra musica e, insomma, si allargano i propri orizzonti; vuoi anche perché, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, Michael aveva accusato un netto calo di ispirazione – che forse potremmo anche definire “crisi” – e i suoi ultimi dischi avevano perso quel tocco magico che aveva caratterizzato album come Thriller e Bad; vuoi, infine, per i gravi procedimenti giudiziari in cui era coinvolto, vicende che avevano provocato sgradevoli dubbi nei fan (me compreso) e compromesso la sua reputazione; per tutto ciò, dunque, mentirei se non ammettessi che nel corso del tempo la mia passione si era progressivamente affievolita e mi ero, in qualche modo, quasi dimenticato di lui, salvo estemporanei “revival” con i miei dischi, musicassette e videocassette, che comunque non riuscivano mai ad infondermi fiducia ed entusiasmo circa la ripresa artistica e umana di Michael. Per me, il meglio l’aveva già dato, e non vedevo grandi prospettive per il futuro. Questo anche perché, negli ultimi anni della sua vita, aveva fatto parlare di sé soltanto per le note vicende extra-musicali (i suoi eccessi, le sue stranezze, i processi…), e il suo ultimo album di inediti pubblicato in vita, Invincible, risaliva ormai al lontano 2001, ed era stato un disco tutt’altro che memorabile, pur contenendo una manciata di capolavori (tra questi le ballate Break of dawn, Heaven can wait e Butterflies).
La notizia della sua morte – molto più di quella della tournée londinese di “This is it”, che avevo accolto con una certa indifferenza – mi aveva come risvegliato, facendo riaffiorare in me i ricordi di tutte le emozioni vissute durante l’infanzia grazie alla sua Arte. Inevitabile provare un misto di dispiacere, rimpianto e nostalgia: con lui, se ne andava anche un pezzetto della mia vita… E’ in questi casi che si apprezza in modo speciale il valore umano, prima ancora che artistico, dei dischi: grazie ad essi, si può colmare (almeno parzialmente) il vuoto, alleggerire il peso dell’assenza, mantenere vivo il ricordo. I dischi sono la garanzia d’immortalità – pur nella consapevolezza che tutto comunque avrà una fine – per i musicisti, così come i libri lo sono per gli scrittori, i film per gli attori e i registi, ecc.
Colpevole o innocente? Vivo o morto (ancora giungono notizie di presunti avvistamenti ai quattro angoli del globo di un Michael che vive sotto mentite spoglie per non farsi riconoscere e godersi un’esistenza tranquilla…)? Chi lo sa! L’unica certezza, almeno dal mio punto di vista, risiede in una semplice e netta “sentenza” che ritengo valida per un altro fuori categoria nel proprio ambito di competenza, cioè Diego Armando Maradona: mai nessuno così prima di lui, mai nessuno così dopo di lui. Ad accomunare i due artisti (sì, anche Diego lo è stato!) c’è un altro fatto importante: entrambi hanno regalato il meglio di sé troppo presto, sfiorendo prematuramente e lasciando nei fan il rimpianto per tutto quello che avrebbero potuto ancora dare se le loro vite avessero preso una piega differente…
Un rimpianto, quello relativo a MJ, che può solo aumentare guardando il documentario This is it, dedicato alle prove dell’omonimo spettacolo: Michael sembrava in gran forma, credeva moltissimo nel progetto, e si stava prodigando per regalare ai fan uno show d’addio indimenticabile, curando ogni dettaglio all’insegna del consueto perfezionismo con l’obiettivo di raggiungere, almeno per un’ultima volta, il massimo. La Storia ha poi disposto diversamente, scrivendo un tragico finale brusco e inatteso, che ancora oggi è fonte di interrogativi che molto probabilmente non troveranno mai una risposta. Dov’è, dunque, Michael a dieci anni di distanza dalla morte? Provate a frugare tra i vostri dischi: una copia di Thriller dovrebbe saltar fuori anche tra le collezioni più insospettabili… Oppure, accendete la radio: prima o poi sentirete di nuovo la sua voce. Se invece vi piace “vincere facile” e non volete aspettare, rivolgetevi a internet: sarà lo stesso Michael a venirvi incontro non appena pronuncerete il suo nome, prima ancora che possiate vederlo arrivare…
Francesco Vignaroli